Gianni Trovati, ཿIl Sole-24 Ore 18/5/2009;, 18 maggio 2009
NELLE ELEZIONI LOCALI PARTE LA CORSA, IN PALIO 91.000 POSTI
Lo slancio democratico non conosce crisi. Anche negli enti locali più criticati riguardo all’effettiva utilità, le Province, e anche dove il loro futuro è più incerto, nei territori delle (future) città metropolitane che potrebbero prenderne il posto.
Basta guardare a Napoli, dove la corsa per sostituire alla presidenza il verde Dino Di Palma (che a giugno proverà a volare a Strasburgo con Sinistra e Libertà) si è trasformata in una maratona con 16 candidati alla presidenza, 36 liste e 1.600 persone a contendersi i 45 posti in consiglio. Dietro a Luigi Cesaro, parlamentare del Pdl, e a Luigi Nicolais, ministro della Funzione pubblica nell’ultimo Governo Prodi, si incontrano, tra gli altri, cinque partiti comunisti, la Lega Sud, la lista per l’«insorgenza civile», quella dei «preservativi gratis» e il partito degli «impotenti» (segmentazione della rappresentanza).
Ma Napoli non è un caso: il primato di affollamento della scheda per le provinciali nel 2004 è andato a Torino. Dove ci tengono a conservarlo e per non correre rischi migliorano addirittura la «performance» rispetto all’altra volta: a contendere la poltrona ad Antonio Saitta ( centrosinistra) sono in 16 (una sola donna), appoggiati da 38 liste (erano 34 cinque anni fa) che mettono in campo 1.627 aspiranti a un posto in consiglio. Anche qui, tra «Partecipazione, progresso e azione », l’«Arca azzurra» e la lista «Per il divieto di licenziare», la creatività si fa sentire (non la pensano così i sostenitori di Beppe Grillo riuniti nella «Lista civica », che se la sono presa con la «Lista del Grillo» che prova a sfruttare il nome del comicoindignato).
Nelle città maggiori, a moltiplicare i numeri delle elezioni ci sono anche i consigli di quartiere: la Finanziaria 2008 ne permette la sopravvivenza solo nei centri con più di 100mila abitanti e ne porta quindi al rinnovo 107, con 1.926 poltrone in palio: a Firenze ce ne sono cinque, con 115 posti in tutto, ma a contenderseli ci sono 45 candidati presidente e 70 liste che possono contenere fino a 23 nomi ciascuna. Con i 793 (divisi in 21 liste) che provano a entrare a Palazzo Vecchio, le persone in lista volano sopra la quota- record di 2.400. Numeri ancora più importanti si incontrano a Bologna (23 liste e 9 quartieri). Insomma, mentre prova a entrare nel vivo la competizione per Strasburgo, che fra veline e candidati- bandiera finora ha dimenticato ( come di prammatica) i temi europei, sul territorio la partecipazione sembra preferire le competizioni locali. Che promettono importanti ripercussioni nazionali, perché il turno «nobile » delle amministrative muove numeri di tutto rispetto: vanno al rinnovo 63 Province (59% del totale) e 4.339 Comuni (il 54%; il calcolo tiene conto anche della Provincia dell’Aquila e degli otto Comuni trentini, dove si voterà in autunno): saranno quasi 30 milioni gli elettori, per rinnovare 91.368 posti da amministratore (compresi gli assessori, spesso scelti tra i consiglieri).
Con una stima (prudenziale) basata sulla media dei candidati che si incontra in ogni fascia di enti, si può calcolare che oltre 400mila persone si siano candidate a una poltrona o a una seggiola locale, ma nella realtà il numero totale può viaggiare verso il mezzo milione. Con buone
chance statistiche: circa cinque candidati per ogni posto in palio, perché nei Comuni più piccoli il numero di aspiranti scende e spesso si riduce a una lista unica, che dalle urne attende solo la proclamazione.
Dal voto locale si attende anche di leggere la nuova geografia amministrativa dei prossimi anni. Negli enti più grandi, il centrosinistra spera di salvare il salvabile di un dominio nato sull’onda dei successi del 2004, e che lo vede guidare il 78% delle amministrazioni uscenti nelle Province e il 71% nei Comuni sopra i 30mila abitanti. Risultati nati quando Ds e Margherita erano molto sopra il 30%, Rifondazione e Comunisti italiani appoggiavano puntualmente le giunte di centrosinistra portando in dote l’8,5% a livello nazionale, mentre la Lega non superava il 5%, cioè la metà dei voti di cui è accreditata nei sondaggi di oggi, e An e Forza Italia ottenevano poco meno del 33% (l’ultimo sondaggio Ipsos per Il Sole-24 Ore accredita il Pdl del 40%). Più difficile, invece, prevedere smottamenti significativi nella geografia di genere, che relega le donne a un ruolo da riserva indiana: nelle amministrazioni uscenti ci sono solo 405 sindaci donna (meno di uno su dieci) e tre presidenti di Provincia su 63.