Giovanni Pons, la Repubblica 24/1/2013, 24 gennaio 2013
DAL NASTRO CON L’OK DI MUSSARI A NOMURA AL DOCUMENTO NELLA CASSAFORTE DI VIGNI
Questa volta non si tratta di un conto fantasma delle Cayman, come ai tempi della Parmalat, ma di un documento segreto custodito per tre anni nella cassaforte dell’ex dg del Montepaschi Antonio Vigni. Il risultato però è molto simile, anche se diverso nelle dimensioni: un buco di bilancio da 500 milioni e oltre per la banca senese, poco se confrontato con i 14 miliardi dell’ex azienda di Calisto Tanzi. Ma sufficientemente grande da provocare un cataclisma nel sofferente sistema bancario italiano.
Il documento incriminato sembra sia stato rinvenuto da Alessandro Profumo e Fabrizio Viola solo dopo una prima visita in casa Nomura per chiedere conto di un’operazione effettuata nel 2009 dal tandem Mussari-Vigni. Era ottobre 2012 e alla banca giapponese sembra siano caduti dal pero: quell’operazione per loro era stata già definita in tutti i dettagli tre anni prima, con tanto di "conference call" allargata in cui i vertici di Londra chiedevano conferma a Mussari del fatto che revisori e cda erano stati avvisati delle due operazioni di swap che in realtà erano collegate tra di loro. Ricevute sufficienti conferme l’operazione è potuta partire e la registrazione mette Nomura al riparo da successive contestazioni, come spesso avviene in questi casi. Peccato che la seconda parte dell’operazione - lo swap sui Btp trentennali finanziato da un pronti contro termine - non è mai stata comunicata non solo al cda ma neanche ai revisori. È saltata fuori soltanto quando Profumo e Viola, con il nastro in mano, hanno setacciato la banca e trovato la cassaforte che per tre lunghi anni ha custodito la prova del misfatto.
Se tutto ciò sia veritiero o invece un modo come un altro per giustificare l’inizio di un terremoto finanziarioe politico che parte con la decapitazione di Mussari da presidente dell’Abi e prosegue oltre, lo stabiliranno solo i magistrati. L’inchiesta della procura di Siena aperta sul maxi acquisto da 9,5 miliardi dell’Antonveneta da parte di Mps adesso si arricchisce di un nuovo capitoloe bisognerà vedere dove approderà. Alcune fonti investigative sono convinte che, come per Parmalat, il "sistema" era a conoscenza delle spericolate operazioni compiute da Mps, di cui i veicoli Santorini e Alexandria sono alcuni dei tanti. Molte altre operazioni al limite sono state vagliate dagli organi di controllo della banca e poi approvate. Ma il crinale è molto sottile e passa attraverso la catalogazione dei titoli in bilancio in base ai principi contabili Ias 39. Sono i sindaci e i revisori che devono stabilire se i titoli in questione possono entrare nel "cassetto" dei Loan & Receivables ed essere portati fino alla scadenza senza subire svalutazioni, oppure se devono entrare nel "girone" degli Afs (Available for sale) e subire la procedura degli impairment test per eventuali svalutazioni che vanno a impattare sul conto economico. Poi, Consob e Bankitalia dovrebbero verificare il tutto.
Tuttavia, come per Parmalat, ieri è partita la corsa allo scaricabarile. Il presidente del collegio sindacale Tommaso Di Tanno dice che molte volte le informazioni che arrivavano al cda erano incomplete. La Kpmg sostiene di non aver mai ricevuto i documenti dello swap con Nomura, Bankitalia si dice ingannata da Montepaschi nonostante le ispezioni iniziate in epoca Draghi e la Consob ora ricorda di aver suggerito alla Vigilanza di guardare anche il portafoglio derivati del Monte. Però, per tre lunghi anni nessuno ha chiesto lumi su una perdita di oltre 200 milioni che improvvisamente viene trasferita sui bilanci di una banca giapponese, la quale non ha scritto "beneficenza" nel suo oggetto sociale.
Più realisticamente, a sentire i banchieri della piazza milanese, l’amara verità che sta emergendo è un’altra. Il "sistema" è infatti pienamente consapevole che per almeno sette anni, dal 2000 al 2007, le principali banche d’affari internazionali, Goldman Sachs, Nomura (ex Lehman Brothers), Jp Morgan e Deutsche Bank hanno venduto a banche, assicurazioni, enti pubblici e aziende italiani, prodotti strutturati ad alto rischio-rendimento che per molto tempo hanno gonfiato gli utili di bilancio. Poi nel 2008 con il fallimento della Lehman e lo scoppio della bolla finanziaria tutti questi prodotti hanno cominciato a produrre perdite difficili da mascherare. E la crisi dei debiti pubblici con l’impennata degli spread in alcuni casi ha acuito il problema anche se Bankitalia e Consob hanno contribuito a evitare terremoti sistemici.
Basti pensare al caso Fonsai-Mediobancae al portafoglio di 400 titoli strutturati nell’attivo del bilancio Unipol, molti dei quali costruiti da Jp Morgan e revisionati da Kpmg, che attualmente sono ancora al vaglio della Consob per la verifica della correttezza della loro valutazione e classificazione a bilancio. Oppure alla pulizia dei conti che Mario Greco si sta avviando a fare sui conti di Generali e che emergerà con il bilancio 2012. Oppure ancora all’opera di "smontaggio" delle attività londinesi che Viola realizzò a metà degli anni 2000 quando era ad della Popolare di Milano. Un’esperienza che oggi gli sta tornando molto utile.