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 2009  aprile 09 Giovedì calendario

UN SORSO DI OTTIMISMO


Il vino italiano affronta la crisi senza drammi e la crescita continua. Gli Usa primo mercato mondiale entro il 2012

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10/04/2009

Nel 2008 l’Italia ha prodotto 46,7 milioni di ettolitri di vino. Li ha ricavati da 730 mila ettari di coltivazioni a vite (bisogna immaginarsi una superficie poco più piccola dell’Umbria). Superata la Francia, adesso è il primo produttore al mondo. Con questo vino si incasseranno, più o meno, 11 miliardi di euro.

Nel mondo si sono prodotti 266,9 milioni di ettolitri, 160 dei quali in Europa. Altri grandi produttori: gli Stati Uniti (23 milioni di hl), l’Australia (12,6), l’Argentina (12,2), la Cina (10,8), il Sudafrica (7,6), il Cile (5,8).

Nonostante il primato, la produzione di vino europeo è in costante calo (-1% rispetto al 2007). Colpa della Francia (43 milioni di hl, -5%), del Portogallo (-11%), dell’Austria (-9%). Anche altri paesi hanno dovuto tagliare la produzione. Così, il buon incremento di Italia, Spagna e Germania (rispettivamente: +1%, +2%, +2%) non è bastato a far ottenere un saldo positivo al continente.

La produzione europea è calata perché la Ue finanzia i coltivatori che estirpano le loro viti. Nel giro di quattro anni questo ha causato una riduzione del 24% della produzione in Francia e del 19% in Spagna. Meno accentuata la contrazione in Italia, anche se, per il triennio 2009-2011, la Ue ha stanziato oltre un miliardo di euro per estirpare altri 175 mila ettari di vigneti, di cui 58 mila italiani. Il provvedimento è stato preso perché gli europei bevono sempre meno (negli anni Settanta un italiano consumava 110 litri di vino l’anno, adesso 40), l’offerta supera la domanda e nemmeno l’export basta ad assorbire le eccedenze. In pratica di vino ce n’è troppo. L’Unione europea punta a ridurre il vino di bassa qualità e ad aumentare la quantità di quello buono. Non è la prima volta che Bruxelles dà questo genere di incentivi. Ma è la prima volta che obbliga gli stati membri ad adeguarsi.

Però nel mondo il consumo di vino aumenta, al ritmo è di 2 milioni di ettolitri l’anno. Si calcola che nel 2008 l’umanità abbia effettivamente bevuto tra i 240 e i 246 milioni di ettolitri. I 23 milioni di ettolitri avanzati sono stati destinati a coprire la produzione di grappe, aceti ecc. (stimabili in circa 35 milioni di hl l’anno).

Nei consumi l’aumento più sostenuto si registra negli Stati Uniti (+30% negli ultimi dieci anni). Entro il 2012 gli americani scalzeranno gli inglesi dalla posizione di mercato più redditizio. Visti i margini di crescita, grandi potenzialità vengono riconosciute anche a Oceania, Cina, Russia e India. In Cina, per esempio, i consumatori abituali sono solo 10 milioni. In India il consumo medio pro capite è di un cucchiaio l’anno.

Al momento i principali paesi importatori a livello mondiale sono, in termini di volumi, Germania, Regno Unito (primo in valore), Stati Uniti e Russia.

L’export mondiale nel 2007 è stato pari a 91,3 milioni di ettolitri (+8,4% sul 2006) pari a quasi il 38% del consumo mondiale, contro il 18% dei primi anni Ottanta. L’Italia rappresenta il 21% dei questi scambi, seguita da Francia e Spagna (17% a testa). I Paesi dell’emisfero sud e gli Stati Uniti hanno raggiunto il 28% degli scambi (26,6% nel 2006 e 25,3% nel 2005) e dimostrano grande capacità competitiva.

Nel 2008 l’export italiano ha registrato, dopo anni di crescita, la prima battuta d’arresto in termini quantitativi, fermandosi a 18 milioni di ettolitri (-7% sul 2007). Positivo invece il risultato economico: +2% per un totale di 3,6 miliardi di euro. Adesso il valore della filiera intera si attesta sui 20 miliardi di euro e tra vigneti, cantine, trasformazione e distribuzione lavorano 700 mila persone (1,2 milioni se si considera anche l’indotto).

In un periodo di crisi, il vino continua dunque ad essere un investimento redditizio. Anche sotto il profilo azionario. Uno studio di Mediobanca ha analizzato l’andamento di 40 società del settore vino quotate in Borsa (periodo 2001-2008). Mentre il mercato azionario globale ha perso il 17%, queste hanno guadagnato il 60%. Al primo posto con quasi 4 miliardi di fatturato netto c’è l’americana Constellation, seguita dall’austrialiana Foster’s (3 miliardi circa), con cui combatte da anni un duello a colpi di acquisizioni. Per dare un’idea delle dimensioni, Constellation vende oltre 630 milioni di bottiglie all’anno, e Foster’s oltre 470. A distanza, la californiana Gallo, la sudafricana Distell e un gruppo di imprese europee, tra cui tre francesi dello Champagne: Boizel, Pommery e Laurent Perrier (rispettivamente 300, 270 e 240 milioni). Livelli, questi ultimi, familiari anche ai big italiani: il Gruppo italiano vini e la super-coop Caviro fatturano entrambe circa 300 milioni, 200 la trentina Cavit, poi Giordano e Antinori.

Un altro esempio della redditività di certi vini, lo ha fatto la Revue du Vin de France calcolando la distanza tra il costo di produzione del Dom Pérignon, cuvée millesimata della Moët & Chandon, e il suo prezzo di vendita. L’azienda francese conta nella Champagne 1.100 ettari di vigneto. Si stima che ogni ettaro renda 8.800 bottiglie l’anno (65 ettolitri di vino) ad un costo di 2,30 euro l’una. Un ettaro di vigneto nella Champagne è valutato mediamente 1 milione di euro, e il costo del suo ammortamento in cinquant’anni è di altri 2,30 euro a bottiglia. Vanno aggiunti i costi per la vinificazione e l’imbottigliamento (2 euro), quelli di affinamento (per un millesimato è obbligatoriamente di minimo sette anni) che porta la bottiglia a costare 9,28 euro. Poi ci sono i costi di amministrazione, commercializzazione e i salari, stimabili in 3 euro a bottiglia. Infine, i costi di marketing che per un marchio come questo possono oscillare tra i 25 e i 50 milioni d’euro incidendo sul costo a bottiglia dai 5 ai 10 euro. Fatti i conti, una bottiglia di Dom Pérignon costa alla Moët & Chandon tra i 17,28 ei 22,28 euro, a fronte di un prezzo di vendita consigliato in enoteca di 129,00 euro. Tolta la Tva (la nostra Iva) e le tasse restano netti all’azienda di Epernay 38 euro a bottiglia che moltiplicati per una produzione complessiva di cinque milioni di pezzi, fanno 190 milioni di euro.