Nicola Porro, il Giornale 24/01/2013, 24 gennaio 2013
BASTA IMPUNITÀ PER GLI IMPRESENTABILI DELLA FINANZA
La questione Mussari è ormai conosciuta. L’avvocato, già militante del Pci, ex presidente della Fondazione proprietaria del monte dei Paschi di Siena poi finito direttamente nella banca, si è dimesso dalla Confindustria del Credito, l’Abi. A causa di alcune pesanti ombre che hanno riguardato la sua gestione della banca e in particolare per alcuni derivati che avrebbe stipulato a copertura di perdite e che non sarebbero stati adeguatamente comunicati al consiglio di amministrazione.
Con le sue dimissioni si rischia però di ridurre una lunga catena di pessime pratiche consociative tra banche e politica alla sola questione Mussari. Vorremmo dimostrare al contrario come Mussari venga eletto nel 2010 e riconfermato l’estate scorsa alla guida dei banchieri italiani proprio perché ne è il rappresentante più fedele.
Vediamo perché.
1 . Mussari non si è autonominato presidente dei banchieri italiani, ma liberamente eletto e confermato dai suoi simili. Simili che ben conoscevano le condizioni del’Mps. E cioè un
istituto di credito glorioso, ma che si era appena comprato per l’astronomica cifra di 9 miliardi la banca Antonveneta che produceva utili sui 300 milioni. E che solo pochi mesi prima dell’acquisto da parte dei senesi era passata di mano per 6,7 miliardi. Un acquisto che quando Mussari fu nominato presidente dell’Abi era chiaro a tutti quanto fosse stato fallimentare. Nel piano industriale presentato all’indomani dell’acquisto di Antonveneta si prevedevano utili per 1 miliardo di euro. L’anno scorso la banca ne ha persi quattro. La gran parte dei banchieri, che godono dello straordinario privilegio di spendere cifre favolose e attribuirsi remunerazioni generose con soldi non loro, sono nelle condizioni di Mussari. Ma possibile che non girasse qualche manager bancario più avveduto?
E poi si parla di impresentabili in politica.
2 . I banchieri erano ben consapevoli di eleggere a loro rappresentante il capo di una banca controllata a maggioranza assoluta, caso unico in Italia, da una fondazione bancaria. Ma sarebbe meglio dire da un ente locale e dunque dai partiti, o meglio ancora dagli ex comunisti. Ma qua il tema non è politico, è fattuale. Quella fondazione, come tutti sapevano, si indebitò per non cedere la maggioranza della banca, all’indomani dell’acquisizione dell’Antonveneta. Una cosa da pazzi. Che intorno a Siena, Fondazione e banca ci fosse il peggior grumo di clientele banco-politiche era ed è chiaro a tutti i banchieri che sappiano leggere e scrivere. Dunque nominare a loro rappresentante il terminale di quel pasticcio localistico è derivato da una sola presunzione: l’intoccabilità.
3. Nella scelta della classe dirigente dei Paesi occidentali esiste una conclamata accondiscendenza verso chi si è formato in banca. Una specie di sindrome di Stoccolma. Si scusano a Profumo (che ha sostituito proprio Mussari al Mps) e Passera ( che è diventato ministro dello Sviluppo) ipotesi giudiziarie di frode fiscale milionaria (circa 250 milioni per banca) sulle quali l’ultimo dei politici verrebbe inchiodato. Sulla base delle semplici ipotesi accusatorie (tutte da dimostrare) sono ben più gravi quelle di Profumo&Passera rispetto a quelle di un Papa o Brembilla, appena fatti fuori dalle liste di Pdl e Pd. Ha ragione De Soto: il rapporto tra banche e governi è marcio e colluso (dal punto di vista del mercato) almeno da quando i principi rinascimentali hanno avuto bisogno dei quattrini dei depositi per finanziare le guerre.
4. Non pensate che la cosa riguardi solo l’Italia. Hsbc ha trasportato 7 miliardi di narcodollari in contanti dal Messico agli Stati uniti e si è beccata una multa da 4 miliardi. Le autorità europee hanno messo sotto indagine una dozzina di banche che hanno manipolato i tassi di interesse interbancari con cui si calcolano le rate dei nostri mutui. E nessuno è finito in galera. Quando fecero gli sconquassi dei subprime si disse «too big to fail». Oggi i banchieri sono «too big to jail»: troppo grossi per finire in galera.
5. Se un banchiere stipula un derivato per occultare le perdite del suo conto economico, si dimette dall’Abi e subisce un processo. Ma il suo azionista (fondazione e democratici di Siena) può dirsi indignato e gettare la croce sul manager supposto infedele. Se a farlo è un imprenditore sono guai solo suoi. Ps: il derivato stipulato da Mps per celare le perdite e che vale centinaia di milioni di euro, secondo la Tobin Tax pro banche appena introdotta da Monti avrebbe subìto oggi una ritenuta fiscale di 100 euro.