Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La Crimea ha votato l’annessione alla Russia, e l’abbandono dell’Ucraina, con una percentuale bulgara: più del 90 per cento, in base agli exit poll, confermati poi dai primi scrutini nel corso della nottata. Ha votato una percentuale di elettori alta, prossima al 70%. Americani ed europei hanno subito fatto sapere che, per loro, il referendum è illegale. La Casa Bianca ha previsto che la secessione della Crimea dall’Ucraina e l’adesione alla Russia avrà per Putin costi crescenti. Van Rompuy e Barroso, a nome dell’Europa, hanno confermato che il risultato della consultazione «non sarà riconosciuto». Hollande e Renzi, a loro volta, hanno parlato di consultazione «vergognosa e illegale». Mosca invece «rispetterà la scelta degli abitanti della Crimea» la cui volontà viene espressa «nel pieno rispetto delle norme del diritto internazionale». Il Parlamento di Crimea aveva già votato per la secessione e l’unione alla Russia. Per mostrare che non ci sono trucchi, ieri il voto di ciascun elettore è stato deposto in enormi urne trasparenti.
• Scoppierà la guerra?
Kiev e Mosca si sono accordati per una tregua fino al 21 marzo. Vale a dire: fino a venerdì prossimo non succederà niente. Però, in base agli accordi che permettono a Mosca di ancorare le sue navi a Sebastopoli, i russi non potrebbero tenere in Crimea più di 12.500 soldati. Secondo Ihor Tenyukh, ministro della Difesa ucraino, i soldati spediti da Mosca sarebbero invece adesso 22.000. Truppe di Putin stazionerebbero nella regione di Kherson, al confine con la Crimea. Si segnalano anche incidenti, con morti, nella zona russofona dell’Ucraina orientale.
• Che cosa può fare l’Occidente?
Le sanzioni, si dice. Soprattutto congelare i conti esteri degli oligarchi, dei quali Putin s’è lamentato più volte. Ci si immagina che, privati dei loro soldi, gli oligarchi arrabbiati rovescino lo zar russo. È un’idea un po’ troppo schematica e le sanzioni sono una pratica dubbia. L’Europa traffica molto con Mosca, mercato di sbocco alternativo alla Cina. Per esempio, i tedeschi: il loro fabbisogno di gas è coperto per il 40% da Putin, i loro scambi con la Russia sono passati da 58 miliardi di euro (2010) a 77 (2013), le esportazioni tedesche di macchine utensili verso Mosca sono cresciute del 22%, la chimica del 13%, il materiale elettronico dell’11%, la Bmw ha uno stabilimento a Kaluga dove si fabbricano 300 mila vetture, la Siemens vende a Putin i treni superveloci. Che effetto avrebbero su questo giro d’affari le sanzioni? La Francia e l’Italia hanno problemi analoghi. Le sanzioni sono una parola, si direbbe, buona per la propaganda di Obama che spera, in un solo colpo, di mettere in difficoltà Russia e Unione europea. È possibile invece che la tattica migliore per mettere in difficoltà Putin sia proprio quella di star fermi.
• In che senso?
La Crimea non è finanziariamente autosufficiente, Kiev le passa ogni anno 794 milioni di euro. Calcoli tra le entrate e le uscite della penisola, in caso arrivassero i russi, dicono che il saldo negativo per Mosca sarebbe di due miliardi l’anno: nella nuova provincia dell’impero bisognerà portare l’acqua, costruire le centrali elettriche, tirar su un ponte sullo stretto di Kerch. E va messo in conto un periodo di crollo del turismo durante la fase della guerra fredda e della militarizzazione. La Crimea ospita ogni anno sei milioni di villeggianti, discendenti popolari dei nobili di Cechov. La Russia non ha i mezzi per investimenti così importanti. Quest’anno il suo bilancio si chiuderà con sei miliardi e mezzo di passivo.
• Ha comunque titolo l’Occidente per imporre le sanzioni o qualche altro tipo di rappresaglia?
Non direi troppo. Intanto tutto è cominciato per le mene europee di portare l’Ucraina nell’Unione. E poi come ci si contrappone, giuridicamente, a un paese che ha rovesciato con una rivolta di piazza il presidente regolarmente eletto? Anche le contestazioni al referendum della Crimea e alla sua determinazione di consegnarsi alla Russia: Putin ha protestato vibratamente quando il Kosovo s’è proclamato indipendente dalla Serbia, ma l’Occidente quella volta ha fatto spallucce. Leggo di ragionamenti assai capziosi che vorrebbero trovare delle differenze tra questa situazione e quella. Io non ce le vedo. E ricordo che hanno applicato il principio di autodeterminazione anche gli abitanti del Sud Sudan rispetto al Sudan. La vera novità, in termini di geopolitica, sarebbe invece un’altra.
• Quale?
Se la Crimea diventasse russa sarebbe la prima volta, in questo dopoguerra, che uno Stato è costretto a cedere un pezzo del suo territorio a un altro Stato. Queste pratiche sono andate di gran moda fino alla metà del Novecento, ma dopo non si sono verificate più. In un certo senso, sarebbe una specie di ritorno, magari non troppo significativo, alla diplomazia di un tempo.
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