Francesca Basso, Corriere della Sera 28/03/2013, 28 marzo 2013
L’ILVA ADESSO CHIAMA BONDI. DALLA SPENDING REVIEW ALL’ACCIAIO —
Adesso è ufficiale. Il futuro dell’Ilva di Taranto è nelle mani di Enrico Bondi, il risanatore di Parmalat (per citare solo l’ultimo dei suoi interventi). Sarà nominato amministratore delegato dall’assemblea dei soci di aprile. Per la prima volta la guida operativa del gruppo siderurgico viene assunta da un manager esterno alla famiglia Riva.
«Un professionista esterno di larga fama che si è occupato di ristrutturazioni di tantissime aziende importanti»: così ieri il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, ha spiegato chi è Bondi ai lavoratori di Taranto in un incontro per lo scambio degli auguri di Pasqua. Ferrante ha precisato che Bondi ha già un contratto di consulenza che gli sta consentendo «di entrare nei meccanismi aziendali e di entrare come amministratore dopo l’approvazione del bilancio, che avverrà nella metà del mese di aprile». Il manager si trova ad affrontare una situazione estremamente delicata non solo per le condizioni dell’Ilva ma per il mercato dell’acciaio in generale. Il 14 marzo scorso il gruppo ha scongiurato l’utilizzo della cassa integrazione straordinaria e la dichiarazione di esuberi, utilizzando il ricorso ai contratti di solidarietà su base annua con verifica semestrale. Mentre sono tutti in negativo i numeri del settore siderurgico: -5,3% la produzione interna, -23,2% il consumo, -4,7% la produzione europea e a livello globale nel 2013 è attesa una sovraproduzione di 500 milioni di tonnellate.
«Abbiamo ragionato — ha spiegato Ferrante agli operai — a nuovi assetti organizzativi della società, è una riflessione ancora importante, direi epocale per gli azionisti». L’intenzione è di rinnovare l’intero consiglio di amministrazione con l’ingresso di professionalità esterne. «Riva Fire possiede l’87 per cento delle azioni di Ilva — ha proseguito Ferrante — e questo processo organizzativo ha l’obiettivo di rendere Ilva assolutamente indipendente e autonoma rispetto a Riva Fire». «Dovrà restare Ilva — ha aggiunto l’ex prefetto — con la sua capacità rappresentata da voi, capacità di fare impresa e lavoro, capacità di sostenere gli investimenti». Ferrante è determinato: «Nonostante tutte le tempeste, noi non abbiamo chinato la testa, abbiamo sempre guardato avanti, convinti che c’è un futuro e che l’Ilva è un bene prezioso dell’intero Paese».
Enrico Bondi, 78 anni, ex supercommissario alla «spending review» del governo Monti (incarico lasciato agli inizi di gennaio dopo aver accettato di aiutare il premier a individuare i candidati per Scelta Civica), ha già esperienza nel mondo dell’acciaio. Nel 2003 ristrutturò il gruppo Lucchini in crisi. Il suo nome, però, è legato in modo particolare alla Parmalat, che ha salvato dal crac provocato da Calisto Tanzi. Nel 2004 ne è diventato amministratore straordinario. È riuscito a rimetterne in ordine i conti e quando ha terminato il proprio compito ha lasciato una società con 282 milioni di utili nel 2010 e un fatturato da oltre 4 miliardi. Ora per Bondi comincia la nuova partita dell’acciaio. Il presidente Ferrante ha detto agli operai che Pasqua segna «momenti di pace» ma che l’Ilva ha vissuto e vive anche «momenti intensi e di turbolenza. È un momento delicato in cui si delinea il futuro dell’azienda e della società nel suo complesso», ha poi aggiunto riferendosi all’attuazione dell’Autorizzazione integrata ambientale, all’approvazione del bilancio.
Francesca Basso