Andreas Biermann, Corriere della Sera 21/7/2014, 21 luglio 2014
IL LATO OSCURO DEL CALCIO TEDESCO: SI UCCIDE BIERMANN
Era andato lì, di fronte ai binari dove il portierone Robert Enke aveva aspettato il treno che lo avrebbe ucciso il 10 novembre 2009. Andreas Biermann aveva recitato una preghiera e lasciato una candela, cercando di proteggerla dalla pioggia. Ma quando ti piove dentro, la fiamma prima o poi si spegne. La notizia del suicidio dell’ex giocatore del St. Pauli è stata confermata dal suo club attuale, una squadra di dilettanti, attraverso Facebook. La sorella Daniela aveva lanciato un appello su Twitter («Non lo sento da lunedì, qualcuno ha sue notizie?»), perché non riusciva più a rintracciare Andreas. La solitudine dei social network fa da sfondo al finale di una storia lunga più di dieci anni, in cui Biermann era diventato più celebre per la sua depressione e i suoi tre tentativi di suicidio dal 2003, per la sua macchina e la sua coscienza annebbiate dal gas di scarico, che per le prestazioni in campo.
Una settimana dopo i fuochi d’artificio del Mondiale, la Germania torna a fare i conti con il lato oscuro del suo calcio. Perché la vicenda di Enke, che era il possibile titolare della Mannschaft fino a pochi mesi da Sudafrica 2010, ha convinto tanti suoi colleghi a farsi curare. Da Martin Amedick difensore dell’Eintracht, che si è fermato per vincere la depressione, al compagno di squadra Martin Fenin, finito sotto trattamento per abuso di antidepressivi. Senza dimenticare il talentuoso Sebastien Deisler, ritiratosi a 27 anni: Andreas gli aveva scritto, senza ottenere risposta. Essere malati è un problema e curarsi è un’opzione che aveva preso in considerazione anche il 33enne Biermann. Ma anche lui come Enke non voleva ammettere la sua debolezza, perché sapeva bene che il mondo del calcio lo avrebbe messo da parte, considerandolo nella migliore delle ipotesi un soggetto instabile. È vero quello che disse il prete al funerale di Enke: «Non c’è solo il calcio nella vita». Ma Friedmann dopo essere uscito allo scoperto è uscito dal giro del professionismo.
Aveva scritto un libro, Andreas, quando giocava ancora nel St. Pauli: «Depressione: cartellino rosso». Il settimo capitolo si intitola: «Come Teresa Enke mi ha salvato la vita». E oggi suona come una sconfitta atroce. Per Biermann e la sua famiglia. Per la vedova di Robert, che tanto aveva fatto per non rendere inutile la morte del marito. E per tutto il calcio tedesco.
Paolo Tomaselli