Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Incontro molto importante, ieri, del nostro primo ministro Matteo Renzi con la Kanzlerin tedesca Angela Merkel. Importante per le seguenti ragioni: la Cancelliera ha dichiarato di sapere che l’Italia sforerà il limite del 3% nel rapporto deficit/Pil, ma di fidare nelle riforme annunciate che ci faranno rientrare presto nella norma; Matteo Renzi ha reso noto, perché glielo ha fatto osservare la stessa Merkel, che i tedeschi in Italia vendono meno di prima, e la cosa è per la Germania preoccupante; rispondendo a una domanda sul Jobs Act, il nostro presidente del Consiglio ha detto che la riforma italiana del lavoro deve ispirarsi a quello che in questo campo ha fatto, con grande successo, la Germania.
• Come mai la Merkel è così tranquilla di fronte alla notizia che sforeremo?
Una risposta potrebbe essere: Renzi le ha garantito che, vinte le elezioni grazie anche alla promessa degli 85 euro in busta paga per dieci milioni di italiani, rientreremo rapidamente in noi stessi varando una manovra correttiva che ci faccia trovare i dieci miliardi necessari. Le do questa risposta perché è possibile che questa risposta sia stata data, e qualcuno magari stamattina lo scriverà. Ma ci credo fino a un certo punto, se Renzi non è solo un formidabile venditore, ma anche – come ci auguriamo tutti – un uomo di Stato. Il taglio del cuneo fiscale che deve produrre i mille euro in più all’anno negli stipendi più bassi è infatti una misura strutturale, cioè vale per sempre. Non si possono cercare le risorse per pagarla con misure-tampone o comunque temporanee, come sarebbe, per esempio, l’ennesima una tantum estiva, comunque concepita. È del tutto possibile che l’una tantum, in forma di patrimoniale o di chissà che altro, arrivi. Ma non potrà avere come giustificazione il taglio del cuneo. Un’altra spiegazione della pazienza di Angela sta nel secondo dei tre punti che ho citato all’inizio.
• Cioè il fatto che la Germania non vende più come prima in Italia.
Renzi ha ricordato che la Germania è il nostro primo partner commerciale sia per quanto riguarda l’import che per quanto riguarda l’export. La bilancia commerciale è sbilanciata verso di loro di un 5-6 per cento: vendiamo ai tedeschi per una cinquantina di miliardi l’anno e compriamo dai tedeschi per un 54-55 miliardi. Ma questa seconda voce, assai importante per la Kanzklerin, cioè quanta roba i tedeschi vendono a noi, è in flessione. E che questa preoccupazione sia affiorata, magari involontariamente, nella conferenza stampa finale, è significativo. Italia e Germania si fanno concorrenza sugli altri mercati, e specialmente in Cina. Ma la Cina sta pensando di svalutare lo yuan, e questa svalutazione comporterebbe una rivalutazione dell’euro e una perdita, sul mercato cinese, di una trentina di miliardi almeno. Berlino ha ricominciato a guardare con ansia al mercato interno, cioè al mercato europeo. Senonché qui ha trovato che la domanda è scesa, come sappiamo bene. Il problema a questo punto è anche loro: così come il debitore è indispensabile al creditore (la Germania è sotto inchiesta Ue per un eccesso di surplus di bilancio), allo stesso modo l’importatore è indispensabile all’esportatore. La politica del rigore e della borsa stretta sarà anche giusta, ma cominciano a risentirne anche loro.
• Terzo punto: il mercato del lavoro, cioè il Jobs Act.
Renzi ha detto che vuole ispirarsi alla riforma del lavoro tedesca. Ma la riforma del lavoro tedesca, quella che ha detto risultati così lusinghieri in termini di Pil, ha un nome e cognome: sono le quattro leggi pensate da Peter Hartz, consigliere d’amministrazione della Volkswagen, e varate tra il 2003 e il 2005 per volontà del premier socialdemocratico Schröder. La Merkel le ha ereditate, e s’è guardata bene dal cambiarle. Portate da noi, anche solo in spirito, provocherebbero una rivoluzione totale.
• Di che si tratta?
Abbiamo poco spazio a disposizione e gliele spiego in due parole: sussidi ai disoccupati (un 67% dell’ultimo stipendio) che si erogano solo se il disoccupato cerca effettivamente lavoro e che vengono tagliati fino a sparire se a un’offerta di lavoro il disoccupato risponde no. Moltiplicazione di contratti da 400 euro al mese (massimo) senza contributi e senza certezza nella stabilità del posto di lavoro. Possibilità di accettare lavori anche a un euro al mese per mantenere il diritto al sussidio. I dati Eurostat mostrano che, grazie alla riforma Hartz, la Germania è il Paese occidentale con la percentuale maggiore di lavoratori a basso salario. I salari lordi reali tedeschi tra il 2000 e il 2012 sono scesi dell’1,8%. La contropartita di queste percentuali preoccupanti sta nel tasso di disoccupazione: 5,4%, il più basso d’Europa dopo quello austriaco. Renzi ha detto: una squadra che per cinque anni perde tutte le partite deve cambiare gioco. La rigidità di prima non è più possibile.
• Alla Merkel, secondo lei, Renzi è piaciuto o no?
Molte agenzie ieri aprivano i loro resoconti con la frase della Kanzlerin: «Sono rimasta molto colpita dal cambiamento strutturale in Italia, è davvero impressionante». Ma in Italia, a dire il vero, non è ancora successo niente, Renzi sta lì da venti giorni e per ora ha fatto solo comunicati e ci ha mostrato qualche slide («troppe slides», ha detto ieri, spiritosamente). Merkel ha aggiunto: «Anche per me è chiaro che l’Italia tiene conto della stabilità ma anche delle due componenti, crescita e occupazione. So bene che l’Italia per quel che riguarda il patto di stabilità e di crescita lo rispetterà». La zarina tedesca, da quando è al potere (nove anni), ha incontrato sei presidenti del consiglio italiani. Quello di farseli piacere è davvero l’ultimo dei problemi.
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