Mattia Feltri, La Stampa 21/7/2014, 21 luglio 2014
LO SPETTRO DELLA COMMISSIONE D’INCHIESTA
L’espressione rimane di una sacralità salvifica: commissione parlamentare d’inchiesta. Si alzano in aula, agitano l’indice davanti alle telecamere, battono i pugni sui tavoli dei convegni e dicono: «Serve una commissione d’inchiesta!». Serve, secondo il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta, sul «colpo di Stato del 2011», cioè l’arrivo di Mario Monti a Palazzo Chigi, e soprattutto dopo la fine del Rubygate. Ma ne servirebbero tante, dicono a destra e a sinistra e al centro. Soltanto nell’ultima settimana si è sottolineata l’urgenza di una commissione d’inchiesta sulla gestione dell’accoglienza degli immigrati in Sicilia (Davide Mattiello, del Pd), sulle circostanze della detenzione dei marò in India (Simone Furlan, Forza Italia), sulla Moby Prince (disastro di ventitré anni fa, richiesta trasversale), sul progetto e le tangenti del Mose (Movimento cinque stelle).
Secondo una contabilità recente, nella storia della Repubblica sono state istituite sessantanove commissioni d’inchiesta, più della metà bicamerali. La settantesima dovrebbe essere quella sul sequestro di Aldo Moro, voluta dal senatore del Pd, Miguel Gotor; ce ne fu una prima, nata nel 1979, ma ora quintali di nuovi documenti paiono imporre un ulteriore sforzo, non appena saranno superati i soliti ostacoli burocratici. Sono commissioni – vale la pena ricordarlo – dotate dei medesimi poteri della magistratura, e si cominciò subito, sebbene con una rispettosa ritrosia: la prima legislatura (1948-53) ne varò due e su temi dai confini piuttosto ambiziosi, la disoccupazione e la miseria; al giro dopo (1953-58) una soltanto, sulle condizioni dei lavoratori. Poi si sa come succede in Italia, ci si fa prendere la mano, e nella legislatura 2001-06, quella del secondo governo Berlusconi, lavoravano dieci commissioni – record – fra cui quella Antimafia ormai stabile, ma anche sui casi di Telekom Serbia e Mitrokhin, sull’occultamento di fascicoli sui crimini nazifascisti, sulla morte di Ilaria Alpi, persino una sull’efficacia del servizio sanitario nazionale comprendente un’indagine sulle cause dell’incendio di San Gregorio Magno.
Non c’è vicenda nazionale su cui le commissioni d’inchiesta non abbiano messo mano, consultando fascicoli, convocando testimoni: dal Vajont all’inquinamento del Sarno, dalla P2 alle morti bianche, dal Sifar all’Acna di Cengio, dalle stragi di terrorismo al Cermis. E con risultati che vien difficile definire memorabili, tranne qualche eccezione (quella su Moro anticipò qualche verità giudiziaria, e quella sull’uranio impoverito impose i risarcimenti ai parenti delle vittime, come ha ricordato di recente il Fatto). Tanto è vero che Tina Anselmi, presidente della commissione P2, già undici fa suggeriva prudenza, affinché l’istituto tornasse alla «serietà» delle origini. Figuriamoci. Commissione d’inchiesta è il sim sala bim, dà l’impressione che non ci sarà mistero in grado di resistere al solo suono delle parole: chissà quali cassetti saranno aperti, chissà quali uomini neri saranno svelati dalla luce della verità. Pare troppo? Beccatevi questo elenco sommario e largamente incompleto di commissioni richieste con la forza dello scandalo nell’ultimo decennio: sulla violenza nelle carceri, su Alitalia, sulla Diaz, sui campi rom, sull’applicazione della legge sull’aborto, sui pentiti di mafia, su Bruno Contrada, sul rogo di Livorno, sulla miseria nel Mezzogiorno, su Guido Bertolaso, su Unipol, su Wikileaks, sul gioco d’azzardo, sulla P3, sulla P4, su Finmenccanica, sulla riduzione dell’inquinamento da amianto, sull’uso del metadone, sui paradisi fiscali, sulle foibe, sulla verità storica nei libri di testo, sul terrorismo, sul nuovo terrorismo, sulla morte di Giorgiana Masi, sul debito pubblico, sulla gestione del patrimonio della Siae, su Mani pulite (una cinquantina di volte), sulla Rai, sui rapporti Rai-Mediaset, e più di recente sulle stragi irrisolte, sul caso Ablyazov, sul Monte dei Paschi e sulla trattativa Stato-mafia. Peccato sia finito lo spazio, anche perché le ultime righe sono indispensabili per il conferimento del premio Commissione d’inchiesta del secolo, che va al verde Paolo Cento: ne pretendeva una «sulla sospensione dell’erogazione dell’energia elettrica verificatasi nel mese di giugno 2003 e delle eventuali responsabilità del governo e degli Enti gestori».