Sergio Romano, Corriere della sera 9/4/2009, 9 aprile 2009
BATTAGLIE ANTIABORTISTE E LEGGI DEGLI STATI UNITI
Riguardo all’intenzione di Obama di abolire l’obiezione di coscienza dei medici sull’aborto, le sarei grato se potesse chiarire i miei dubbi.
La legislazione sull’aborto non è affidata ai singoli Stati? E di conseguenza non è ad ogni singolo Stato che competerebbe un’eventuale decisione di abolire la possibilità di ricorrere all’obiezione di coscienza? Se, come mi sembra di capire, il governo federale è in grado di influire comunque su queste materie, con quali strumenti giuridici si può muovere?
Qual è, a prescindere dalle intenzioni del presidente, la situazione attuale sul problema della obiezione di coscienza?
Alberto Hermanin
hermanin@eprcomunicazione.it
Caro Hermanin,
Alla sua domanda – se la competenza legislativa sull’aborto rientri fra quelle degli Stati della Federazione americana – la risposta è al tempo stesso: sì e no. Era interamente competenza degli Stati sino al 22 gennaio 1973 quando la Corte Suprema degli Stati Uniti, nel caso Roe contro Wade, fu chiamata a giudicare l’appello di una donna texana che aveva cercato di sfidare la legislazione antiabortista dello Stato di cui era residente. Con una clamorosa decisione a maggioranza (7 a 2), la Corte decise che il Texas non poteva privare la donna (Norma L. McCorvey, nota nel caso come Jane Roe) del diritto di regolare liberamente la propria maternità. Da quel momento, quindi, l’aborto smise di essere una facoltà consentita dalla legge, come era da poco tempo nelle Hawaii e nello Stato di New York, per diventare un diritto costituzionale.
La Corte sostenne altresì che occorreva tenere conto delle potenzialità di vita del feto e individuò, nel periodo della gravidanza, tre fasi: il primo trimestre, durante il quale la donna, d’intesa con il suo medico, era libera di interrompere la maternità; il secondo, per cui gli Stati, tenendo conto della salute della donna, avrebbero avuto il diritto di legiferare; e il terzo durante il quale, pur continuando a tenere conto della salute della donna, avrebbero avuto il diritto di proteggere il feto. Esiste quindi dal 1973, negli Stati Uniti, una sorta di condominio legale. L’aborto è un diritto costituzionale, tutelato dalla Corte Suprema, ma vi sono spazi vuoti che gli Stati possono occupare con le loro leggi. Sollecitati dai movimenti anti-abortisti, alcuni Stati (grosso modo trenta) lo hanno fatto con norme che rendono l’aborto molto complicato. Secondo un lungo articolo di Dorothy Samuels apparso il 29 novembre 2005 nel settimanale del New York Times, i «blocchi stradali» legislativi e amministrativi disseminati dai singoli Stati sulla strada dell’aborto sono numerosi. Gli ospedali vengono privati dei medici specialisti e delle attrezzature necessarie. I regolamenti di sicurezza sono complicati e onerosi. La pausa di riflessione imposta dalla legge è particolarmente lunga e prevede almeno due colloqui. necessario che i genitori vengano informati e diano il loro consenso. L’uso dei fondi pubblici, per le categorie sociali coperte dal programma Medicaid, è limitato. E le polizze d’assicurazione, là dove lo Stato ha il diritto di influire sul loro contenuto, tendono a escludere l’aborto dalla lista dei casi per cui è prevista una copertura finanziaria.
Gli anti-abortisti, d’altro canto, sono scesi in campo con diverse proposte di legge. Vorrebbero che l’embrione fosse riconosciuto persona sin dal momento del concepimento. Vorrebbero che il diritto di regolare la materia venisse interamente riservato agli Stati. Vorrebbero proibire l’uso di fondi federali per istituzioni e associazioni che considerano l’aborto una indispensabile componente della programmazione familiare. E hanno salutato con compiacimento la nomina alla Corte Suprema, quattro anni fa, di Samuel Anthony Alito jr., un magistrato di origine italiana e tendenze conservatrici. Resta da vedere, tuttavia, se la Corte Suprema, nonostante le nomine disposte da George W. Bush durante il suo doppio mandato, sia pronta a revocare la decisione del 1973. La maggioranza degli americani, a giudicare dai sondaggi, sarebbe ancora favorevole all’aborto.
Sull’obiezione di coscienza, caro Hermanin, non sono in grado di rispondere. Non so come il presidente possa vietarla e credo che la Corte Suprema, se fosse chiamata a deliberare su questa materia, riconoscerebbe agli obiettori lo stesso diritto che fu riconosciuto alle donne nel 1973.