Riccardo Barenghi, La Stampa 17/3/2014, 17 marzo 2014
VENDOLA: “RENZI È LA NOVITÀ MI FA SENTIRE INATTUALE”
Presidente Vendola, la sua prima reazione alle riforme annunciate da Matteo Renzi è stata positiva. Anche lei è diventato renziano?
«No no, questa attitudine in voga sulla scena pubblica alla semplificazione referendaria non mi appartiene. Le confesso anzi che dal siluramento di Enrico Letta al discorso di insediamento in Parlamento, fino alla pirotecnica conferenza stampa di mercoledì scorso, Renzi si è dimostrato padrone di questo tempo. E io ho pensato di essere ormai inattuale».
Però lei ha subito apprezzato l’annuncio sugli 85 euro...
«Noi non siamo iscritti al partito del tanto peggio, tanto meglio. Conosciamo le pene e i dolori del Paese, siamo in grado di valutare nel merito i provvedimenti del governo. E anche di cogliere il senso generale dell’operazione che è stata proposta. E dunque dico che la notizia degli 85 euro è un dato positivo, si comincia finalmente a capire che non si può uscire dal pantano della crisi se non si ridà ossigeno a quei soggetti sociali che l’austerity ha messo in una condizione di apnea. Detassare il lavoro va bene o va male? Io rispondo che va bene. Così come va bene l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie».
E l’annuncio sulla revisione del programma F35?
«Sarebbe un’altra crepa che si apre nel muro di gomma della falsa realpolitik».
E invece cos’è che va male?
«Va male, anzi malissimo la riforma del mercato del lavoro. Così si introduce una generalizzazione del precariato, la definirei un colpo alla nuca della civiltà del lavoro».
Addirittura?
«Sì, addirittura. Perché contratti di tre anni svincolati da qualunque causale rappresentano soltanto l’universalizzazione del precariato, così come l’apprendistato che invece di essere un tirocinio formativo diventa semplicemente lavoro precario mutilato da rilevanti percentuali di retribuzione. Continua insomma a vivere l’illusione frutto di una vera superstizione ideologica, ossia l’idea che tanto più il lavoro è privo di tutele e diritti, tanto più può dilagare negli sconfinati territori della domanda di lavoro. Non è affatto così, mutare le regole non produce lavoro».
Che animale politico è Matteo Renzi?
«Lui rappresenta una straordinaria novità, senza dare alla parola novità alcuna accezione di valore. Non è un aggiornamento di Monti o di Letta, ma propone una rivoluzione radicale nelle forme e nello stile, che poi sono il primo contenuto della politica. Fa della velocità un valore capace di scardinare l’universo di lentezze parassitarie e pigrizie corporative che abbiamo conosciuto finora. Pone il tema del cambiamento con una forza narrativa che, in quanto esperta di tutti i generi di seduzione dell’opinione pubblica, precipita nella vita di una Paese stremato come un discorso forte. Da un lato compie un’operazione propagandistica che se venisse trasferita in atti concreti andrebbe a scontrarsi contro alcuni architravi della politica europea dell’austerity. Dall’altro però recupera una connotazione sociale che vede l’impresa come la vera forza motrice del Paese, con il lavoro collocato dentro una dimensione individuale sconnessa da qualsiasi comunità o classe. E viene proiettato in una sorta di gara in cui si salva solo chi è più bravo. Questo è il messaggio della retorica renziana».
Una retorica che a lei non piace, par di capire.
«Guardi, io penso che Renzi vada preso molto sul serio, senza pregiudizi. Non lo dobbiamo considerare né l’ultima incarnazione di Lucifero né l’angelo vendicatore che torna sulla terra».
Ma Renzi è di destra o di sinistra?
«Non è questa la sua alternativa. Lui ne ha scelte altre: vecchio o nuovo, lento o veloce».
Trova qualche affinità con Berlusconi?
«Be’, premesso che il berlusconismo è penetrato a fondo nella società, direi che Renzi ne eredita l’idea di una specie di super-eroe che ha una relazione epidermica con il popolo».
E voi di Sel pensate a una futura alleanza con questo super-eroe?
«Noi insieme con il Pd abbiamo vinto e governiamo molti comuni e molte regioni. Oggi però il Pd è al governo con Alfano e il suo partito, una miscela di trasformismo e di anacronistico clericalismo. Questo è il peccato originale del Partito democratico, dal quale deve emendarsi. Noi, dall’opposizione, lo sfidiamo a costruire insieme a noi un nuovo centrosinistra».