Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Si comincia a parlare di soldi, fatto triste davanti alle 272 bare che aspettano di essere sepolte domani, ma inevitabile, dal momento che c’è tanto da ricostruire. Il governo ha stanziato 30 milioni poche ore dopo il sisma, somma che è insufficiente. Gli aiuti dall’Europa dovrebbero ammontare a mezzo miliardo. Lo stesso premier, nella conferenza stampa di ieri, ha detto che il ministro Gelmini ha trovato nel suo bilancio 16 milioni che serviranno alla ricostruzione della Casa dello Studente. Quando arriverà il momento bisognerà mettere sul tavolo qualche miliardo di euro, probabilmente non meno di 5 o di 6. Sono somme, tra l’altro, che nel corso del tempo tendono a crescere.
• Spendano pure. Però costruendo bene. E senza ruberie.
Berlusconi vorrebbe tenere un controllo centrale, ma affidare poi ogni progetto di ricostruzione a una delle cento province italiane. Qualcosa del genere è stata già decisa per la ricostruzione dei comuni: ogni regione avrà in carico la ricostruzione di un comune. stato fatto l’esempio di Paganica, uno dei villaggi quasi rasi al suolo dal terremoto: sarà l’Umbria a occuparsi della sua ricostruzione.
• Questo che cosa garantisce?
Intanto ha un certo valore politico perché mette in campo gli enti locali di tutt’Italia. Forse, nel decreto che regolerà la ricostruzione, oltre a prevedere le misure antisismiche di cui non c’era cenno nel primo piano casa (ieri Berlusconi ha detto che si sta studiando l’applicazione di un metodo giapponese che sarebbe a prova di bomba), si dovrà studiare una procedura che permetta di far presto. Il Cavaliere insiste con le New Towns, cittadelle nuove di zecca da tirar su a poca distanza dai centri colpiti. Gli è stato subito obiettato che la gente ha bisogno del suo passato, che esperienze analoghe all’estero hanno dato nella maggior parte dei casi esiti allucinanti, che sarebbe meglio procedere al rinforzo generale di ciò che esiste. Ci sono però troppi pochi elementi per potersi pronunciare. Credo che Berlusconi stia comunque pensando all’ideazione di una serie di moduli urbani, che consentano di far presto e di non spender troppo.
• Città tutte uguali? Piazze identiche al Sud e al Nord?
Non è detto. Il sistema di urbanizzare a moduli venne inventato dai costruttori portoghesi alle prese con la ricostruzione di Lisbona dopo il terremoto del 1755. Il marchese di Pombal, essendo fuggito il re Giuseppe I, prese il potere e mise in piedi una città completamente diversa: nuovi piani regolatori, trasformazione dell’artigianato in industria, emarginazione della nobiltà imbelle e trionfo dell’abbinata impresa-lavoro. Si dice che il Portogallo moderno è ancora oggi quello che Pombal ha voluto. Stessa cosa in Calabria nel 1783: sisma spaventoso (30 mila morti) e palla colta al volo dal principe Pignatelli, inviato del re di Napoli Ferdinando IV, per sbarazzarsi del clero, incamerare beni ecclesiastici, creare una cassa sacra e con quella finanziare uno sviluppo che, fatte le debite proporzioni, resta ancora memorabile. Era successo qualcosa di analogo anche a Catania novant’anni prima.
• Cioè, una catastrofe può essere occasione di riscatto e di rilancio?
Sì, e lo è tanto più se i vecchi sistemi vengono innovati e se si procede speditamente. Certo è importante che il tessuto produttivo pre-esistente sia di buona qualità. In Friuli fu così: per ogni cento lire perse, lo Stato ne metteva 60 e i privati altre 60. In Irpinia no. anche per questo che gli affari al Sud, in occasione del terremoto del 1980, li fecero le imprese del Nord: esistevano, mentre nel Mezzogiorno non c’era niente!
• Quindi le New Towns potrebbero essere un sistema?
Potrebbero. E comunque mettersi di traverso prima di aver capito di che si tratta può solo far danni a tutti quanti. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 9/4/2009]
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