Daniela Minerva, L’Espresso, 9 aprile 2009, 9 aprile 2009
DANIELA MINERVA PER L’ESPRESSO 9 APRILE 2009
Pd alla prova del biotestamento Il sondino di Stato voluto dalla Chiesa ha spaccato il partito. Che ora deve trovare una linea sui temi etici. Altrimenti fallisce. Parla l’ex ministro della Salute. Colloquio con Livia Turco
Il testamento biologico arriva alla Camera. Con un testo che fa rabbrividire persino Gianfranco Fini. Perché disegna uno Stato etico che decide di imporre idratazione e nutrizione artificiali, anche contro la nostra volontà. Un testo sconclusionato che prima istituisce il testamento biologico, poi lo trasforma in carta straccia. Frutto di un diktat della maggioranza, ma anche di un profondo stato confusionale del Pd che su questo come su altri temi etici non parla con voce sola. Andrà così anche a Montecitorio? Lo abbiamo chiesto a Livia Turco, già ministro della Salute, capogruppo del Pd alla commissione Affari sociali che deve esaminare la legge.
Le piace il testo varato dal Senato?
"No. Anche perché sottende una visione antropologica negativa che disegna un paese in preda a una diffusa domanda di eutanasia alla quale il legislatore dovrebbe mettere freno con pali, paletti, proibizioni. Da questa etica arcigna deriva l’impianto della legge che porta a negare la libertà di scelta. E che è lontana mille miglia dai problemi delle persone. Che risposte dà alle necessità degli hospice, delle famiglie che si trovano sole a confrontarsi coi temi della fine della vita di un congiunto?".
Non piace neanche al presidente Fini.
"Sono contenta. E spero che faccia seguire al dire il fare. Che si adoperi per cambiarla".
Si prevedono tempi lunghi.
"Noi dobbiamo prima approvare la legge sulle cure palliative sulla quale stiamo lavorando bene per costruire un testo che riguarda milioni di persone di fronte al dolore, alla malattia terminale. Il testamento biologico non può scalzarla. O qualcuno pensa che sia più importante? La Chiesa vuole cambiare l’agenda parlamentare?".
Lei è cattolica. Pensa che la Chiesa abbia giocato pesante in questa vicenda?
"Molto. Mi trovo sempre più a disagio con questa Chiesa. Ma, intendiamoci, la colpa è sempre dei politici che non sanno fare scelte mature".
Il Pd non ha fatto bella figura in questa vicenda: inventandosi l’etichetta di ’orientamento prevalente’. Politichese che nasconde una spaccatura.
"Nel Pd c’è stata una ricerca vera di punti di incontro, e il testo preparato da Ignazio Marino aveva l’approvazione di tutti. Poi, l’entrata a gamba tesa di Berlusconi sul caso Englaro ha spaccato tutto. E abbiamo deciso di far prevalere la libertà di coscienza".
Anche questa è una scorciatoia sospetta: i temi etici riguardano la vita, la morte, la nascita, la vita di coppia. E la libertà. La carne viva della gente: se non è su questo che si fonda l’identità di un partito, su cosa?
"I temi etici sono la base dell’identità di un partito. E il Pd è nato per esercitare una mediazione e dare una risposta a questi temi così cruciali. Ma dobbiamo riconoscere che oggi è venuta meno la forza e la capacità di mediazione del cattolicesimo democratico che in altre stagioni (la costituente, le battaglie per il divorzio e per l’aborto) aveva trovato delle soluzioni in nome dell’autonomia della politica e non sulla base delle indicazioni della Chiesa. L’Italia è un paese cattolico e il cattolicesimo democratico ha cercato e trovato le mediazioni tra il magistero della Chiesa e le scelte politiche. Oggi la Chiesa pensa di poter fare a meno di questa mediazione perché vuole essere lei quella che stabilisce la soluzione legislativa che deriva dai suoi valori".
Ma la politica glielo lascia fare. E anche il Pd.
"Il Pd nasce per costruire un incontro tra i riformismi e superare la contrapposizione tra laici e cattolici. Ma perché questo accada bisogna che ci siano cattolici adulti, come dice Romano Prodi, che sentano fino in fondo l’onere di costruire da soli la mediazione, e che sappiano dire alla Chiesa ’non ti riguarda’. E non tutti lo fanno, molti sì. Ma non tutti. E questo ipoteca il progetto del Pd. Non nego le responsabilità della politica, ma è ovvio che i tempi di questa mediazione non sono brevi, e che la Chiesa deve darci il tempo. Ma non vuole. Non vuole una forza politica che superi il conflitto tra laici e cattolici, altrimenti non sarebbe entrata così prepotentemente in tante vicende".
Torniamo all’oggi: si trova una mediazione coi teodem sul testamento biologico?
"Sì. A partire dal fatto che tutti sappiamo che alimentazione e idratazione sono un intervento medico. Ma certo un trattamento molto particolare. Perché attiene alle funzioni vitali. Quindi noi dobbiamo cercare una soluzione che metta insieme la libertà di scelta col principio di precauzione perché non dobbiamo dimenticare che esiste l’abbandono terapeutico. E che riguarda soprattutto la povera gente. Riguarda quelli abbandonati a morire in ospedale o mandati a casa a totale carico delle famiglie. Perché chi ha i soldi non viene mai abbandonato. Noi dobbiamo pensare a una legge che tuteli la fine della vita e la sua dignità, nel rispetto della libertà di scelta".
Come articolo 1 è perfetto. Poi, però, viene il 3 che impone l’alimentazione e l’idratazione...
"Il testo licenziato dal Senato definisce lo stato vegetativo permanente ’grave disabilità’, e così lo Stato etico impone una sua visione laddove la scienza e la medicina non hanno una risposta univoca. Da questa definizione fa conseguire la necessità di garantire alimentazione e nutrizione al disabile. Allora, io chiedo una moratoria: dobbiamo chiedere ai medici di dirci qualcosa di preciso, sapere se esiste un punto di irreversibilità dello stato vegetativo. O, almeno, se ci sono delle fasi e quando si può dire di essere in una fase terminale. Come accadde con la legge sui trapianti: fu la scienza a definire la morte cerebrale e il legislatore fece sua quella definizione. Ora la medicina deve fare altrettanto con lo stato vegetativo. In assenza di una voce sola degli scienziati, lo Stato non può imporre le sue definizioni".