Fabio Carminati, Avvenire21/7/2014, 21 luglio 2014
LA TRATTATIVA SUL NUCLEARE VA AI SUPPLEMENTARI. E TEHERAN ALLUNGA I TEMPI DELLE CRISI APERTE
Il negoziato sul nucleare iraniano va ai supplementari. Oggi scadeva il termine fissato per trovare un accordo tra i 5+1 (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania) e Teheran sul programma nucleare. E l’unico risultato sarebbe stato la rottura, perché le posizioni sono ancora distanti, come hanno ammesso tutti. Una rottura che avrebbe innescato un terrificante effetto domino su tutte le crisi aperte: Ucraina, Medio Oriente, Siria e Iraq. Per questo le parti si sono date quattro mesi di tempo, rinviando il termine al 24 novembre. «Ci incontreremo di nuovo nelle prossime settimane con la determinazione ad arrivare a un accordo il prima possibile», ha detto alla stampa il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton. Che, salvo cambiamenti dell’ultima ora, continuerà a guidare i negoziati con l’Iran: il suo mandato Ue scadrà a ottobre, per lasciare verosimilmente il posto all’italiana Federica Mogherini, ma la continuità sul dossier dovrebbe essere mantenuta.
Appare però altresì probabile che anche le crisi che infiammano lo scacchiere orientale europeo e mediorientale non saranno di rapida soluzione. L’Iran, infatti, gioca un ruolo determinante in Siria e Iraq, ed è altrettanto determinante (per un gioco di alleanze incrociate) anche nella vicenda ucraina. Mosca appoggia chiaramente il programma atomico degli ayatollah e Barack Obama appare sempre più rassegnato a pagare il dazio per riuscire a districare la matassa che si è ingarbugliata ancora più con l’abbattimento del Boeing sui cieli di Donetsk.
L’incombente clima da Guerra fredda ha infatti una via di soluzione che va ben al di là del territorio ucraino: la collaborazione dell’Iran nel contesto iracheno per gli Stati Uniti è fondamentale per il contrasto all’avanzata dei qaedisti dell’Isis; Mosca, a sua volta, chiede in cambio a Washington flessibilità sul nucleare. Ed entrambi gli attori, Putin e Obama, sanno benissimo il punto di caduta che dovrà essere raggiunto prima o poi. Con buona pace di Israele sordo alla mediazione americana, restio a un coinvolgimento turco nella soluzione della crisi a Gaza e propenso invece a un ruolo sempre più determinate dell’Egitto di al- Sisi, ben più vicino, ormai, alle posizioni di Mosca che a quelle dell’antico alleato d’Oltreoceano. Ma se due settimane fa, quando è cominciato il round “finale” dei negoziati a Vienna sul nucleare (ieri rinviati ieri alla fine dell’autunno) l’effetto a cascata dell’accordo poteva in qualche modo diluire lo scontro in atto nei vari scenari, ora la situazione si complica. E, inevitabilmente, i tempi si allungano.
Depotenziando, se si vuole, l’effetto immediato che si poteva raggiungere e rendendo sempre più complicata la situazione di quattro crisi che hanno messo di fronte, come da tempo non succedeva, le due ex superpotenze ma che hanno un nuovo elemento sul quale confrontarsi: Teheran.