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 2013  gennaio 24 Giovedì calendario

PERISCOPIO


Con Igroia c’è dejà vu: il modello arruffapopolo da terrazza romana. Dipietrismo, girotondismo, travaglismo. Grillo se li mangia tutti, perché ha pure un radicamento popolare. Non condivido mezza parola di quel che dice, ma ho gran rispetto del M5S. Andrea Romano, direttore di Italia Futura. Sette.

Scrissi che le primarie (quando tutti le osannavano) erano un figlicidio da parte di padrini che non volevano alcun rinnovamento: quei comunisti sono sempre i soliti, conformisti ma soprattutto cominternisti il cui vero godimento non è la vittoria sul nemico ma assaporare le tenere carni dei compagni riformisti: l’incesto cannibalistico inaugurato da Lenin, esaltato da Stalin e ripreso da Pol Pot, Castro e compagnia brutta. Umberto Silva, psicanalista. Il Foglio.

Con il passaggio dalla monarchia alla repubblica un corsivista della Voce repubblicana scrisse: «Oggi si chiude un periodo di sventure e se ne apre un altro». Vittorio Gorresio: I moribondi di Montecitorio. Longanesi, 1947.

La Minetti guadagna di più del segretario generale dell’Onu. Massimo Fini, Il Fatto quotidiano.

Gli italiani faticano a definirsi conservatori, anche se talora lo sono, soprattutto a sinistra. Aldo Cazzullo. Sette.

A distanza di tre lustri, vengo ancora assalito da un senso di smarrimento se ripenso alla prima volta che entrai da Mandara, una bottega di gastronomia a pochi passi dal mio giornale, per acquistarvi le mozzarelle di bufala. Erano le 13,30. Al centro del negozio, incuranti di chi vi faceva la spesa, decine di impiegati, ammassati l’uno agli altri mangiavano in piedi come i cavalli del mio nonno Tano, reggendo fra le mani un piatto di plastica riempito con cubetti di mozzarella e pomodoro. Alcuni tenevano la ventiquattrore serrata fra le ginocchia: lo sbigottimento aumentò quanto appresi che questi infelici, una volta ingurgitata la caprese, dovevano trasferirsi in massa al bar all’angolo per sorbirvi un bicchiere di minerale, non avendo Madara la licenza per la somministrazione delle bevande. Stefano Lorenzetto: Cuor di veneto. Marsilio.

A tavola sono vegetariano; a letto, carnivoro. Roberto Gervaso. Il Messaggero.

Eserciti in fuga, stendardi nella polvere... E le sfilate dei vincitori sotto i balconi, con pifferi, trombe, tamburi. Tutto da ridere fino alla lacrime. Se non fosse per le madri. Gesualdo Bufalino: Bluff di parole. Bompiani.

Ricordo un edicolante veneto che una domenica portò un quotidiano, in prova, a un coldiretto e la domenica successiva ritentò il colpo, ma si sentì rispondere: «Eh, can da l’ostrega, ne te credarè miga che compra el giornal tute le domeniche!». Cesare Marchi: Non siamo più povera gente. Rizzoli

La banda si schierava davanti all’osteria della piazza ed eseguiva un pezzo d’obbligo: un valzer infernale intitolato L’usignolo. La banda al completo, meno il clarino che era dislocato, se il parroco lo permetteva, sul campanile oppure a una finestra della casa più alta della piazza. In modo che, quando la banda arrivava a un certo punto dell’ esecuzione, il clarino interveniva dall’alto con un assolo formidabile con miliardi di semibiscrome, una cascata di trilli da far morire di invidia un usignolo. Beppe Gualazzini: Guareschi. Editoriale Nuova.

«Mi faccia vedere il registro, maestro Mombello», disse il direttore. Sfogliò il registro e si portò le mani nei capelli. «Signor maestro stia attento alle anellate! La elle deve toccare la riga superiore; la effe deve toccare quella superiore e quella inferiore; la di invece è l’unica anellata che non deve toccare la riga superiore ma deve fermarsi poco sotto, alla stessa altezza della t... Ah! Non c’è un’anellata che sia ben anellata, signor maestro! Veda qui: la bi è più alta della elle, la gi più bassa delle effe. Ma, signor maestro, il registro è un documento ufficiale!». Lucio Mastronardi: Il maestro di Vigevano. Einaudi, 1962

Una volta Gianfranco Vissani, per evitare una tavola con tredici commensali, fece sedere tra gli invitati un cameriere. Giorgio Dell’Arti. Sette.