Arturo Zampaglione, Affari&Finanza 21/7/2014, 21 luglio 2014
TAX INVERSION, LA NUOVA MODA DA MEDTRONIC ALLA CHRYSLER
La prima farmacia Walgreen fu aperta a Chicago più di un secolo fa e adesso la catena ne ha più di 8700 sparse in tutti gli Stati Uniti, con 173mila dipendenti e una capitalizzazione di Borsa di 68 miliardi di dollari. Ma a dispetto del radicamento sul territorio americano, il gruppo guidato da Greg Wasson potrebbe presto diventare svizzero, facendo leva su una società più piccola, la Alliance Boots, di cui è presidente Stefano Pessina, di cui Walgreen controlla il 45 per cento e che ha sede a Berna. L’obiettivo del trasferimento? Risparmiare milioni di dollari, visto che il gruppo non pagherebbe più fino al 35 per cento previsto dalle tasse societarie americane, ma solo le aliquote svizzere che sono molto più basse. Il cambiamento di bandiera sta diventando una vera moda negli Stati Uniti e ha già un nome: “tax inversion”. Il fenomeno è finito sotto i riflettori due mesi fa quando la Pfizer americana mise sul piatto 106 miliardi di dollari per comprare la Britannica AstraZeneca e trasferire la sede legale da New York a Londra. L’affare sfumò per, ma le motivazioni dell’offensiva della Pfizer divennero chiare a tutti: il gigante farmaceutico voleva approfittare della minore tassazione in Gran Bretagna. Nelle ultime settimane si è parlato molto di casi analoghi, dalla Medtronic alla Mylan alla stessa Chrysler, che ad agosto con la creazione ufficiale della Fiat Chrysler Automobile dipenderà dalla nuova sede legale londinese di Sergio Marchionne. Il moltiplicarsi
dei casi di “tax inversion” ha portato la settimana scorsa il ministro americano del tesoro, Jack Lew, a chiedere formalmente al Congresso di mettere fine a queste manovre in nome di un “patriottismo economico”. “Siamo di fronte a un abuso del sistema fiscale”, ha scritto il ministro, mentre i suoi collaboratori sottolineavano che il rischio era di perdere 20 miliardi di dollari di introiti fiscali. L’ipotesi della Casa Bianca di Barack Obama, sostenuta già da vari parlamentari democratici, tra cui Carl Levin del Michigan, è di portare dal 20 al 50 per cento la quota minima di azioni possedute all’estero perché una società americana possa cambiare nazionalità. Le polemiche sulla “tax inversion” si inseriscono in una riflessione più complessiva sul sistema fiscale americano, che da un lato appare punitivo rispetto alle società rispetto alle norme di altri paesi, dall’altro si presta a vari stratagemmi. Ad esempio, per evitare che gli utili prodotti all’estero vengano tassati al momento del rientro negli Stati Uniti, le multinazionali li accumulano nelle loro consociate. Con questo sistema la Apple ha risparmiato nel 2012 circa 9 miliardi di dollari.