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 2014  luglio 21 Lunedì calendario

CALANDRELLI: «RAI CULTURA, SAPERE A PORTATA DI TUTTI»

C’era una volta il Dse, Di­partimento Scuola Edu­cazione, istituito, nel­l’ambito della riforma della Rai del 1975, per realizzare pro­grammi radiotelevisivi di formazione culturale. Col tempo, quella struttura ha cambiato più volte nome e recen­temente da Rai Educational si è tra­sformata in Rai Cultura inglobando, insieme a Rai Scuola e Rai Storia, an­che Rai5. A dirigerla è stata chiamata Silvia Calandrelli che, sottolineando «l’unanimità della decisione del Con­siglio di Amministrazione della Rai», parla di «un’avventura importante perché significa continuità con il la­voro svolto a Rai Educational», da lei diretta dal 2011: «Questa nomina ci permetterà di mettere a frutto non so­lo il lavoro di questi tre anni ma anche i rapporti con le massime istituzioni culturali che sono stati stretti in que­sto periodo. Possiamo dire, perciò, che il lavoro di Rai Cultura, in realtà, è sta­to già avviato».

Silvia Calandrelli, la parola cultura, soprattutto in televisione, viene as­sociata a qualcosa di noioso o, nella migliore delle ipotesi, di riservato a pochi.
«Il servizio pubblico, invece, può e de­ve rivolgersi a tutti. Le do un dato: il 60% degli italiani non legge nemme­no un libro all’anno. Su percentuali deludenti come queste e per pro­muovere la cultura, la televisione de­ve fare moltissimo. Va detto, però, che da sola non basta più: deve essere af­fiancata dalla rete, uno strumento non può prescindere dall’altro».

Che, dunque, diventa complementa­re alla televisione?
«Sì, soprattutto per le nuove genera­zioni che si formano sulla rete. Noi veniamo da Telescuola e dal mae­stro Manzi. Solo, ora non parliamo più di alfabetizzazione primaria ma informatica. I nostri contenuti de­vono essere messi a disposizione sulla rete, così che possano utiliz­zarli sia gli insegnanti sia gli studen­ti che, oggi, sono nativi digitali. Qual­che numero, forse, potrebbe spie­gare più di tante parole».

Prego.
«Il network dei nostri siti, che com­prende sia i portali dei canali tv sia i portali verticali tematici su Arte, Let­teratura, Economia, Filosofia e Media, nell’ultimo mese ha raggiunto oltre quattro milioni di pagine viste. I social network relativi ai nostri prodotti, co­me Facebook, Twitter e Google+, sono seguiti da oltre 450 mila utenti, e le app per tablet e smartphone e i magazine multimediali mensili sono visti da ol­tre 350 mila abbonati. Infine, Raiscuola ha una community specializzata di ol­tre 70 mila docenti iscritti e la nostra area multimediale realizza le dirette streaming dei principali eventi cultu­rali italiani, producendo ogni anno cir­ca duemila video ad hoc per il web».

Insomma la televisione e la rete, in­sieme, possono ’alfabetizzare’ nuo­vamente il Paese?
«Sì. L’importante è non sottovalutare i pericoli della rete che è uno stru­mento importante, democratico e a­perto ma tutti ma su cui si può trova­re di tutto. Le faccio un esempio: ogni anno, insieme al Ministero dell’Istru­zione, portiamo gruppi di ragazzi ad Auschwitz. Spesso loro, cercando no­tizie in internet, trovano anche conte­nuti revisionisti. I nostri contenuti, in­vece, sono validati scientificamente. Per Il tempo e la storia ad esempio, di cui sono già andate in onda 160 pun­tate, abbiamo un comitato di storici. . Ed è un prodotto a utilità ripetuta che può essere utilizzato su diverse piat­taforme».