Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
In un clima mondiale nervoso per faccende giapponesi che non possiamo qui spiegare, la Borsa di Milano ha sofferto di più a causa del guaio-Mussari, l’avvocato calabrese catapultato nel mondo della grande finanza una quindicina d’anni fa e che s’è dimesso dalla presidenza dell’Abi dopo le rivelazioni del Fatto quotidiano sulla sua gestione del Monte dei Paschi di Siena…
• Andiamoci piano, in questo attacco c’è troppa roba.
Monte dei Paschi di Siena: è la sesta banca italiana (un tempo terza), roccaforte del sistema di potere del Pd (anche se ieri Bersani ha detto: «Il Pd fa il Pd, e le banche fanno le banche», frase a cui si potrebbe rispondere: magari!), finanziatrice del Siena calcio e del palio (soldi che da giugno non ci saranno più), la più antica banca del mondo, ma adesso in guai grossissimi, al punto che in Borsa ha perso in due giorni il 15% del suo valore. L’Abi è una sigla che significa: «Associazione Bancaria Italiana», cioè è l’organismo che deve tenere alta la reputazione del sistema bancario (oggi, un’impresa disperata). Giuseppe Mussari è un bell’uomo di 50 anni che presiedeva l’Abi, incarico confermato appena sette mesi fa. Prima di presiedere l’Abi, Mussari è stato presidente del Monte dei Paschi (Mps) e qui avrebbe combinato guai molto seri, che il Fatto ha rivelato l’altro giorno. Una volta tanto, l’inchiesta di un giornale, documentatissima, ha ottenuto un effetto. Mussari si è dimesso. Come fa un uomo implicato in quelle faccende a fare la réclame delle banche?
• Che faccende?
I guai cominciano con l’acquisizione di Antonveneta, nel 2007. Ne abbiamo già accennato qualche altra volta, perché la vicenda è nota fin dal primo istante. Intorno a questa banca, all’inizio di proprietà olandese, s’era svolta nell’estate del 2005 una parte della guerra detta dei “furbetti”, guerra che rese celebri Stefano Ricucci (quello del «volete fa’ i froci co’ i culi dell’altri»), Gianpiero Fiorani, il governatore Antonio Fazio e sua moglie, Giovanni Consorte eccetera. Antonveneta era un boccone talmente ghiotto che nel 2007, quando i nuovi proprietari del Santander (spagnoli) stavano per venderla ai francesi di Paribas, Mussari si precipitò a fare un’offerta e a comprarla. Solo che il Santander aveva acquistato Antoveneta per 6,5 miliardi e Mussari invece, pochi mesi dopo, aveva sborsato addirittura 9 miliardi e mezzo! La magistratura indaga su quell’operazione, il sospetto di un tangentone esiste, ma Mussari finora non è stato toccato.
• E allora?
E allora il Monte era ricco, ma non così ricco da poter tirar fuori una somma simile. Dal 2008 in poi bisognò arrampicarsi sugli specchi per rimettere i conti a posto e soprattutto per presentare bilanci che non facessero scandalo. Lei sapeva che si possono avere conti disastrati e bilanci magnifici? Un sistema è quello di mettere in piedi un intreccio di scommesse, che si possono facilmente occultare grazie al fatto che non si sa se alla fine risulteranno vincenti o no. In quale posta di bilancio si dovrebbero mettere? Nessuno lo sa, e questo autorizza ad occultarle. Sono scommesse, per esempio, le assicurazioni, e ci sono assicurazioni sui titoli, che permettono a chi le sottoscrive di non perdere, o di perdere meno o addirittura di guadagnare se il prezzo di un’azione invece di salire scende. Dirle di più vorrebbe dire scrivere un trattato di un centinaio di pagine.
• Mussari truccò i conti ricorrendo ai derivati?
Non so se il verbo “truccare” è corretto. Certo, li abbellì. I derivati in cui andò a impelagarsi risultano fino a questo momento tre, e si chiamano Santorini, Alexandria e Nota Italia. Ognuno di questi contratti è servito per riparare i danni provocati dal contratto precedente, aggravandolo ogni volta col solo vantaggio certo di distribuire le perdite, eventuali ma probabili, in un lasso di tempo più lungo. Quello su cui ha messo le mani Il Fatto è Alexandria, stipulato con la Nomura nel 2009 e scoperto in una cassaforte lo scorso 10 ottobre: 49 pagine in inglese, che descrivono un’operazione talmente complessa che lo stesso presidente della banca giapponese chiese a Mussari se lui e i suoi l’avessero davvero capita. Risulta chiaro però questo: che Alexandria peggiorerà il bilancio 2012 di Mps di 220 milioni. E che il buco finale sarà di almeno 740 milioni.
• E come faranno?
Il Monte se la passava già male, stava chiedendo in prestito allo Stato 3,4 miliardi (Monti bonds) al tasso del 9% innalzabile al 15, e stava procedendo a una forte riduzione del personale. Ora lo Stato dovrà tirar fuori 500 milioni in più. Bisognerebbe chiedersi come mai i banchieri si siano scelti quest’uomo come loro rappresentante e lo abbiano addirittura confermato nell’incarico. Domani si riuniscono i soci. Oscar Giannino e Beppe Grillo hanno ottenuto una delega per parlare. Ne sentiremo delle belle.
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