Renzo Parodi, il Fatto Quotidiano 21/7/2014, 21 luglio 2014
ELISA DI FRANCISCA: «DISCIPLINA, GRINTA E FOLLIA: IL GIUSTO MIX PER VINCERE»
A che età ha iniziato a tirare? A sette anni, dopo un anno e mezzo di danza, una disciplina che non mi dava quella competitività e quel brivido che cercavo. Da piccola ero molto vivace e a Jesi c’è una tradizione di scherma e campioni famosi: Cerioni, Trillini, Vezzali. Cominciai con mia sorella minore, Martina, mio fratello Michele, di nove anni più giovane di me, venne dopo in palestra. Si vedeva che avevo talento, eppure all’inizio faticavo a fare risultati. Non carburavo, non mi allenavo abbastanza. Non facevo tutti i sacrifici richiesti.
Quando ha capito che sarebbe diventata una
schermitrice di valore assoluto?
Quando mi sono messa in testa di impegnarmi per arrivare in alto.
Perché quello stop?
Era un adolescente un po’ persa, non sapevo cosa volevo dalla vita, dovevo fare i conti con la gelosia del mio primo ragazzo. La scherma a certi livelli impone di rinunciare alla vita privata. Andavo ancora a scuola e mi toccava dire di no alle feste di compleanno, alle uscite in compagnia, alla serata in discoteca. Ho sofferto a non vivere la mia gioventù. Così ho smesso di andare in palestra. Quel periodo mi è servito, ma alla lunga ho capito che la vita di palestra mi mancava e che la scherma era la passione vera della mia vita.
Veniva dalla danza. Le è servito?
La danza mi ha dato molta coordinazione nei movimenti e armonia nella gestione del corpo. Elementi utili anche nella scherma. È un bello sport per una bambina. Impone molte regole, una disciplina ferrea, ti fa provare e riprovare fino alla nausea gli esercizi alla sbarra e i passi. Io non ero una bambina incline al rispetto delle regole, mi sono calmata con l’età. Anche la scherma impone allenamenti duri ma quando mi tolgo la maschera e lascio la palestra riesco a staccare. Mi svago, vado al cinema, in discoteca, una vita normale di una giovane donna. La scherma è uno sport molto mentale e non è facile staccare.
Le doti ideali di una schermitrice?
ll talento naturale. Mentalmente devi adattarti all’avversaria, trovare la mossa contraria, un po’ come negli scacchi. Devi cercare di sorprenderla, capire come controbattere le sue stoccate. Serve intuizione. Io, poi, sono empatica, quando parlo con le persone entro dentro nei discorsi, mi piace immedesimarmi, capire chi ho davanti, anche se si tratta, a volte, di una persona antipatica.
Curiosa, insomma.
Curiosissima. Chiedo notizie, informazioni, voglio capire. Rompo le palle...
Altre qualità per eccellere?
Coraggio e attributi. In pedana tutto avviene in un attimo. Un assalto dura circa nove minuti, lì dentro devi cercare di fare la differenza. Non puoi metterti a pensare: “Faccio questo o faccio quello?” Sei in svantaggio? Devi agire immediatamente. Questo approccio aiuta anche nella vita. Caratterialmente sono una persona decisa.
Quando ha capito di poter salire sulle pedane più prestigiose del mondo?
Nel mio primo campionato italiano. Il maestro Triccoli si accorse che mia madre piangeva. Le disse: “Ombretta, tua figlia ha l’oro nelle mani, basta che ci stia con la testa”. Sono sempre stata un po’ un cavallo pazzo. Ho bisogno dei miei spazi. Usato nella memoria giusta, questo atteggiamento è un grande aiuto anche in pedana.
I suoi genitori l’hanno ostacolata o spinta?
Aiutato tantissimo. Mamma vede ancora le gare. Adoro la mia famiglia, la voglio sempre vicina.
Fa parte delle Fiamme Oro, il gruppo sportivo della Polizia di Stato. Vive a Roma?
A Jesi, e da quando ho 18 anni abito sola. La sede è a Roma, ma io e la Vezzali ci alleniamo a Jesi.
La sua giornata-tipo?
Sveglia alle 8, alle 9 sono in palestra. La mattina faccio lezione con la mia maestra, Giovanna Trillini. Col preparatore atletico faccio pesi, esercizi di reattività, balzi, lavoro aerobico. Pranzo e nel pomeriggio provo gli assalti con i colleghi e qualche esercizio di stretching. Cena, lettura, un film e a nanna. Questo per cinque giorni la settimana, il sabato e la domenica si gareggia. Ho imparato ad autogestirmi. Se una sera c’è da andare al cinema, fare un passeggiata, vado. Oppure resto a casa a leggere. So quello che posso concedermi.
Si ritiene una donna indipendente?
Lo ero già da ragazzina. Dai 14 anni d ’estate lavoravo in una gelateria, poi in ristorante e in un negozio di abbigliamento.
Vita sociale, sesso, alimentazione. In quale sfera sopporta le rinunce più pesanti?
Sono allergica alla parola “rinuncia”, scelgo di non esagerare. Faccio la dieta a zona, se capita vado a cena fuori e se mamma mi cucina la pasta con le melanzane ne mangio due piatti.
Come si prepara a una gara importante?
Grosso modo resto la stessa anche durante i ritiri. Mi contorno di persone che mi vogliono bene e alle quali voglio bene. Famiglia, amici, Giovanna Trillini e la preparatrice atletica. Un po’ di nervosismo e di adrenalina corrono, è ovvio. Spesso devo sfogarmi. Giovanna mi dice: “Fermati, stai esagerando”. Magari salto la corda per un’ora. Cerco di scaricarmi facendo lunghe passeggiate. La mia pila è sempre carica.
È scaramantica?
Non è un oggetto che decide la sorte di un assalto o di una gara. Quando sono in difficoltà “rivedo” le gare vittoriose a come mi ero allenata.
In pedana odia la sua avversaria?
Lì ci sono io, con le mie paure, ansie, limiti, paranoie ed emozioni. Perdere o vincere dipende da me. Senza escludere l’avversaria...
La sua compagna più simpatica in azzurro?
Arianna Errigo, sto in camera con lei. Alle Olimpiadi di Londra l’ho battuta in finale.
Quel giorno è finita la vostra amicizia?
Siamo due persone intelligenti. La scherma è uno sport individuale, capita di battersi fra italiane. Grazie a Dio poi tiriamo di squadra.
Esiste l’invidia fra voi ragazze?
Si possono creare invidie. Non ci faccio caso. Sono tranquilla e sto bene con tutti. Se mi offendono mordo. Qualche volta è accaduto.
L’errore “professionale” che non rifarebbe?
Nel 2008 volevo andare alle Olimpiadi di Pechino è mi persi un po’ nei meandri dello svago, mi allenai poco e restai fuori. Il nostro ct mi chiese se volevo il ruolo di sparring partner. “No, vado se sono titolare”. Non è stato un errore, mi ha fatto capire che per arrivare bisogna allenarsi.
Il suo pregio migliore?
Sembro un tipo duro, ma come donna in realtà sono molto dolce
Il difetto peggiore?
L’impulsività. Sono molto istintiva. E testarda.
Il suo palmares nel fioretto è impressionante. La trattano come una diva?
Sono rimasta l’Elisa di sempre. Il più bel complimento è sentirmi dire: “Sei la stessa di quando eri ragazza”. Poi, certo, ci sono quelli che vogliono sfruttarti e allora li mando subito affan....
Ha partecipato come giurata a Miss Italia e al Festival di Sanremo. Si è esibita a “Ballando sotto le stelle”. Cercava visibilità?
A me piace mettermi alla prova. “Ballando sotto le stelle” è stata una sfida divertentissima, ho incontrato persone fantastiche, con Todaro, sua moglie e con Milly Carlucci è nata un’amicizia bellissima: ho vinto la gara di ballo allenandomi tre ore al giorno. Erano tutti sbalorditi>.
Ha fatto anche un’esperienza di vita in Kenya con Intervita Onlus. Un’altra sfida?
Dopo l’oro olimpico ho sentito il bisogno di andare a offrire qualcosa a chi ha meno di me. Un’esperienza fantastica durata 15 giorni.
Fa pubblicità per Banca Marche. Per denaro?
È uno degli sponsor che mi sostiene. Come Puma, Enervit e altri. A questi livelli con la scherma non si diventa ricchi. La si fa per passione, se si riesce a fare risultati arriva lo sponsor tecnico, il gruppo sportivo che ti stipendia e altri sponsor.
Che consiglio darebbe ad una giovanissima che volesse avvicinarsi alla scherma?
Di provare e se non sarà la scherma sarà un altro sport. E di imparare in fretta le parole “lavoro e sacrificio”.
Smetterà dopo Rio 2016?
Smetterò quando non mi divertirò più.