Rassegna, 24 gennaio 2013
Corona si arrende e si costituisce a Lisbona
• Dopo quattro giorni di latitanza e 2.300 chilometri percorsi, Fabrizio Corona si è arreso e si è costituito in un commissariato a Queluz, alle porte di Lisbona. Prima ha telefonato ai collaboratori che animano il sito socialchannel.it: «Sono arrivato adesso in Portogallo dopo quattro giorni di viaggio, mi sto consegnando spontaneamente alle autorità portoghesi». Una volta preso in custodia, avendo la possibilità di fare una telefonata, ha chiamato il tg di Italia1: «Amici di Studio Aperto, mi trovo nel carcere di Lisbona, sto bene. Sono tranquillo mi sono consegnato spontaneamente. (…) Querelo ogni persona che si permette di dire che ho pianto. Sono tranquillo, sono sereno, non ho paura e sono pronto a combattere la mia battaglia. Per favore dite da oggi in poi soltanto la verità che vi comunicherò». Il suo avvocato, Nadia Alecci, dirà poi che Corona non voleva fuggire ma temeva per la sua vita se fosse finito in un carcere italiano. [Nicastro, Cds]
• Ecco la cronaca della sua fuga fatta da Guastella sul Cds: «Tarda mattinata di venerdì: Corona esce sgattaiolando da un’uscita secondaria di una palestra e sfugge alla Polizia che lo tiene d’occhio in prima che la Cassazione gli confermi o meno 5 anni di reclusione per aver estorto 25 mila euro al calciatore juventino David Trezeguet. Sale su una Fiat 500 grigia prestata da un’inconsapevole collaboratrice della Fenice, la società che è nata dalla fallita Corona’s e che lentamente lo stava riportano alla normalità dopo lo tsunami di Vallettopoli. Uno dei suoi più fidati uomini guida alla volta di Carpi per un appuntamento in un’azienda. Lì gli crolla il mondo addosso alle 17 quando la Cassazione lo manda in carcere facendo scattare il mandato di arresto europeo. Nel ritorno verso Milano, Corona perde la testa. In tasca ha 30 mila euro in contanti, dichiarerà l’amico. Sono sufficienti per arrivare in Portogallo e chiedere aiuto alla famiglia facoltosa di un 22 enne che ha conosciuto, e aiutato, a Milano, ma non abbastanza per una lunga latitanza. I due deviano per Ventimiglia, sbagliano strada, vagano per ore, decidono di espatriare dal Col di Tenda, ma mentre la 500 arranca, una copiosa nevicata la blocca. Ci vogliono 4 ore al gelo prima che gli spazzaneve li raggiungano e liberino l’utilitaria. “Non potevo sapere che dentro ci fosse Fabrizio Corona”, dice uno dei soccorritori. A Narbonne, a metà strada tra Marsiglia e Barcellona, arrivano sabato pomeriggio. Lì si separano. L’amico torna a Milano in treno, dove arriva il giorno dopo trovando la Polizia in attesa per interrogarlo. Anche Fabrizio ci mette un giorno per raggiungere Cascais dove a 30 chilometri da Lisbona vive il rampollo dei Carvalho, importante famiglia di industriali. Gli investigatori milanesi sono già sulle sue tracce, (“gli stavano dietro da subito”, spiega il questore Luigi Savina) e l’antifurto a radiolocalizzazione della 500 conferma i sospetti: l’auto si trova nell’area di Lisbona. Due poliziotti arrivano da Milano e con i colleghi portoghesi si dirigono a Jardin da Parade dove, non lontano da Cascais, vivono i Carvalho. Per strada fermano il 22 enne su un’altra 500, lo accompagnano a casa e spiegano alla madre che stanno cercando Fabrizio Corona. Quando vanno via, un amico della famiglia, personaggio anche lui importante in Portogallo, consiglia alla donna di convincere il figlio a parlare con Corona. Nella notte il paparazzo lascia una delle case dei Carvalho nei pressi di Sintra, 15 chilometri dalla capitale, ferma la 500 grigia ad una cabina e annuncia sul suo sito in Italia che sta per costituirsi. Poi chiama da un commissariato il suo avvocato Nadia Alecci: “La sentenza di Torino è ingiusta. Mi costituisco perché temo per la mia vita nelle carceri italiane”. Poi entra in commissariato ma con sé non ha più un soldo».