Marco de Martino, Il Messaggero 28/3/2013, 28 marzo 2013
MAGIE DA NUMERI PRIMI
Lo chiamano «money», soldi. Forse perché veleggia verso il suo primo miliardo in banca e l’altro giorno ha firmato il contratto del secolo con la sua penna tempestata di diamanti. Floyd Mayweather jr è il pugile più forte e più ricco del mondo e ancora di più lo diventerà adesso che ha mollato la HBO television per sdoppiarsi tra il colosso Showtime e il network CBS: 6 match da allestire nei prossimi due anni e mezzo con due milioni di abbonati solo sulla pay per view, più Las Vegas tutto pieno, più gli sponsor sbavanti e adoranti, più l’organizzazione. E già, perché «baby face» non è solo un pugile che spara pugni sulla faccia degli altri, ma piuttosto una slot-machine che fa scorrere denaro, la sua società mette in piedi il match, prenota gli alberghi, paga addirittura la borsa al rivale, pensa ai biglietti, sceglie le hostess che sculettano mostrando i cartelloni dei round, gestisce il merchandising, scalda gli hot-dog e riempie persino i sacchetti di pop-corn. Poi, alla fine, quando tutto è pronto, Floyd sale sul ring, fa bum bum e mette a nanna l’altro. Ultimamente non è andata benissimo ma è stata colpa di tutti quei guai, prima il match farsa contro Victor Ortiz, poi la querela di Pacquiao, infine i tre mesi di gattabuia nel Clark detention center di Las Vegas per aver preso a calci l’ex compagna Josie Harris dentro la sua Bentley (pena aggravata perché erano presenti i due figlioletti).
FISICO DA HULK
Mille addominali al giorno anche durante il periodo della prigione, un fisico che sembra scolpito da Dio, il più grande talento difensivo mai apparso su un ring, e così a 36 anni Floyd Mayweather è ancora imbattuto, 43 incontri, 43 vittorie e 26 per ko, per questo lo chiamano «pretty boy» o «baby face», bel ragazzo e bel visino, perché nessuno è mai riuscito a lasciare segni pesanti su quella faccia da schiaffi. Dieci titoli mondiali conquistati in cinque categorie differenti dai superpiuma ai superwelter, velocità e scelta di tempo, soprattutto la scalata sociale dal ghetto più nero del Michigan alla gloria della boxe. Dalla sua biografia: «C’è differenza tra avere talento e avere un dono di Dio, io sono semplicemente il migliore. Non ho niente contro i grandi del passato, ma io sono il re. La boxe è facile, la vita è molto più dura. Mia madre beveva, fumava ed era una tossicodipendente, mio padre era uno spacciatore, e questo è il mio background. Eppure sono diventato il più bravo di tutti e lo sportivo più ricco».
QUEL GANCIO SINISTRO
Altri prodigi? Un incontrista da urlo, il gancio sinistro d’anticipo in uscita che fa male e poi il diretto destro d’incontro a chiudere i match. Così Mayweather ha messo giù dieci anni di almanacchi, da Hatton a De la Hoya, da Marquez a Mosley, da Ortiz a Cotto, anche se baby face combatte con il contagocce, un match l’anno da 60-80 mila dollari a botta, il resto sono solo show, comparsate, donne, aerei, yacht, risse fuori dal ring, una villa da duemila metri quadrati, venti fuoriserie, trecento paia di scarpe e il vezzo di accendersi i sigari con i biglietti da cento dollari. Da oggi il nuovo contratto lo costringerà a un radicale cambiamento di vita, anche se probabilmente resterà una chimera il match del secolo contro Manny Pacquiao, sempre evitato con ogni mezzo.
Intanto sabato 4 maggio, e dopo un anno di assenza, grazie al nuovo contratto Mayweather torna sul ring di Las Vegas contro Robert Joseph Guerrero detto «ghost», fantasma, un mezzo americano-messicano di 30 anni chiamato così perché è talmente rapido e veloce di braccia e di gambe che nessuno è mai riuscito a veder partire i suoi colpi. Popcorn compresi, Mayweather metterà via altri 70 milioni. Gli servirà un deposito come zio Paperone, presto o tardi.