Paolo Tessadri, L’Espresso, 9 aprile 2009, 9 aprile 2009
PAOLO TESSADRI PER L’ESPRESSO 9 APRILE 2009
Welfare fai-da-te Volontari, sindacati, coop, associazioni religiose, enti locali. Mentre lo stato latita, si moltiplicano le iniziative di sostegno per gli italiani messi in ginocchio dalla crisi economica
Aiutati che lo Stato non ti aiuta. O lo fa in ritardo, con l’assegno della cassa integrazione che arriva sempre fuori tempo. O che non ti prende proprio in considerazione, se a rimanere senza stipendio sono precari, forzati dei contratti di collaborazione o immigrati seppur regolari. Per questo mentre la crisi apre ogni giorno nuove sacche di povertà e disagio sociale, nell’Italia del centro-nord sta nascendo una rete di welfare dal basso: un network spontaneo che spesso unisce laici e cattolici, volontariato e professionisti, banche e non profit, enti locali e cooperative. Non c’è solo la Conferenza episcopale, che con 30 milioni di euro garantisce prestiti dieci volte superiori alle famiglie numerose. In tutte le regioni sembra quasi che colori politici e interessi economici passino in secondo piano, mettendo allo stesso tavolo sindaci rossi e vescovi. L’emergenza spinge tutti a rimboccarsi le maniche. E sperimentare nuove forme di sostegno.
A Prato la stoffa non ha più colori, gli stabilimenti si fermano uno dietro l’altro lasciando a casa armate di operai. Lì la mobilitazione è diventata di massa, con l’invito a destinare dieci euro al mese da ogni busta paga per soccorrere le vittime del crac. Un’intera provincia si è mossa, dal vescovo agli imprenditori, dai sindacati ai commercianti: cinque euro di contributi volontari da parte dei lavoratori e un contributo almeno equivalente da parte delle aziende. Una "corale mobilitazione" l’ha definita il vescovo Simoni, che ha lanciato il progetto, in un distretto che vive la crisi peggiore dal dopoguerra. L’iniziativa, nata a febbraio, si chiama ’Insieme per le famiglie’ ed è gestita dalla Caritas. Mario, 65 anni, di un comune vicino a Prato, lo sta verificando di persona. La sua cooperativa di servizi cimiteriali è fallita, nel giro di pochi mesi i tre figli impiegati nel tessile hanno perso il lavoro: tutto il loro benessere si è dissolto. Vincendo l’orgoglio, Mario ha chiesto aiuto: non avevano più da mangiare. Ora fa la spesa all’emporio della Caritas per tutta la famiglia, senza pagare. Per quasi 700 famiglie questo è l’unico supermercato possibile: nel 2009 ci si prepara a elargire cibo e generi di prima necessità per oltre mezzo milione di euro.
"La situazione economica ha unito associazioni laiche e cattoliche in un unico sforzo, non c’è più la vecchia differenza o rivalità. C’è un’unica matrice ora: il bisogno", sottolinea Michele Mangano presidente di Auser, la grande rete di volontariato per gli anziani. Perché se a Prato l’iniziativa parte dalla curia, sulle rive dell’Adriatico a muoversi sono due colossi della cooperazione ’rossa’: Coop Adriatica e Coop consumatori Nordest, un milione e mezzo di soci, quasi 3 miliardi di fatturato, 24 ipercoop e 209 supermercati sparsi fra Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Marche, Lombardia e Abruzzo. Dal 14 aprile al 5 luglio licenziati, cassaintegrati o lavoratori in mobilità e in aziende con contratti di solidarietà potranno fare acquisti con uno sconto settimanale di sei euro su 60 di spesa. Che si sommeranno ai prodotti già in offerta. Il 10 per cento di sconto, che per 12 settimane significa un risparmio netto per ogni famiglia di 72 euro e che costerà alle casse cooperative 5 milioni. Un’offerta veramente speciale, perché solo a Bologna ci sono 20 mila famiglie in condizioni di chiedere questo sconto, un segnale drammatico della situazione. Tanto che Gilberto Coffari, presidente di Coop Adriatica, auspica che "altri seguano il nostro esempio. un segnale di attenzione di fronte all’emergenza".
L’assegno locale C’era una volta il ricco Trentino, poi anche lì le fabbriche hanno cominciato a chiudere. E la Provincia-Stato ha impugnato la sua autonomia, mettendo nel piatto un welfare scandinavo. Il famoso assegno di solidarietà proposto dal segretario Pd Dario Franceschini qui è già realtà. Lavoratori cassaintegrati, in mobilità e tutti quelli che perdono il posto, come spesso tocca a somministrati (i vecchi interinali) o precari, ricevono dalla Provincia un aiuto da 200 a 600 euro al mese. Che vanno a rinforzare l’assegno della cassa integrazione o a creare un salario di disoccupazione. In Trentino l’intervento è poderoso: poco meno del 5 per cento del Pil dell’intero territorio, un quinto del bilancio della Provincia autonoma, 92 milioni a sostegno dei redditi, fa notare il governatore Lorenzo Dellai. Mentre gli studenti universitari bisognosi riceveranno 400 euro, purché dimostrino i loro meriti accademici.
Ma spesso sono i comuni a spalancare le casse. Carlo Grazioli è primo cittadino di Rodigo, 5 mila anime nel Mantovano. Lui ha deciso di ridursi lo stipendio di sindaco e ha chiesto che lo facciano tutti gli assessori, mentre l’avanzo di amministrazione del 2008 andrà a interventi nel sociale: "Senza aspettare i benefici del ponte di Messina, è meglio agire presto, anzi subito". Invece a Porcia, un comune con meno di 14 mila abitanti in provincia di Pordenone, il sindaco Stefano Purchet lancia una sua versione dei lavori socialmente utili. Cassaintegrati e disoccupati potranno arrotondare il sussidio, mettendosi al servizio della comunità: manutenzione di aree verdi, scuole ed edifici pubblici.
Nel Friuli Venezia Giulia il governatore Renzo Tondo ha cominciato con un contributo per le bollette della luce, poi ha deciso di aggiungere 20 euro alla family card nazionale alimentata dal governo Berlusconi. Ma la desertificazione degli ordini richiede ben altre misure: ora nella regione sono in arrivo 60 milioni di euro per ammortizzatori sociali e incentivi. L’Italia in bolletta è sempre più larga. Può diventare insopportabile anche pagare la tassa sui rifiuti e a Vicenza il sindaco ha stanziato 150 mila euro per gli sconti. In Valle d’Aosta si arriva all’esenzione per le vittime della crisi della tassa sui rifiuti e sull’acqua.
Garantisce il municipio A Genova l’assessore al Bilancio, Francesca Balzani, ha deciso di intervenire con una misura di sostegno decisamente fuori dagli schemi. Le famiglie in difficoltà potranno andare in banca e chiedere un prestito fino a 5 mila euro: gli interessi li pagherà il Comune, mentre i beneficiari dovranno restituire solo il capitale. "Con la recessione i tassi d’interesse sono scesi per tutti, tranne che per quelli che ne hanno davvero bisogno", spiega l’assessore. L’elemento cruciale dell’operazione è ripristinare il cerchio spezzato della fiducia: la banca che si aggiudicherà l’incarico avrà come garante del prestito la città, alla quale fa credito a tassi molto bassi, mentre il Comune si fiderà dei propri cittadini, contando che restituiscano il prestito nei tre anni di rateazione massima ipotizzata. Pochissime le condizioni: basterà presentarsi allo sportello con la dichiarazione dei redditi, che a livello familiare non dovranno superare i 25 mila euro netti; il finanziamento non potrà superare il 35 per cento del reddito. Chi lo otterrà, non dovrà aprire il conto nella banca convenzionata e non dovrà dichiarare in che cosa intende investire i quattrini. "Con 3 milioni di euro stanzati, contiamo di mobilizzare risorse per oltre 10 milioni", dice Balzani.
Anche a Modena, dove il distretto della ceramica è stato investito dalla gelata dei mercati, e ci sono 3,5 milioni di euro per i cassaintegrati. A Pisa invece viene staccato un assegno di 1.623 euro annui alle famiglie a basso reddito con almeno tre minori a carico e 1.497 euro per le madri disoccupate, anche extracomunitarie. Altri 50 mila arrivano da Borgomanero, nel Novarese. Qui le ore di cassaintegrazione sono passate da 8 mila a 236 mila: è stato creato un fondo di solidarietà sociale per tamponare le situazioni di emergenza. Si deve risparmiare pure sui trasporti a Cormano, cintura milanese. Cinquantamila euro dal municipio per l’iniziativa ’Sconto mese’: una riduzione del 25 per cento sugli abbonamenti mensili di treno e bus. A Sestri Levante le famiglie di chi è rimasto senza lavoro o in cig possono chiedere di dimezzare le tariffe scolastiche (pulmino e mensa). A Verona, Comune e Unicredit hanno stanziato 120 mila euro per le donne separate con bambini, regalando una carta prepagata, che verrà ricaricata con 200 euro al mese per un anno. Per gli anziani ci sono aiuti per l’affitto e le medicine. Ma le loro necessità spesso sono ancora più concrete: Nicola Doppio della cooperativa Samarcanda, che si occupa di nuove e vecchie povertà nel Nord-est, osserva che per la prima volta si vedono "case fredde delle persone anziane, in altri casi abbiamo avuto chiari segni di denutrizione. E al pronto soccorso notiamo persone con la biancheria intima lisa, le scarpe consumate con i calzini bucati".
Aspettando Sacconi La cassa integrazione non rimpiazza la busta paga e perdipiù arriva sempre in ritardo, mentre la tavola si deve apparecchiare ogni giorno. A Brescia sono scese in campo le banche per anticipare ai lavoratori l’assegno, ma è in tutta Italia che gli istituti di credito cooperativo stanno realizzando accordi con enti locali e sindacati per l’anticipo della cassa e la sospensione dei mutui. Soprattutto i piccoli istituti bancari cooperativi, legati al territorio, hanno introdotto il prestito di solidarietà a costo e tasso zero. Il microcredito si allarga, infatti, anche grazie alla Caritas italiana, da Termoli a Mazara del Vallo, da Frosinone a Vercelli. Poche migliaia di euro per tirare avanti. L’azienda Revello, che commercia prodotti per l’odontoiatria, nel Veronese, ha anticipato ai 270 dipendenti la tredicesima detassata. Solidarietà nel segno della produttività.
Viaggio di ritorno La crisi indossa gli abiti dell’immigrazione. In Veneto un disoccupato su quattro è immigrato e a Treviso sono già in 5 mila in cerca di lavoro. Mentre il Comune di Spresiano sulla riva del Piave vuole concedere 2 mila euro all’immigrato che decide di rimpatriare. Non è questione di intolleranza: nuclei spesso numerosi senza redditi da mesi non riescono a pagare l’affitto né le bollette. Alcune parrocchie e organizzazioni sindacali hanno perfino regalato il biglietto d’aereo o di pullman per consentire a immigrati di far ritorno nei loro paesi, come a Vittorio Veneto. "All’ennesima domanda di aiuto di un’intera famiglia ho dovuto dare il consiglio di rimpatriare. Vengono qui con debiti ingenti e senza più lavoro", confida sconsolato monsignor Ferruccio Sant. In questi casi la Caritas è disponibile a pagare il biglietto di rientro e a garantire una cifra simbolica.
Allarme casa Se manca il lavoro si rischia di perdere la casa, perché non si può pagare il mutuo. Nel Lazio la Regione ha assegnato 10 milioni di euro per nuclei con reddito fino a 25 mila euro. Servono per la sospensione dell’ammortamento della rata o per la rinegoziazione. Ma il problema è sentito in tutta la Penisola. Daniele Molinari, presidente del consiglio notarile di Mantova rivela che all’asta va una casa al giorno per mutui non pagati. E su dieci edifici all’incanto, solo in tre casi sono i parenti del debitore che "presentano un’offerta, pur di salvare l’abitazione di famiglia". Il grosso finisce nelle mani della speculazione. E molte famiglie si ritrovano senza un tetto, costrette a bussare alle porte delle parrocchie o, alcuni giovani, a dormire sulle panchine: a Verona, tra i 442 homeless censiti nelle scorse settimane i volontari hanno notato un numero crescente di italiani, con età inferiore a 35 anni. L’anno scorso erano dei single soddisfatti dei loro lavori a contratto che lasciavano spazio per il tempo libero: adesso hanno archiviato la speranza.