Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Agenzia di ieri pomeriggio: «Gli italiani incassano ogni anno uno stipendio che è tra i più bassi tra i Paesi Ocse. Con un salario netto di 21.374 dollari, l’Italia si colloca al 23˚ posto della classifica dei 30 Paesi dell’organizzazione di Parigi. Buste paga più pesanti non solo in Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania, Francia, ma anche in Grecia e Spagna. quanto risulta dal rapporto Ocse sulla tassazione dei salari, aggiornato al 2008 e appena pubblicato».
• L’Ocse sarebbe?
Un’organizzazione nata dopo la guerra tra i Paesi destinatari degli aiuti americani (piano Marshall). La sigla significa «Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico ». All’inizio erano 16 nazioni, poi sono diventate 30. Oggi è soprattutto un ufficio studi, che ci manda ogni anno dossier comparativi sulle materie più disparate. Noi siamo costretti a occuparcene almeno due volte l’anno, quando manda lo studio comparativo sui sistemi d’istruzione e quando fa la classifica degli stipendi netti. Ogni volta si tratta di volumi da 500 pagine, dai quali risultiamo sempre tra gli ultimi.
• Lo dice come se non credesse ai dati.
Mi fa ridere l’eccitazione che i comunicati Ocse provocano, come se ogni volta scoprissimo l’America. Per esempio, il rapporto sugli stipendi di quest’anno è assolutamente identico a quello dell’anno scorso: eravamo ventitreesimi su 30 l’anno scorso, siamo ventitreesimi su 30 quest’anno. Allora come adesso, Grecia e Spagna ci sopravanzavano e ci sopravanzano. Le ragioni per cui siamo in fondo alla classifica quest’anno sono le stesse dell’anno scorso: tasse e contributi gravano in modo esagerato sulla busta paga, per una percentuale di circa il 46% della retribuzione lorda. Questo insieme di tasse e contributi prende il nome misterioso di cuneo fiscale. Prodi aveva diminuito di cinque punti questo cuneo fiscale o almeno così diceva. Se si fa la classifica del cuneo fiscale, eravamo e siamo sesti, cioè trattandosi di roba negativa balziamo subito ai primi posti. Avrà capito che queste classifiche mi hanno stancato e ancora di più mi ha stancato il clamore che provocano tra noi giornalisti smemorati.
• Ma il problema esiste o no?
Il problema esiste e il cuneo fiscale è in un certo senso un’astrazione. La voce cuneo fiscale su Wikipedia (a proposito: sarebbe il caso di aggiornare la voce, è sempre uguale da più di un anno) ha un passaggio importante: «Un confronto puramente quantitativo tra misure del cuneo fiscale di differenti Paesi o periodi ha poco significato se non è accompagnato da un’analisi qualitativa dei risultati ottenuti con la spesa pubblica finanziata dal gettito fiscale del cuneo stesso. Non esiste una quantità ideale di cuneo fiscale; il cuneo fiscale presente in ciascun Paese è dovuto allo schema impositivo in vigore in quel Paese, che a sua volta dipende da una serie di accadimenti politici e storici ».
• Non ho capito quasi niente.
E’ scritto male, lo so, ma significa questo: se i soldi pubblici sono spesi bene, danno servizi e assistenza, strade e altre infrastrutture, beh alla fine un cuneo fiscale alto non è così terribile. Gli americani guadagnano più di noi, ma devono stornare una parte del reddito per pensioni e sanità, a cui lo Stato provvede poco. Le considerazioni sul cuneo fiscale lasciano il tempo che trovano se non si spiega come il cuneo fiscale viene speso. Quindi anche il dato secco relativo allo stipendio, seppure al netto e tenendo conto del potere d’acquisto, dice e non dice. Potrei per esempio obiettare che l’anno scorso la valutazione Ocse ci accreditava di un salario medio netto riferito a un lavoratore single di 19.861 dollari. Quest’anno il salario netto risulta di 21.374. Si tratta di un aumento di quasi l’8 per cento. Mica male, con l’inflazione sotto al 2. Invece un lavoratore Ocse guadagna quest’anno in media 25 mila dollari, mentre l’anno scorso stava a 24.660. Appena l’1 per cento in più. Saremmo andati meglio noi.
• Dovremmo esser contenti?
No, ma almeno renderci conto che questi dati non sono per niente convincenti. Che gli italiani guadagnino poco è vero, che il sistema fiscale sia oppressivo e che Tremonti non l’abbia affatto alleggerito è pure vero. D’altra parte si deve ammettere che la tendenza a tener bassi i salari, soprattutto rispetto alla vetta dei compensi, è mondiale. «Si stima che la disuguaglianza di reddito tra il 20% più benestante e il 20% più povero della popolazione mondiale sia di 90:1». Non lo dico io, lo scrive Luciano Gallino nel suo ultimo, magnifico libro ( Con i soldi degli altri, Einaudi). I dati di Gallino, terribili, quelli sì sono veri. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 18/5/2009]
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