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 2009  aprile 09 Giovedì calendario

IL DUELLO DEL NORD


Era una facile previsione quella formulata al primo congresso del «Popolo della libertà»: l’unità fra Fi e An avrebbe ridotto il potere negoziale della Lega verso il principale partito che sostiene il governo.

Un pronostico che già ieri, in mattinata, si era confermato, quando la discussa istituzione delle ronde era stata stralciata dal decreto e relegata nel disegno di legge. Ma che si è dimostrato clamorosamente azzeccato alla luce della sconfitta parlamentare dello schieramento di centrodestra sulle espulsioni degli immigrati. Nel voto segreto, infatti, è emersa la crescente irritazione di molti deputati del neonato partito per quelli che considerano i «ricatti» continui e inaccettabili della Lega.
La politica, però, non è solo una fredda partita a scacchi, dove i numeri, le strategie, le alleanze, i rapporti di forza si muovono nel ristretto campo di gioco, in questo caso in Parlamento e in Consiglio dei ministri. Per comprendere, con una maggiore profondità, sia i motivi di questo contrasto sia il perché sarà destinato a crescere durante l’attuale legislatura, occorre allargare lo sguardo anche fuori dai palazzi del potere.
Il partito di Bossi è in difficoltà perché deve dimostrare ai suoi elettori che l’alleanza di governo stretta a Roma costringe a pagare prezzi salati sull’altare della coerenza programmatica, ma riesce a portare il risultato della riforma federalista. Un provvedimento che è ormai diventato il totem davanti al quale solamente si giustifica la partecipazione della Lega alla maggioranza. Il conseguimento di questo obiettivo simbolico sta diventando sempre più oneroso, anche perché la necessità di trovare un accordo pure con il Pd alimenta le diffidenze tra le file dei sostenitori di Berlusconi. Una parte della maggioranza, inoltre, si è resa conto che, almeno in una prima fase, i costi di questa riforma saranno alti e difficilmente sopportabili in un momento in cui la crisi economica mette a rischio anche i conti dello Stato.
Si sta allargando tra il partito del presidente del Consiglio e quello di Bossi, però, una diversità «ideologica» ancora più importante della valutazione di questo o quel provvedimento, come potrebbe essere la riforma federalista o le ronde anti-immigrati. Un contrasto più profondo e radicale che, proprio in questi tragici giorni, si palesa con grande chiarezza. La volontà d’impersonare lo Stato, la sua forza, la sua presenza, la sua necessità, la provvidenzialità del suo intervento di conforto e di aiuto ai terremotati abruzzesi che Berlusconi dimostra in questi giorni contrasta frontalmente proprio con la ragione fondativa della Lega.
Tra il Cavaliere «rivoluzionario» dei suoi esordi politici, alla fine del secolo scorso, interprete del fastidio per le regole di uno Stato burocratico e accentratore, un sentimento largamente diffuso nel Nord del nostro Paese, e un premier che pare voler subentrare, sul campo devastato di una tragedia immane, al ruolo di Napolitano nella funzione di massima autorità istituzionale, c’è davvero una trasformazione notevole. Allora, l’alleanza con l’antistatalismo e l’autonomismo leghista era del tutto naturale. Ora, diventa più difficile, per il partito di Bossi, accettare un presidente del Consiglio sempre di più avvolto nell’odiato tricolore, a capo di una nuova formazione politica che pare aver trovato nel Centro-Sud d’Italia il baricentro non tanto dei consensi quanto degli entusiasmi.
Quando si proclama solennemente, durante il congresso di unificazione, che il traguardo del Pdl è quello di raggiungere l’autosufficienza per governare l’Italia, cioè il 51 per cento dei suffragi elettorali, è evidente, per la Lega, il rischio dell’impotenza e della sua riduzione a un ruolo di mera testimonianza identitaria in alcune zone del Paese. Bossi, che è un politico molto accorto, non ha avuto certo bisogno di aspettare gli avvenimenti di ieri per avvertire il pericolo. Le prossime elezioni europee potrebbero costituire, nel Nord, il primo banco di prova di quella stagione fortemente competitiva che si annuncia tra i due partiti della maggioranza.
La sfida tra Pdl e Lega potrebbe avere due esiti. Quello di un confronto continuo, in un’alternanza di risultati, per tutta la legislatura con un obbiettivo finale: la conquista dell’egemonia, nel Nord d’Italia, tra l’elettorato del centrodestra. Oppure potrebbe portare a uno sbocco dirompente: l’interruzione della quarta esperienza governativa di Berlusconi e nuove elezioni. In quest’ultimo caso, il verdetto del duello potrebbe essere senza possibilità di rivincita e potrebbe chiudere un’intera stagione politica e, magari, personale.