Elvira Serra, Corriere della sera 18/5/2009, 18 maggio 2009
CONCIA: MI SPOSAI IN CHIESA POI LA SCELTA GAY
«Il rimpianto? Non averlo detto a mia madre prima che morisse, nel ”92. Ma lei sapeva, le mamme lo capiscono. Ricordo che si stupì più del mio matrimonio, che della separazione. A mio padre l’ho detto qualche anno dopo, non volevo che lo leggesse sui giornali».
L’indipendenza non è stata una conquista facile. Anche per una nata il 4 luglio. Perché la deputata pd Anna Paola Concia è l’unica parlamentare omosessuale dichiarata. E se mercoledì ha incontrato Gianfranco Fini alla Camera per presentare una mozione contro l’omofobia, e se si sta battendo tra i quarantenni del suo partito per la tutela dei diritti civili, a tutto questo è arrivata seguendo un percorso a ostacoli, un matrimonio e otto anni di analisi freudiana.
Onorevole, quando ha capito di essere omosessuale?
«Quando mi sono innamorata, come succede a tutti. Avevo 17 anni e lei era una mia amica fin da bambine. Vacanze insieme, pomeriggi a casa dell’una o dell’altra. Bellissimo e doloroso. Parliamo di trent’anni fa e di Avezzano, la mia città, non proprio modernissima».
Con chi si è confidata?
«Con nessuno. La vergogna era forte. Una sera un amico di famiglia mi prese da parte e mi parlò, ci aveva viste: mi fece sentire brutta, sporca e cattiva. Ebbi paura di me stessa e da quel momento cercai di soffocare i miei sentimenti».
Nell’86 si è sposata.
«Il 7 dicembre, in Chiesa. Mio padre e mia madre erano dirigenti dell’Azione cattolica. Lui l’avevo conosciuto all’Aquila, dopo l’Isef. Un medico: solido, sensibile, perbene. L’unico uomo della mia vita».
Dopo quattro anni vi siete separati.
«Non potevo più vivere scissa. E non solo perché ero attratta dalle altre donne e ne soffrivo. Non riuscivo più a dormire da sola mentre lui faceva la guardia medica, temevo che qualcuno entrasse in casa. Separarci è stato inevitabile. Adesso lui ha un figlio, vive ancora all’Aquila. La notte del terremoto l’ho chiamato immediatamente».
Quando è andata a Roma?
«Mi sono trasferita lì dopo la morte di mia madre. La mia compagna di allora, Angela Putino, frequentava il centro culturale Virginia Woolf: c’erano anche Franca Chiaromonte e Alessandra Bocchetti. In quell’ambiente mi sentii sostenuta».
L’outing in pubblico?
«Nel 2000. Con i Ds mi battevo per i diritti civili, non volevo più nascondermi. Ma mi hanno aiutato molto otto anni di analisi freudiana».
Ha mai desiderato la maternità?
«No, mai. E per fortuna sono d’accordo con la mia compagna, la criminologa tedesca Ricarda Trautmann».
Ce lo vede un leader gay nel Pd?
«L’Italia non è pronta. Qui da noi bisogna ancora fare una battaglia per la normalità. Ma sono orgogliosa dell’incontro con Fini: un anno fa gli regalai la medaglia d’oro vinta alle Olimpiadi omosessuali di Barcellona. Gli dissi: me la ridarà quando il Parlamento approverà la prima legge che tutela i diritti dei gay. Speriamo presto ».