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 2009  aprile 09 Giovedì calendario

Si comincia a parlare di soldi, fat­to triste davanti alle 272 bare che aspettano di essere sepolte doma­ni, ma inevitabile, dal momento che c’è tanto da ricostruire

Si comincia a parlare di soldi, fat­to triste davanti alle 272 bare che aspettano di essere sepolte doma­ni, ma inevitabile, dal momento che c’è tanto da ricostruire. Il go­verno ha stanziato 30 milioni po­che ore dopo il sisma, somma che è insufficiente. Gli aiuti dall’Euro­pa dovrebbero ammontare a mez­zo miliardo. Lo stesso premier, nella conferenza stampa di ieri, ha detto che il ministro Gelmini ha trovato nel suo bilancio 16 mi­lioni che serviranno alla ricostru­zione della Casa dello Studente. Quando arriverà il momento bi­sognerà mettere sul tavolo qual­che miliardo di euro, probabil­mente non meno di 5 o di 6. Sono somme, tra l’altro, che nel corso del tempo tendono a crescere.

Spendano pure. Però costruen­do bene. E senza ruberie.
Berlusconi vorrebbe tenere un controllo centrale, ma affidare poi ogni progetto di ricostruzio­ne a una delle cento province ita­liane. Qualcosa del genere è sta­ta già decisa per la ricostruzione dei comuni: ogni regione avrà in carico la ricostruzione di un comune. stato fatto l’esempio di Paganica, uno dei villaggi quasi rasi al suolo dal terremo­to: sarà l’Umbria a occuparsi del­la sua ricostruzione.

Questo che cosa garantisce?
Intanto ha un certo valore politi­co perché mette in campo gli en­ti locali di tutt’Italia. Forse, nel decreto che regolerà la ricostru­zione, oltre a prevedere le misu­re antisismiche di cui non c’era cenno nel primo piano casa (ieri Berlusconi ha detto che si sta stu­diando l’applicazione di un me­todo giapponese che sarebbe a prova di bomba), si dovrà studia­re una procedura che permetta di far presto. Il Cavaliere insiste con le New Towns, cittadelle nuove di zecca da tirar su a poca distanza dai centri colpiti. Gli è stato subito obiettato che la gen­te ha bisogno del suo passato, che esperienze analoghe all’este­ro hanno dato nella maggior par­te dei casi esiti allucinanti, che sarebbe meglio procedere al rin­forzo generale di ciò che esiste. Ci sono però troppi pochi ele­menti per potersi pronunciare. Credo che Berlusconi stia co­munque pensando all’ideazione di una serie di moduli urbani, che consentano di far presto e di non spender troppo.

Città tutte uguali? Piazze identi­che al Sud e al Nord?
Non è detto. Il sistema di urba­nizzare a moduli venne inventa­to dai costruttori portoghesi alle prese con la ricostruzione di Li­sbona dopo il terremoto del 1755. Il marchese di Pombal, es­sendo fuggito il re Giuseppe I, prese il potere e mise in piedi una città completamente diver­sa: nuovi piani regolatori, tra­sformazione dell’artigianato in industria, emarginazione della nobiltà imbelle e trionfo dell’ab­binata impresa-lavoro. Si dice che il Portogallo moderno è an­cora oggi quello che Pombal ha voluto. Stessa cosa in Calabria nel 1783: sisma spaventoso (30 mila morti) e palla colta al volo dal principe Pignatelli, inviato del re di Napoli Ferdinando IV, per sbarazzarsi del clero, inca­merare beni ecclesiastici, creare una cassa sacra e con quella fi­nanziare uno sviluppo che, fatte le debite proporzioni, resta an­cora memorabile. Era successo qualcosa di analogo anche a Ca­tania novant’anni prima.

Cioè, una catastrofe può esse­re occasione di riscatto e di ri­lancio?
Sì, e lo è tanto più se i vecchi si­stemi vengono innovati e se si procede speditamente. Certo è importante che il tessuto produt­tivo pre-esistente sia di buona qualità. In Friuli fu così: per ogni cento lire perse, lo Stato ne metteva 60 e i privati altre 60. In Irpinia no. anche per questo che gli affari al Sud, in occasio­ne del terremoto del 1980, li fe­cero le imprese del Nord: esiste­vano, mentre nel Mezzogiorno non c’era niente!

Quindi le New Towns potrebbe­ro essere un sistema?
Potrebbero. E comunque metter­si di traverso prima di aver capi­to di che si tratta può solo far danni a tutti quanti. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 9/4/2009]