Damiano Iovino, Panorama 24/1/2013, 24 gennaio 2013
MAMMA, LI RUSSI (UN’INVASIONE DI TURISTI CI SALVERÀ)
La telefonata arriva verso le 11 di sera. Con voce impastata un uomo si presenta e chiede, nell’ordine: «Un mazzo di rose rosse alle 8 di mattina all’Hotel Galles, due Ferrari alle 9, una limousine nel pomeriggio per essere accompagnati alla Scala e una prenotazione per sei al ristorante Don Lisander per il dopo teatro». Una scena di Dallas?
No, la «normale» richiesta di un magnate russo in visita a Milano, che vuole festeggiare con due coppie di amici il compleanno della moglie.
La signora Olga, che viene da Mosca, vive a Milano e gestisce un’agenzia che assiste i russi attirati soprattutto dalla passione per la moda italiana e dalla convenienza dei prezzi. «Non è strano che la telefonata arrivi di notte: a Mosca si vive 24 ore al giorno, i negozi non chiudono mai. E quando un russo è in vacanza non bada a spese: un pacchetto così costa circa 8 mila euro».
Dopo la perestrojka avviata da Mikhail Gorbaciov alla fine degli anni Ottanta, i russi hanno cominciato a venire sempre più spesso in Italia: all’inizio erano pochi oligarchi e qualche esponente della loro migliore criminalità, spendevano spudoratamente guidati dal principio che «più è caro più è bello». Ma negli ultimi anni anche la classe medio-alta viaggia molto all’estero e sta cominciando a capire che il buon vivere dipende dalla qualità e non solo dal prezzo.
Così quest’anno, per la prima volta, i russi sono stati gli stranieri più presenti a Milano nei primi 6 mesi del 2012, come risulta dai dati dell’Osservatorio turistico della provincia: 95.569 (+27 mila rispetto al 2011), seguiti dai francesi (86.951) e dagli americani (86.013); il 65 per cento sta in alberghi a 5 e 4 stelle e il 27 per cento in hotel a 3 stelle.
Insomma, si è realizzato l’incubo dei democristiani degli anni Cinquanta: Milano invasa dai russi. In alcune serate alla Scala uno spettatore italiano si può sentire come lo spermatozoo nero di Woody Allen in mezzo a tanti bianchi, perché gran parte della sala è occupata da elegantissime coppie di russi. La passione per la musica classica è innata nel popolo russo: i più accorti, in genere le donne, prenotano un paio di mesi prima via internet, gli uomini decidono il giorno prima e pagano anche il triplo pur di conquistare l’ambita poltrona. E per chi non può permettersi il biglietto è d’obbligo una visita al museo del Teatro alla Scala.
Inevitabile la visita al Castello Sforzesco e la foto davanti al Duomo, ma il turista russo che viene a Milano ha uno scopo ben preciso: fare shopping. La coincidenza tra il Natale ortodosso, che cade il 7 gennaio, e l’avvio dei saldi è una manna per la classe media russa e per i commercianti milanesi: una borsa che in Italia costa 1.000 euro in Russia si paga almeno tre volte tanto.
La permanenza media è di 2 giorni e mezzo. Un mordi e fuggi metodico, un rastrellamento del Quadrilatero della moda, tra via Monte Napoleone e via della Spiga, dove ogni scarpa, vestito, borsetta, cappotto e pelliccia viene vivisezionato da profondissimi occhi azzurri.
Irina, manager 32enne di Mosca, è stata quasi un’ora nel negozio di Baldinini: il marchio è ben conosciuto in Russia, dove ha più di 100 punti vendita, quindi il pellegrinaggio nel monomarca di via Monte Napoleone è d’obbligo. Irina ha provato tutto, dagli stivaletti ai cappotti, e alla fine ha comprato una borsa. Ma dopo avere pagato alla cassa, con la lunga procedura per il rimborso dell’iva, ci ha messo altri 20 minuti per arrivare alla porta, perché ha dovuto toccare, soppesare e annusare tutte le scarpe messe sugli scaffali verso l’uscita come le caramelle alla cassa del supermercato. «È la prima volta che vengo a Milano, due giorni in un albergo tre stelle e un budget di 4 mila euro per i miei acquisti» spiega Irina, che poi si allontana con un enorme sacchetto di carta.
Non è solo la moda ad attirare i russi. Uno studente molto benestante si è rivolto all’agenzia della signora Olga con una richiesta ben precisa: «Ho solo 4 ore da passare a Milano, voglio comprare scarpe Tod’s e Hogan, una borsa di Prada e un prosciutto crudo». Accolto alla Malpensa da un’auto con autista e guida madrelingua, il giovane non ha avuto problemi per scarpe e borsa. Quando è entrato dal Salumaio di Monte Napoleone ha puntato un San Daniele e ha detto: «Voglio quello». «Quanti etti?» ha chiesto il solerte commesso. «Tutto» ha risposto lui. «E dove lo mette?». «In mio zaino». Così è tornato all’aeroporto, con la zampa del prosciutto che spuntava dal suo elegante zainetto in pelle. E un conto di 600 euro per auto e guida, più 3 mila di shopping.
Le donne russe sono le clienti più amate nei negozi milanesi: «Non guardano mai il prezzo, provano mille vestiti, e lo scoprono solo quando vengono alla cassa» spiega una delle addette alle vendite di Corso Como 10, tempio della moda di Carla Sozzani. Il suo atelier si riempie di russi anche ad aprile, quando c’è il Salone del mobile, che attira i giovani che vengono a trovare gli amici che studiano design in Italia, e si immergono nel negozio che offre il meglio delle nuove tendenze.
Marina Brasca è il direttore del negozio Ferragamo in Monte Napoleone e può vantare un primato: «Sono stata la prima, 12 anni fa, ad assumere una collaboratrice russa, Irina. Ora ce ne sono tre su 17, pronte a servire clienti che spendono dai 2 mila ai 12 mila euro. La migliore è una signora che arriva con l’aereo del marito, compra di tutto e riparte al volo». Ora tutti i negozi del Quadrilatero hanno almeno una persona che parla russo. «Perché il russo, anche se parla inglese, quando fa acquisti vuole parlare nella sua lingua. E se non trova qualcuno che lo capisce si stizzisce e va via» spiega Marina Timofe Eva, russa di San Pietroburgo che, dopo avere lavorato nella moda, dai primi anni Novanta vive a Milano ed è socia di un’agenzia russa che segue turisti vip a Milano. «Il gusto dei miei connazionali» spiega Marina «si è evoluto anche per il cibo: prima andavano tutti da Giannino, adesso hanno scoperto il ristorante 13 Giugno, perché amano il pesce e la musica dal vivo. Ma stanno cominciando a scoprire posti come la pizzeria Paper Moon, strategica per una pausa pranzo durante la marcia forzata dello shopping».
O il ristorante Biffi in Galleria, che a gennaio registra quasi un 90 per cento di clienti russi, anche perché è stato tra i primi a investire in pubblicità sull’unica guida in russo di Milano, InfoRUSturist, inventata da un geniale napoletano, Renato Messina, che in un anno ha distribuito gratuitamente 80 mila copie in 170 alberghi di Milano e sta per lanciare un’edizione per la zona del Lago di Garda. Messina ha lavorato in Russia e conosce bene il carattere dei russi: «Sono generosi, se un cameriere è gentile sono capaci di lasciare una mancia più alta del conto che hanno pagato. Ma pagano solo in contanti, sono allergici alla carta di credito». E racconta di un imprenditore che è stato costretto a noleggiare una Bentley con autista «a soli 850 euro per un giorno» perché per prenderla senza autista a 1.700 euro, come voleva lui, avrebbe dovuto bloccare sulla carta di credito 10 mila euro come garanzia, ma pretendeva di lasciare la stessa cifra in contante e l’agenzia non ha voluto.
La tradizione vuole che i russi siano formidabili bevitori, «ma non è così» sostiene la moglie di Messina, Irina, nata a Volgograd, la vecchia Stalingrado: «I russi bevono solo quando fanno festa, nessuna donna perbene beve vodka. Il punto è che, quando cominciano a bere, non si fermano».
Finita l’epoca degli oligarchi che sceglievano i vini guardando il listino da destra a sinistra, c’è ancora qualcuno che spende, ma con consapevolezza. Da Riccione Bistrot, tempio del pesce, in tre sono riusciti a spendere 1.500 euro, però hanno chiesto un Cervaro della Sala e due Sassicaia indicando con precisione le annate migliori. Anche da Giacomo all’Arengario, lo spettacolo del Duomo a portata di mano aiuta ad annaffiare di buon vino le portate di cucina mediterranea molto apprezzate da una clientela russa di alto livello. Normalmente sono il 10 per cento, ma ai primi di gennaio, quando i milanesi sono ancora in ferie, arrivano a coprire quasi tutto il locale.
Però c’è ancora qualcuno della vecchia guardia: come il cinquantenne oversize, con maglione di cashmere a pelle e moglie cicciona, che nell’elegante sala da tè del Principe di Savoia chiede alle 6 di sera «due toast e champagne rosé». La parola costoso era sottintesa.