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 2009  aprile 09 Giovedì calendario

BATTAGLIE ANTIABORTISTE E LEGGI DEGLI STATI UNITI


Riguardo all’intenzione di Obama di abolire l’obiezione di coscienza dei medici sull’aborto, le sarei grato se potesse chiarire i miei dubbi.
La legislazione sull’aborto non è affidata ai singoli Stati? E di conseguenza non è ad ogni singolo Stato che competerebbe un’eventuale decisione di abolire la possibilità di ricorrere all’obiezione di coscienza? Se, come mi sembra di capire, il governo federale è in grado di influire comunque su queste materie, con quali strumenti giuridici si può muovere?
Qual è, a prescindere dalle intenzioni del presidente, la situazione attuale sul problema della obiezione di coscienza?
Alberto Hermanin
hermanin@eprcomunicazione.it

Caro Hermanin,
Alla sua domanda – se la competenza legislati­va sull’aborto rientri fra quelle degli Stati della Fede­razione americana – la rispo­sta è al tempo stesso: sì e no. Era interamente competenza degli Stati sino al 22 gennaio 1973 quando la Corte Supre­ma degli Stati Uniti, nel caso Roe contro Wade, fu chiamata a giudicare l’appello di una donna texana che aveva cerca­to di sfidare la legislazione an­tiabortista dello Stato di cui era residente. Con una clamo­rosa decisione a maggioranza (7 a 2), la Corte decise che il Texas non poteva privare la donna (Norma L. McCorvey, nota nel caso come Jane Roe) del diritto di regolare libera­mente la propria maternità. Da quel momento, quindi, l’aborto smise di essere una fa­coltà consentita dalla legge, co­me era da poco tempo nelle Hawaii e nello Stato di New York, per diventare un diritto costituzionale.

La Corte sostenne altresì che occorreva tenere conto del­le potenzialità di vita del feto e individuò, nel periodo della gravidanza, tre fasi: il primo trimestre, durante il quale la donna, d’intesa con il suo me­dico, era libera di interrompe­re la maternità; il secondo, per cui gli Stati, tenendo conto del­la salute della donna, avrebbe­ro avuto il diritto di legiferare; e il terzo durante il quale, pur continuando a tenere conto della salute della donna, avreb­bero avuto il diritto di proteg­gere il feto. Esiste quindi dal 1973, negli Stati Uniti, una sor­ta di condominio legale. L’aborto è un diritto costituzio­nale, tutelato dalla Corte Su­prema, ma vi sono spazi vuoti che gli Stati possono occupare con le loro leggi. Sollecitati dai movimenti anti-abortisti, alcu­ni Stati (grosso modo trenta) lo hanno fatto con norme che rendono l’aborto molto com­plicato. Secondo un lungo arti­colo di Dorothy Samuels ap­parso il 29 novembre 2005 nel settimanale del New York Ti­mes, i «blocchi stradali» legi­slativi e amministrativi disse­minati dai singoli Stati sulla strada dell’aborto sono nume­rosi. Gli ospedali vengono pri­vati dei medici specialisti e del­le attrezzature necessarie. I re­golamenti di sicurezza sono complicati e onerosi. La pausa di riflessione imposta dalla leg­ge è particolarmente lunga e prevede almeno due colloqui. necessario che i genitori ven­gano informati e diano il loro consenso. L’uso dei fondi pub­blici, per le categorie sociali co­perte dal programma Medi­caid, è limitato. E le polizze d’assicurazione, là dove lo Sta­to ha il diritto di influire sul lo­ro contenuto, tendono a esclu­dere l’aborto dalla lista dei ca­si per cui è prevista una coper­tura finanziaria.

Gli anti-abortisti, d’altro canto, sono scesi in campo con diverse proposte di legge. Vorrebbero che l’embrione fos­se riconosciuto persona sin dal momento del concepimen­to. Vorrebbero che il diritto di regolare la materia venisse in­teramente riservato agli Stati. Vorrebbero proibire l’uso di fondi federali per istituzioni e associazioni che considerano l’aborto una indispensabile componente della programma­zione familiare. E hanno salu­tato con compiacimento la no­mina alla Corte Suprema, quat­tro anni fa, di Samuel Anthony Alito jr., un magistrato di origi­ne italiana e tendenze conser­vatrici. Resta da vedere, tutta­via, se la Corte Suprema, nono­stante le nomine disposte da George W. Bush durante il suo doppio mandato, sia pronta a revocare la decisione del 1973. La maggioranza degli america­ni, a giudicare dai sondaggi, sarebbe ancora favorevole al­l’aborto.

Sull’obiezione di coscienza, caro Hermanin, non sono in grado di rispondere. Non so come il presidente possa vie­tarla e credo che la Corte Su­prema, se fosse chiamata a de­liberare su questa materia, ri­conoscerebbe agli obiettori lo stesso diritto che fu ricono­sciuto alle donne nel 1973.