Giuseppe Guastella, Corriere della Sera 21/7/2014, 21 luglio 2014
IL SOGNO (O L’INCUBO) DEL CIBO LIQUIDO
Al diavolo le decorazioni che si gustano già con gli occhi, via i profumi che stimolano il palato, ma quale pausa pranzo che, per quanto breve, spezza la giornata e rafforza i legami sociali. Ora c’è Soylent, un beverone nato negli Stati Uniti con la pretesa di diventare l’elisir contro la fame del mondo. Quella dei ricchi, che per fare soldi non avrebbero più tempo né voglia di un pranzo decente, e quella dei poveri del pianeta, che verrebbero ingozzati con una mistura senza sapore, ma con il retrogusto di saziare le coscienze dei benestanti a prezzi stracciati.
Rob Rhinehart è un fantasioso ingegnere informatico di 25 anni che mentre lavorava nella sua start up a San Francisco si rese conto che perdeva una «quantità spropositata di tempo e denaro» a cercare e preparare cibo «sano», intendendo con questo termine alimenti bilanciati e a basso contenuto di calorie e grassi. Si rese conto che tutto sommato gli importava poco del sapore di ciò che ingurgitava. Immerso nel suo alienante lavoro, ebbe l’idea che avrebbe cambiato la sua vita.
Mandò a farsi benedire i computer e i programmi e con dei colleghi mise in piedi la Soylent Hq con l’obiettivo di creare una nuova manna tecnologica in grado di «fornire tutti i nutrienti essenziali necessari a dare energia al corpo umano». Da un processo definito «scientifico» e dopo aver studiato le leggi Usa e libri sulla nutrizione, è venuta fuori una polvere granulare beige da mescolare in acqua fatta in gran parte di carboidrati, farina d’avena e maltodestrine, proteine e acidi grassi vegetali e con dentro anche quegli elementi che fanno capolino negli spot pubblicitari degli integratori alimentari destinati a chi vuole restare giovane il più a lungo possibile: Omega 3, sodio, magnesio, le vitamine B, C ed E, ferro, calcio, potassio, fosforo, zinco, manganese e fibre. Costo: appena 4 dollari (2,95 euro) a pasto. Un niente in Occidente, che però potrebbe sfamare a basso costo le popolazioni dei Paesi poveri del terzo mondo. Poco felice la scelta del nome, che è quello dell’alimento con il quale nel film fantascientifico «2022: i sopravvissuti» del 1973 veniva nutrita l’umanità in un mondo inquinato, sovrappopolato. La «Soylent verde», però, era fatta con i cadaveri. «L’obiettivo non è sostituire il cibo, ma creare un’alternativa migliore a ciò che di solito mangiamo», dichiara l’ingegnere che ha anche ambizioni ambientaliste, perché per creare il pastone chimico non servono piantagioni o allevamenti che consumano energia e liberano anidride carbonica. Rhinehart ha testato su stesso per 30 giorni la sua invenzione raccontando l’esperienza, che non poteva che essere positiva, sul sito della Soylent Hq con un post dal titolo «Come ho smesso di mangiare cibo».
La nascita del nuovo alimento si è diffusa presto negli Usa spingendo parecchi organi di informazione ad interessarsene e consentendo alla Soylent di raccogliere in sei mesi qualcosa come un milione di dollari in preordini.
«Al secondo giorno il mio stomaco era come una vecchia corda attorcigliata», scrive Brian Merchant, un giornalista del sito Materboard che, anche lui per un mese, ha provato il Soylent. «I primi giorni mi sentivo con i nervi a pezzi» racconta, poi la cosa è andata migliorando con il corpo che si abituava alla nuova situazione. «Ero ansioso e non vedevo l’ora dei pasti e di uscire fuori con gli amici a bere», aggiunge il cronista ricordando che, però, diventava sempre più debole. Dopo aver rinunciato per così tanto tempo al gusto dei sapori diversi, alla fine ha perso circa 5 chili di peso, come se avesse fatto una qualunque dieta. Lapidario il commento della sua fidanzata Corinne: «Mangiare solo per nutrirsi è come fare sesso solo per procreare».
«Ho trovato Soylent un prodotto punitivamente noioso e triste», scrive critico Farhad Manjoo sul New York Times . Quella di dare alla bevanda «un sapore più neutro possibile» è stata una scelta di Rhinehart per consentire agli acquirenti di adeguare la bevanda al proprio gusto aggiungendo altri ingredienti. Soylent «non mi sembra diverso da altri prodotti esistenti ed è diseducativo, perché fa perdere la voglio di mangiare» attacca il professor Alfredo Vanotti, che insegna dietologia alla Università Bicocca di Milano, «nessun preparato potrà mai avere tutto ciò che deve far parte di un’alimentazione corretta».