Cristiana Mangani, Il Messaggero 21/7/2014, 21 luglio 2014
IN ITALIA NON C’È SPAZIO PER MEGA-RISARCIMENTI
La guerra alle sigarette gode di alterna fortuna nel nostro paese. C’è chi dice che il danno da fumo passivo o da scarse indicazioni sui pacchetti vada risarcito. E chi, invece, non senza clamore, respinge al mittente le accuse affermando che i danni derivati dalle “bionde” fanno parte di una scelta volontaria. Ma a prescindere da quelle che poi sono le decisioni, non accadrà mai in Italia che qualcuno riceva risarcimenti miliardari come il caso americano. Non c’è Grisham che tenga nel nostro paese, e scenari come quello raccontato nel suo libro “La Giuria”, dove un coraggioso avvocato di periferia vince la causa contro le multinazionali del tabacco, si riferiscono a ben altre battaglie.
ATTO VOLONTARIO
Il caso giudiziario più famoso risale a circa un anno fa quando la Corte d’Appello di Roma ha sentenziato che «i fumatori non possono agire contro le aziende produttrici per i danni alla salute, perché questi danni se li sono procurati volontariamente». Da qui la decisione di respingere le richieste di risarcimento avanzate dal Codacons che aveva avviato una class action citando in giudizio la British american tobacco Italia (Bat Italia). Non esiste, secondo i nostri giudici, «il danno da dipendenza da tabacco»: il fumatore sceglie di correre il pericolo consapevolmente e pertanto non può dolersi dei danni subiti.
Un paio di anni prima, però, era stata la Cassazione a dare il via alle richieste di risarcimento, perché con la sentenza numero 26516, si era pronunciata sulla vertenza di un fumatore che aveva chiamato in causa la Bat Italia e i Monopoli di Stato, chiedendo il risarcimento, perché le diciture “lights” ed “extra lights” apposte sui pacchetti, erano ingannevoli. Proprio in base a queste, lui aveva cambiato prodotto e aumentato il consumo di tabacco. I Supremi giudici hanno accolto il ricorso e hanno affermato il principio secondo il quale le sigarette rappresentano un prodotto pericoloso per la salute umana e, in quanto tali, chi le produce e le vende è responsabile dei danni prodotti.
Per trovare le prime battaglie giudiziarie bisogna andare al 2002 quando un giudice del lavoro del Tribunale di Bari, ha accolto il ricorso presentato da una centralinista che aveva contratto un laringocele a causa del fumo passivo. Subito dopo la Telecom ha dovuto applicare il divieto di fumo nell’ufficio del servizio 187 di Bari dove convivevano circa 70 lavoratori fumatori e una trentina non fumatori. Ha fatto molto scalpore anche la pronuncia della Cassazione sul caso di Mario Staltieri, un uomo morto per tumore al polmone, per aver fumato un pacchetto di sigarette al giorno. Piazza Cavour ha riconosciuto «il danno esistenziale» e ha condannato la British american tabacco Italia a risarcire gli eredi con 200 mila euro per le «sofferenze morali» subite per la «scomparsa nella loro vita di una presenza familiare importante».