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 2013  marzo 28 Giovedì calendario

QUALI SONO I QUADRI PIU’ PAGATI AL MONDO?

Il finanziere americano Steven Cohen ha comprato «Il sogno» di Picasso dal magnate dei casinò di Las Vegas e Macao, Steve Wynn, per 155 milioni di dollari. Mai un collezionista Usa aveva pagato tanto per un quadro. Com’è avvenuta la vendita di questa tela?

Cohen e Wynn erano andati vicino all’accordo sei anni fa per 139 milioni di dollari, ma l’affare era sfumato dopo che il primo aveva danneggiato accidentalmente la tela con un gomito. Restaurato il dipinto, la trattativa è ripresa. Il sogno è una piccola tela dipinta dall’allora cinquantenne Picasso in un sol giorno di gennaio del 1932. Ritrae la moglie dell’artista Marie Thérèse Walters. Il suo valore è dato dall’appartenenza al breve periodo della deformazione delle figure umane ad opera dell’autore. E dall’ostinazione collezionistica di Cohen, già possessore di altre tele del pittore spagnolo, nonché di Van Gogh e di Cezanne. Come vedremo, infatti, rarità, storia, moda e capriccio umano sono i maggiori fattori di prezzo.

Ma perché un Picasso può costare tanto?

Poeta della pittura, Pablo Picasso ha attraversato il Novecento e diversi periodi artistici personali (blu, rosa, africano, cubista analitico e sintetico). A 12 anni dipingeva come Raffaello e ci ha messo una vita - diceva di sé - per imparare a farlo come un bambino. La sua straordinaria ricchezza e diversità ne hanno fatto un simbolo della pittura e dunque del collezionismo. Ancora a maggio, per esempio, Chanel lo ha scelto per testimoniare in una mostra al Palais de Tokyo di Parigi la forza culturale che esprime il profumo Numero 5. E anche l’ultima sperimentazione di Sotheby’s per beneficenza alla città libanese di Tiro (www.1picasso100euro.com) vede protagonista un disegno cubista di Picasso da quasi un milione di euro. Cinquantamila biglietti sono in vendita sul sito a 100 euro l’uno, e chi vince la lotteria si porta a casa l’opera d’arte.

Oltre a Picasso quali sono i pittori più quotati del mondo?

Sono quelli le cui tele sono ospitate soprattutto nei musei. Per questo esistono mode che muovono il mercato, anche quando non c’è un disegno di Raffaello (venduto da Sotheby’s a dicembre per 48 milioni di dollari) o una delle ninfee di Monet (Christie’s ha battuto l’ultima a novembre a 44 milioni di dollari). Allora ecco Bacon, Basquiat, De Kooning, Freud, Klein, Pollock, Richter, Warhol: tutti venduti a meno di un terzo di Picasso o Van Gogh. Solo due Rothko nel 2012 hanno sfiorato i 90 milioni.

Un caso a parte è stata la spettacolare asta per «L’urlo» di Edvard Munch. Com’è andata?

Quel mercoledì di inizio maggio dell’anno scorso nel palazzo di Sotheby’s a New York le palette degli astanti hanno iniziato ad alzarsi dal prezzo base di 40 milioni di dollari. «L’urlo» in vendita è uno dei quattro di Munch, l’unico a non essere in un museo, e lo conoscono tutti. È stato il figlio di un amico del pittore a metterlo in vendita. Da 40 il prezzo sale fino a 70 milioni e Tobias Meyer, gran cerimoniere di Sotheby’s (immaginate il Virgil Oldman de «La ultima offerta» di Tornatore, ma più giovane), restringe l’asta a due suoi colleghi. Rappresentano altrettanti compratori anonimi. Vince uno dei due per 107 milioni di dollari, che diventano 120 con i diritti d’asta. È il record mondiale che supera, guarda caso, un Picasso venduto un anno prima da Christie’s a 106 milioni: «Nudo, foglie verdi e busto».

Chi spende tanto per questi quadri?

Il «Wall Street Journal» ha scoperto che il compratore de «L’urlo» è il finanziere Leon Black. Ma le case d’asta non rivelano i nomi. Per tutelare i clienti e pure per garantire a se stesse la loro esclusiva. Però si sa che la famiglia reale del Qatar ha comprato «I giocatori di carte» di Cézanne da un privato per 250 milioni e che Dasha Zhukova, compagna del miliardario russo Roman Abramovich, è una appassionata d’arte. Paul Allen, cofondatore di Microsoft, è un altro grande collezionista. E Ron Lauder, figlio della Estée Lauder della cosmetica, ha speso per la Neue gallery di New York di cui è cofondatore, 135 milioni per l’«Adele Bloch Bauer» di Gustav Klimt, affermando: «È la nostra Gioconda». E così si ritorna al significato iconico di queste opere, che più sono riconoscibili e più vengono pagate. È una nicchia globale di «dipinti-trofeo» che attraggono i miliardari americani, arabi, russi e cinesi.

E chi vende questi quadri?

Ci sono due generi di trattative. Quelle nelle case d’asta e quelle private. Le prime avvengono tramite offerte pubbliche, diritti applicati e acquirenti protetti ma identificati. Le seconde invece sono avvolte nella nebbia e spesso, non casualmente, comportano cifre fuori controllo. Come recita il titolo del giallo scritto dal grande critico d’arte Federico Zeri: «Mai con i quadri».