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 2013  marzo 28 Giovedì calendario

TOTTI, IL BELLO DEI VENT’ANNI. IL SOGNO? UN ALTRO SCUDETTO —

TOTTI, IL BELLO DEI VENT’ANNI. IL SOGNO? UN ALTRO SCUDETTO — Racconta la leggenda che quel 28 marzo 1993, vent’anni fa esatti, Francesco Totti non capì immediatamente che toccava a lui, sedicenne che si sdoppiava tra Allievi e Primavera. Un po’ perché lo zio Vujadin Boskov parlava a modo suo, un po’ perché a Brescia-Roma mancavano pochi minuti ma in panchina c’era Roberto Muzzi, che era più grande e con esperienza di serie A. Invece, al posto di Ruggiero Rizzitelli, quei minuti toccarono proprio a lui. Mihajlovic si vanta ancor oggi di aver suggerito a Boskov di fare debuttare il «ragazzino».
Sono passate 527 gare di serie A e sono arrivati 226 gol, tutti con la maglia della Roma. Francesco Totti è diventato campione d’Italia (2001), campione del mondo (2006), papà di Cristian e Chanel, ottavo re di Roma, testimonial dell’Unicef, azienda di medie dimensioni come fatturato e soprattutto fonte infinita di soddisfazioni per i tifosi giallorossi. Una cosa non è diventato, per sua fortuna: non è diventato il campione di tutti. Un «sano» odio — sano per lui e la sua carriera — lo accompagna ancora negli stadi che non siano l’Olimpico, dove è sempre il più fischiato e il più insultato. Non è amato, è temuto. Molto meglio. Infinitamente meglio. Certo, gli vogliono bene in tanti e non tutti romanisti. Ieri ha ricevuto gli auguri da Fiorello — «Vent’anni e non sentirli! Auguri alla bandiera della Roma. Dajeeee capitano, altri venti! Con stima l’interista Fiorello» — e dal compagno di tante battaglie in azzurro Gigi Buffon, infilzato 10 volte in campionato con le maglie di Parma e Juve ma capace di parargli un rigore decisivo nel Roma-Juve dell’anno scorso: «Hai scritto la storia del calcio, col presente e col futuro prossimo: un giocatore che non si può discutere. E per me sarai sempre un azzurro». Gli ha voluto bene Marcello Lippi, che lo aspettò per il Mondiale 2006 dopo il terribile infortunio del 19 febbraio di quell’anno in Roma-Empoli. Il c.t. della nazionale fu tra i primi ad andare a trovare Totti a Villa Stuart e lo rincuorò: ce l’avrebbe fatta a recuperare e giocare il Mondiale tedesco. Così è stato. E oggi sono particolarmente importanti le parole spese da Richard Vanigli, il giocatore che procurò la doppia frattura a Totti: «Avrei potuto rovinare la sua carriera ma soprattutto lui avrebbe potuto distruggere la mia. Avrebbe potuto darmi del macellaio e invece ha capito che non era mia intenzione fargli tanto male. Vederlo tornate a giocare, per me, è stato come rinascere».
Totti non è un santo. È anche quello del calcione nel sedere a Balotelli nella finale di Coppa Italia o dello sputo a Poulsen nell’Europeo in Portogallo, ma nessun errore può inquinare la sua natura di uomo buono. Non ha fermato il tempo, semmai lo ha costretto ad andare un po’ più lento per permettergli di continuare a sognare: un altro scudetto con la Roma, il Mondiale in Brasile, il record di gol di Silvio Piola a quota 274.
Ci sono stati giocatori più forti di Francesco Totti, anche se pochissimi. Non ce n’è stato nessuno — almeno nel calcio moderno — che a 36 anni fosse ancora così decisivo. Lo hanno accusato di non aver avuto il coraggio di lasciare Roma, senza capire che è stato quello l’elisir della sua giovinezza. E chi lo critica dovrebbe pensare che soltanto un professionista integerrimo può giocare 21 stagioni in serie A con una continuità di rendimento spaventosa: in 11 degli ultimi 12 campionati, compreso quello in corso, è andato in doppia cifra con i gol. Il suo contratto con la Roma scadrà nel 2014. L’idea migliore sarebbe fargli un «vitalizio»: giochi fin quando vuole, poi farà un’altra cosa. E farà bene pure quella.
Luca Valdiserri