Giuseppe Galasso, Corriere della Sera 28/03/2013, 28 marzo 2013
RICCARDO III E QUELL’APPELLO AI DIRITTI UMANI 500 ANNI DOPO
Su Riccardo III perdurano certo le tante maledizioni che violenze e frodi sicuramente gli procurarono fra amici, nemici e congiunti. Essendosi ritrovate (morì nel 1485) le ossa sotto un parcheggio di Leicester, si è deciso che, dopo gli opportuni studi previsti, quei resti siano di nuovo interrati entro il 31 agosto 2014 in un luogo conveniente sempre a Leicester. Senonché, la Plantagenet Alliance, di cui sono soci quindici parenti di quel re, rifiuta questo luogo sepolcrale e si appella alla Convenzione europea sui diritti dell’uomo. A sua volta, migliaia di yorkists, nostalgici della dinastia di cui Riccardo III fu l’ultimo esponente, chiedono che il reinterramento avvenga nel Nord del Paese in cui egli visse la sua infanzia e adolescenza.
Un episodio dalle tinte un po’ folcloristiche. In Italia siamo bene esperti di nostalgici di vecchie dinastie che hanno regnato nella penisola, e di simili rivendicazioni. Un punto è, però, qui di grande interesse, e cioè l’invocazione dei diritti dell’uomo sanciti oggi per rivendicare un titolo a decidere di una questione che riguarda eventi e persone di tanto tempo fa.
I giuristi si potranno molto divertire e, anche, credo, sbizzarrire nel trattare la questione da un punto di vista tecnico-giuridico. Sentiremo. Sul piano storico-politico il problema suscita, comunque, spunti di riflessione che possono forse interessare anche i giuristi.
È vero, infatti, che i diritti dell’uomo sono imprescrittibili. Questo irrinunciabile principio può valere, però, anche dopo centinaia di anni per una questione che sembra posta soprattutto sul piano dei diritti di famiglia più che dei diritti dell’uomo? Questi diritti sembrano postulare una forte dose di contemporaneità, e un forte, anche se non esclusivo, carattere individuale. Anche prescindendo da ciò, cinquecento anni non sono un po’ troppo per rivendicare qualcosa in nome di diritti così caratterizzati dalla loro odierna attualità? Se si fossero ritrovate le ossa di qualche imperatore bizantino dei Comneni e dei Paleologi, il nostro indimenticabile Totò, che si vantava loro discendente, avrebbe potuto rivendicare un suo diritto a seppellirli?
Infine, un ultimo punto. Se si ritrovano scheletri di sovrani, principi o grandi personaggi di tempi andati, la sorte di questi resti può essere considerata di puro diritto privato, o c’è un superiore interesse pubblico a una loro destinazione, anche non monumentale, in nome della memoria e dell’identità di un Paese?
Forse, alla Platagenet Alliance e agli yorkists si può suggerire di pretendere, più che problematici diritti, proprio una sistemazione monumentale dei resti di un re, che anche in Shakespeare non si fa molto amare.
Giuseppe Galasso