Carlo Marroni, Il Sole 24 Ore 24/1/2013, 24 gennaio 2013
LA CITTÀ, IL MONTE, IL LAVORO SICURO AL TRAMONTO IL CIRCOLO VIRTUOSO
LA CITTÀ, IL MONTE, IL LAVORO SICURO AL TRAMONTO IL CIRCOLO VIRTUOSO–
C’era un adagio (ormai non più così vero) secondo il quale chi vedeva la luce a Siena era un privilegiato dalla nascita. Città dalle strade sicure, scuole ben funzionanti, trasporti efficienti, università-modello, ospedale all’avanguardia, e un posto di lavoro assicurato. In banca, naturalmente. Al Monte dei Paschi. Questo era abbastanza vero fin quando Mps manteneva buona parte del funzionamento della città: banca nata dal popolo, che al popolo (con modalità non sempre esemplari) restituiva gli utili. Un modello apparentemente perfetto. Forse. Ma che di certo non esiste più.
La città è sotto choc per le ultime rivelazioni sullo stato dei conti e l’emergenza che il nuovo management deve affrontare. Le dimissioni di Giuseppe Mussari dall’Abi hanno fatto da detonatore, e siamo ormai «alla resa dei conti» come dice un politico locale in vista. Il cosiddetto scandalo dei derivati è scoppiato in piena campagna elettorale nazionale, e in vista delle elezioni comunali che si terranno in primavera. A Siena la crisi del Monte Paschi ha viaggiato in parallelo con quella del Comune, che la scorsa estate è stato commissariato dopo la spaccatura all’interno della maggioranza di centro-sinistra proprio sul Monte, e in particolare sulla nomina di Alessandro Profumo alla presidenza, voluta dall’ex sindaco Pd Franco Ceccuzzi. È lui a correre di nuovo per la carica di primo cittadino, e agita la bandiera del rinnovamento e della discontinuità, anche se gli viene rimproverata una fuga dalle responsabilità, visto che da oltre un decennio è il politico più influente della città, prima come segretario Ds e poi come deputato. Dalla nuova amministrazione comunale dipenderà anche e soprattutto il rinnovo della Fondazione, presieduta da diversi anni da Gabriello Mancini – Pd di derivazione Margherita, che era succeduto nel 2006 a Mussari – in rotta di collisione con Ceccuzzi (già Ds) che ne sollecita le dimissioni da mesi. La Fondazione vive in un limbo: ha il 34,9%, ma la sua quota (non ora) è destinata a scendere, sia per rimborsare i 350 milioni di debito residuo – contratto per pagare gli aumenti di capitale per sostenere il carissimo acquisto di Antonveneta, evento all’orgine della crisi – sia per creare risorse sufficienti da destinare agli scopi sociali. «È un momento decisivo: con le ultime vicende si recide il legame eccessivo tra Comune, Fondazione e banca, che avviene in modo doloroso, ma inevitabile», dice Roberto Barzanti, ex vice presidente del Parlamento europeo e che fu sindaco di Siena negli anni ’70. Il nodo gordiano che ha fatto saltare il tappo è stata l’ossessione di mantenere il 51% in mano publica, che ha portato la Fondazione a svenarsi per seguire i progetti di espansione, pagati a caro prezzo.
L’avvicinarsi delle elezioni sta facendo proliferare liste civiche, spesso legate a politici locali, con il denominatore comune del caso-Monte, le sue cause e le conseguenze drammatiche, sia sull’occupazione che sulla presenza della banca a Siena. Un segnale preoccupante c’è già stato: Mps ha tolto il "protettorato" alle 17 contrade, un contribuito complessivo di 255mila euro annui, cifra decisamente irrisoria viste le entità in discussione sui derivati ma essenziale per dare ossigeno ad una realtà in grado di generare un dividendo sociale che neppure i BTp acquistati nel novembre 2011 a mani basse dalla vecchia gestione può produrre. Quando Mps – ricorda un alto dirigente, in pensione – era un istituto di diritto pubblico, il governo nominava il presidente e il provveditore, di solito di area Dc, e la politica locale metteva qualche consigliere. La trasformazione in spa ha accentuato la presenza della politica, in più del tutto localistica che, d’intesa con un sindacato potentissimo, ha portato alla situazione attuale. Un retroterra decisamente poco adatto a una crescita generata da una acquisizione come Antonveneta, allora salutata da tutti come una grande operazione.
Ma cosa dice la rete Mps, quella in prima linea? Martedì ha prevalso un silenzio preoccupante. Poi ieri da Siena è partito l’input a tutta la struttura: il bubbone di cui si parla su giornali e tv è roba della passata gestione, la nuova dirigenza ne è perfettamente a conoscenza. Insomma, la banca – è il messaggio ai dipendenti, che a Siena è stato ribadito in ogni modo dentro la sede e per le vie del centro dopo la chiusura degli uffici – «non ha alcun problema di patrimonio, né tantomeno di liquidità». E un invito a tutti «a impegnarsi con la serenità e la consapevolezza di chi lavora in una banca che si trova ad operare in trasparenza e con i conti in ordine rassicurando la clientela, nostro unico vero, grande patrimonio». Ora sono in calendario due giorni di fuoco: oggi pomeriggio piomba in città Beppe Grillo, che terrà un comizio in serata a piazza del Mercato, dietro quel palazzo del Comune "azionista di riferimento" di Mps da quando esiste la Fondazione. Grillo ha comprato cinque azioni della banca e ha annunciato che andrà a parlare all’assemblea degli azionisti del giorno dopo, dove arriverà anche Oscar Giannino. Il tritacarne viaggia a pieni giri.