Giuseppe Guastella, Corriere della Sera 24/01/2013, 24 gennaio 2013
SULLA 500 NELLA BUFERA DI NEVE. RINTRACCIATO GRAZIE ALL’ANTIFURTO —
Solo disperazione e paura nella fuga tragicomica lungo più di 2.300 chilometri di strade secondarie, bloccato per ore dalla neve, senza documenti ma con tanti soldi in tasca, che ha portato il latitante Fabrizio Corona da Milano in una cella a Lisbona. Braccato dalla Polizia dopo la condanna per estorsione, il «re» dei paparazzi si è arreso e si è consegnato agli agenti.
La cronaca di questo viaggio, di certo drammatico per Corona, sembra più vicina a un Fantozzi di Paolo Villaggio che al film Papillon di Steve McQueen. Tarda mattinata di venerdì: Corona esce sgattaiolando da una uscita secondaria di una palestra e sfugge alla Polizia che lo tiene d’occhio in prima che la Cassazione gli confermi o meno 5 anni di reclusione per aver estorto 25mila euro al calciatore juventino David Trezeguet. Sale su una Fiat 500 grigia prestata da un’inconsapevole collaboratrice della Fenice, la società che è nata dalla fallita Corona’s e che lentamente lo stava riportano alla normalità dopo lo tsunami di Vallettopoli. Uno dei suoi più fidati uomini guida alla volta di Carpi per un appuntamento in un’azienda. Lì gli crolla il mondo addosso alle 17 quando la Cassazione lo manda in carcere facendo scattare il mandato di arresto europeo. Nel ritorno verso Milano, Corona perde la testa. In tasca ha 30mila euro in contanti, dichiarerà l’amico. Sono sufficienti per arrivare in Portogallo e chiedere aiuto alla famiglia facoltosa di un 22enne che ha conosciuto, e aiutato, a Milano, ma non abbastanza per una lunga latitanza. I due deviano per Ventimiglia, sbagliano strada, vagano per ore, decidono di espatriare dal Col di Tenda, ma mentre la 500 arranca, una copiosa nevicata la blocca. Ci vogliono 4 ore al gelo prima che gli spazzaneve li raggiungano e liberino l’utilitaria. «Non potevo sapere che dentro ci fosse Fabrizio Corona», dice uno dei soccorritori.
A Narbonne, a metà strada tra Marsiglia e Barcellona, arrivano sabato pomeriggio. Lì si separano. L’amico torna a Milano in treno, dove arriva il giorno dopo trovando la Polizia in attesa per interrogarlo. Anche Fabrizio ci mette un giorno per raggiungere Cascais dove a 30 chilometri da Lisbona vive il rampollo dei Carvalho, importante famiglia di industriali. Gli investigatori milanesi sono già sulle sue tracce, («gli stavano dietro da subito», spiega il questore Luigi Savina) e l’antifurto a radiolocalizzazione della 500 conferma i sospetti: l’auto si trova nell’area di Lisbona. Due poliziotti arrivano da Milano e con i colleghi portoghesi si dirigono a Jardin da Parade dove, non lontano da Cascais, vivono i Carvalho. Per strada fermano il 22enne su un’altra 500, lo accompagnano a casa e spiegano alla madre che stanno cercando Fabrizio Corona. Quando vanno via, un amico della famiglia, personaggio anche lui importante in Portogallo, consiglia alla donna di convincere il figlio a parlare con Corona. Nella notte il «paparazzo» lascia una delle case dei Carvalho nei pressi di Sintra, 15 chilometri dalla capitale, ferma la 500 grigia ad una cabina e annuncia sul suo sito in Italia che sta per costituirsi. Poi chiama da un commissariato il suo avvocato Nadia Alecci: «La sentenza di Torino è ingiusta. Mi costituisco perché temo per la mia vita nelle carceri italiane». Poi entra in commissariato ma con sé non ha più un soldo.
Giuseppe Guastella