Fabrizio Massaro, Corriere della Sera 18/3/2014, 18 marzo 2014
SORGENIA, LA LETTERA DELLE BANCHE SUI PRESTITI
Il dialogo tra Sorgenia – la società di produzione elettrica controllata dalla Cir della famiglia De Benedetti e partecipata al 46% circa dall’austriaca Verbund – e le banche creditrici per oltre 1,86 miliardi sembra a un passo dalla rottura. Gli istituti, che anche ieri hanno effettuato incontri e analisi sulla società che ha debiti eccessivi per 600 milioni e una cassa che basta forse fino a fine mese, avrebbero maturato una posizione comune: respingere la proposta da Cir di un aumento di capitale da 190 milioni totali della società guidata da Andrea Mangoni, coperto dall’azionista di maggioranza con 100 milioni e con un intervento delle banche che ricapitalizzino per 90 milioni e convertano i 400 milioni residui del debito di Sorgenia in nuovi strumenti partecipativi. Nell’ipotesi della holding, Cir resterebbe con il 53% di Sorgenia e avrebbe le banche come secondo socio al posto di Verbund (che non vuole partecipare), mantenendo così il controllo dell’azienda.
Il «no» alla proposta di Cir e di Sorgenia sarebbe contenuto in una lettera che il consorzio delle circa 20 banche — in testa Mps con 600 milioni, a seguire Banca Imi, Unicredit, Banco Popolare, Ubi Banca, Bpm — dovrebbe inviare già oggi e alla holding presieduta da Rodolfo De Benedetti e guidata da Monica Mondardini. Le banche insistono: Cir deve mettere almeno 150 milioni per poter arrivare a una governance condivisa, mentre le banche convertirebbero i 600 milioni di debiti in eccesso in azioni e in strumenti partecipativi. In alternativa, la conversione in azioni da parte elle banche riguarderà gran parte del debito eccessivo, facendo diventare così gli istituti socci di controllo, con Cir azionista di minoranza e fuori dai giochi.
Ma non è detto che Cir alla fine non preferisca questa ipotesi, come già alcuni analisti (Equita sim) aveva suggerito di fare. D’altronde la holding dei De Benedetti deve affrontare altre incognite: il possibile rimborso di un bond da 260 milioni di euro ( anticipato proprio per la crisi di Sorgenia); l’eventuale garanzia sul pagamento della fornitura di gas naturale (cosiddetti contratti «take or pay») se Sorgenia dovesse ritirare meno materia prima.
C’è poi il tema di Tirreno Power, con la centrale a carbone di Vado Ligure sequestrata nell’ambito dell’indagine della procura di Savona per disastro ambientale e omicidio colposo. Tirreno Power — controllata al 50% dai francesi di Gaz de France e di cui Sorgenia ha il 39% indiretto attraverso Energia Italiana (insieme con Hera e Iren all’11% circa a testa) — ha 800 milioni di debiti e il nuovo direttore generale Massimiliano Salvi sta preparando un piano per farvi fronte, anche con l’eventuale partecipazione del socio francese. Intanto ieri i legali della società, capitanati dall’ex ministro della Giustizia Paola Severino, ha incontrato il procuratore capo Francantonio Granero, il pm Chiara Maria Paolucci e il gip Fiorenza Giorgi: non è escluso che gli avvocati, accettando la supervisione di tecnici nominati dal giudice nella fase di produzione di energia, rinuncino al ricorso contro il sequestro.
Fabrizio Massaro