Umberto Eco, L’espresso, 9/4/2009, 9 aprile 2009
LA BUSTINA DI MINERVA
LA LISTA Aperta
di Umberto Eco
Certamente nessuna legge umana è mai riuscita a evitare che un cretino assuma posti di responsabilità. Ma questa proposta per i concorsi universitari impedisce di far fuori i bravi
Un fantasma si aggira per l’Italia, e da almeno vent’anni: è la proposta della lista aperta per i concorsi universitari. Adesso pare che finalmente l’idea venga presa sul serio. Era ora. Non pretendo di essere stato il primo, ma sono tra coloro che propongono la lista aperta da quasi vent’anni. In ogni caso ritrovo una Bustina del marzo 1994 dove si racconta che con alcuni colleghi si era proposta la lista aperta al ministero competente (credo che ci fosse il governo Ciampi). Ma evidentemente non se n’era fatto nulla.
Il problema è che ci si lamenta, e giustamente, che i concorsi universitari si prestano a varie disfunzioni anche (si badi) escludendo i casi su cui sì è parlato negli ultimi mesi, di nepotismo e favoreggiamento di parenti, amanti e così via (che in realtà si verificano solo in certe facoltà e non dappertutto). Il difetto sta però nel manico, e cioè nel pretendere che la decisione sia presa da una commissione nazionale, che debba vincere il migliore, e che sia sospetta la preferenza preliminare dell’ateneo nei confronti di dati candidati.
In quel vecchio articolo facevo un esempio. Supponiamo che il Collegio di La Flèche (tenuto dai gesuiti) bandisca una cattedra di filosofia e scienza. Si presentano Cartesio, Pascal, e un certo signor D’Arçons, il quale (per spiegare il fenomeno delle maree) sosteneva che la terra non gira intorno a se stessa, ma sussulta da nord a sud. Se fossimo in America, il collegio di La Flèche chiederebbe alcune lettere di raccomandazione a persone stimate (poniamo Gassendi e padre Mersenne) e poi deciderebbe quale dei candidati fa al caso proprio.
In Italia si farebbe invece un concorso nazionale, con una commissione eletta sempre su scala nazionale. Escludiamo il caso, sempre possibile, che per motivi politici o sessuali alcuni commissari disonesti riescano a dare la cattedra a D’Arçons. Potrebbero tuttavia odiare a tal punto i gesuiti da imporre a La Flèche proprio Pascal che dei gesuiti ha detto tutto il male possibile. Ma se i commissari fossero tutti persone per bene, chi dovrebbero designare come ’il migliore’?
Si vede bene come sia Cartesio che Pascal siano l’uno migliore dell’altro a seconda del punto di vista. E qui interviene il diritto dell’ateneo che ha chiesto il posto. Facciamo un esempio in campo scientifico, dove sembra che la designazione del ’migliore’ sia più facile. Per una cattedra di oncologia il migliore sarebbe certamente uno studioso che ha finalmente scoperto il vaccino contro il cancro e per questo ha preso il premio Nobel. E tuttavia l’ateneo in questione potrebbe non avere bisogno di un genio del genere. Ha già (poniamo) uno dei massimi cancerologi viventi, salvo che costui si occupa, giustamente, della ricerca e di alcuni seminari ad alto livello, ma è totalmente inadatto a interagire coi ragazzi dei primi anni. E l’università non ha bisogno di un altro numero uno, bensì di un buon numero due, che magari non abbia ancora fatto ricerche originalissime ma sia didatticamente perfetto, generoso con gli studenti, disposto a seguirli e a incoraggiarli. In tal caso l’unico vincolo dovrebbe essere che l’ateneo non scelga come preteso numero due un numero zero, solo perché cugino del rettore.
E qui entra in campo la lista aperta. Ogni tot anni, per quella fascia concorsuale (ordinati o associati, e magari anche ricercatori) una commissione nazionale stila una lista aperta (e cioè senza vincoli di numero) di studiosi che si ritiene possano degnamente insegnare, anche se non sono tutti necessariamente il numero uno nel loro campo. Dopo gli atenei sceglieranno i professori da quella lista.
Quali sono le obiezioni? Che in una lista aperta dei commissari maneggioni o stupidi possono fare entrare anche il cretino (nel nostro caso il signor D’Arçons). Certamente, nessuna legge umana è mai riuscita a evitare che un cretino assuma posti di responsabilità. Ma la lista aperta impedisce di fare fuori i bravi (come si lamenta per gli attuali concorsi) perché un commissario, per dire che Cartesio o Pascal sono indegni di entrare nella lista, dovrebbe esporsi con un pubblico e ragionato giudizio, sapendo bene che rischia di diventare come quel critico ottocentesco che aveva definito la Quinta di Beethoven "un’orgia di frastuono e di volgarità".
Se poi un ateneo vuole proprio prendersi in casa D’Arçons e segue sempre una politica del genere, a poco a poco si squalificherà. Naturalmente a questo punto si dovrebbe discutere sul valore legale del titolo di laurea, affinché quello dell’ateneo che si è autosqualificato non sia per legge pari a quello in cui insegnano o Cartesio o Pascal. Ma di questo, sospetto, si parlerà solo nei prossimi vent’anni.