Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ieri ho messo in una sola scheda del mio archivio il discorso di Monti alla Camera sulle dimissioni del ministro Terzi, il caso del governatore siciliano Crocetta che ha licenziato Battiato e Zichichi, e la vicenda dei duri e puri cinquestelle, in particolare quella relativa al capogruppo di Palazzo Madama, Vito Crimi, che ha dovuto anche ieri rilasciare due dichiarazioni invece di una per farci capire che cosa voleva. Titolo della scheda che riunisce i tre fatti: “Il dilettantismo al potere”. Intendiamoci: se i dilettanti sono saliti al potere, la colpa è di quelli che c’erano prima, talmente professionisti da aver perso la faccia.
• Comincerei con Crimi.
Crimi, dopo l’incontro dei grillini con Bersani in cui gli hanno ripetuto che voteranno “no” al governo, ha rilasciato questa dichiarazione: «Se Napolitano fa un altro nome è tutta un’altra storia». Che cosa capisce lei? Che il “no” non è più riservato a qualunque esecutivo formato dai partiti, come ci ha spiegato fino al rimbambimento Grillo («i partiti sono tutti uguali» eccetera, frase che ieri si è evoluta in «i leader di partito sono tutti padri puttanieri»), ma è riservato a Bersani, perché «con un altro nome…». È dunque arrivata poco dopo la precisazione su Facebook: se Napolitano, non assegnando l’incarico, dovesse ricominciare il giro delle consultazioni «il Movimento 5 Stelle si assumerà la sua responsabilità politica» eccetera, cioè «l’altro nome» - si capisce finalmente – deve essere quello di Grillo o di un grillino. Crimi è quello che dopo aver sfottuto Napolitano dicendo di averlo tenuto sveglio s’è addormentato in aula. Infila uno strafalcione dietro l’altro. La sua collega della Camera, Roberta Lombardi, ha detto a Bersani «le parti sociali siamo noi», chiaramente non sa che cosa si intende per «parti sociali». Come tutti i nuovi arrivati, o nuovi ripuliti, questi qui esibiscono anche una notevole spocchia e arroganza. Grillo fa benissimo a non permettere che vadano in giro da soli. Sono un caso di coincidenza quasi perfetta tra analfabetismo e dilettantismo. Non è infatti detto che gli analfabeti siano per forza dilettanti, e neanche che i dilettanti siano per forza analfabeti.
• No?
No, per esempio nella storia dei marò abbiamo a che fare con gente laureatissima, e qualche volta anche con una lunga esperienza politica, ma dilettantesca fino al ridicolo. Il ministro della Difesa La Russa permette a una squadra di marò incaricati di rintuzzare i pirati di salire a bordo di navi mercantili, stabilisce un prezzo, ma non concorda con gli armatori il principio, ovvio, che per tutte le operazioni non strettamente commerciali il comando deve essere assunto dai militari. Ne viene che il comandante civile casca nella trappola e fa entrare la Enrico Lexie in porto. Il nostro governo tiene poi un atteggiamento incomprensibilmente molle nei confronti degli indiani e sulla faccenda stipula con loro accordi piuttosto umilianti per noi. In ogni caso, una prima volta mantiene la parola (i marò, rientrati, vengono alla scadenza rispediti in India). Poi improvvisamente la rompe, dichiarando, nel mezzo di un secondo soggiorno di quei due poveracci, di volerli trattenere in patria. «Solleveremo un contenzioso internazionale!». Ma perché dopo un anno? E perché l’altra volta sono stati rimandati nel Kerala? Peggio ancora: passano un paio di giorni, e i nostri ci ripensano: Girone e Latorre si riconsegnino! Che cosa ha determinato il voltafaccia? Mistero. Si balbetta di garanzie sulla sentenza, che non sarà capitale. Poi Terzi va in Parlamento, pronuncia un discorso e alla fine di questo discorso fa capire che non ce la fa più e si dimette, pubblicamente e senza aver prima avvertito il suo governo. Monti, a sua volta, si presenta in Parlamento ieri per spiegare a deputati e senatori che diavolo sta succedendo e invece di sfumare su Terzi, lo attacca dicendo che ha secondi fini! Altro che dilettanti, siamo di fronte a condotte bambinesche. Monti aggiunge anche di non vedere l’ora di essere sollevato dall’incarico! Ma un politico non può trasformarsi in un caso umano. La tentazione di rimpiangere Andreotti – qualunque cosa si pensi, un professionista assoluto in queste cose – è davvero forte.
• Veniamo a Crocetta, il governatore della Sicilia.
Un’orgia di dilettantismo. Intanto l’idea di nominare assessori un cantante e uno scienziato… Operazioni di immagine, studiate per far fesso, con un po’ di coriandoli dorati, il popolo bue. Non era difficile capire come sarebbe andata a finire. Non abbiamo dettagli sufficientemente esaurienti sul licenziamento di Zichichi, ma Battiato ha cominciato dichiarando che avrebbe fatto il suo lavoro a metà, o per modo di dire, e che comunque aveva altro a cui pensare. Crocetta, niente. Poi, al Parlamento europeo, l’artista Battiato crede di poter apostrofare le donne che siedono alla Camera e al Senato come «queste troie che si trovano qui in Parlamento è inaccettabile, inaccettabile, dovrebbero aprire un casino». È la libertà dell’artista? Ma quando hai accettato di fare l’assessore hai rinunciato alla tua libertà d’artista. Quando hai accettato di fare l’assessore, cioè di metterti a far politica, hai implicitamente promesso di stare attento a come parli, di sapere quello che devi dire, come lo devi dire e perché.
• Le parole sono così importanti?
La guerra franco-prussiana, nel 1870, quella che fece poi nascere la Germania, scoppiò per una frase abilmente manipolata da Bismarck. Politici e preti devono saper parlare. Il Logos (cioè il Verbo, cioè la Parola) è a fondamento del Vangelo.
• Un politico non può essere sincero?
Un politico deve sapere quello che fa e a che fine lo fa. Non ha visto il film Lincoln? Lì si vede all’opera quel grande presidente: aveva bisogno di voti per far passare la legge che aboliva la schiavitù e non esitò, per ottenerli, a corrompere una cinquantina di deputati. Pensa che le riunioni con costoro si siano svolte in streaming?
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