Fabiana Della Valle, La Gazzetta dello Sport 18/3/2014, 18 marzo 2014
MALDINI: BUTTANO VIA IL MIO MILAN
Le sofferenze legate ai sentimenti s’aggiungono a quelle del fisico. Paolo Maldini ha appena tolto le stampelle ma ancora fa fatica a camminare: colpa di un infortunio al menisco durante una partita di beneficenza. «Ho giocato 3 minuti e poi crac. Senza sport è dura, mi manca la fatica». In più c’è il Milan a rendere le sue giornate ancora più amare.
Maldini, ha visto la partita domenica?
«Sì, anche la gara con l’Atletico e quasi tutte quelle degli ultimi due anni. Dentro di me c’è un misto di rabbia e delusione, non tanto per i risultati, perché è già capitato di arrivare decimi o undicesimi, ma perché l’impressione è che si sia buttato via ciò che è stato costruito con fatica negli ultimi 10 anni. Questo mi fa molto male. Il Milan ha avuto la fortuna di avere più cicli vincenti con simili sinergie di uomini, io so quanto lavoro c’è stato dietro a tanti trionfi, che cosa ci è voluto per costruire una storia così bella. Vedere tutto distrutto mi fa impazzire».
Da che cosa è nata questa situazione?
«Dall’addio di tanti calciatori con una mentalità vincente. Io credo che i successi dipendano prima di tutto dagli uomini. Al Milan ne sono passati tanti negli ultimi 25 anni, ma chi lavora nel club? Nessuno. Del Milan storico c’è Filippo Galli, responsabile del settore giovanile. E poi Tassotti, che ho sentito potrebbe andare via a fine stagione. Se così fosse sarebbe un altro danno pazzesco. Perderemmo un altro pezzo di storia. Spero che non sia vero. Al Bayern Monaco e al Real Madrid le bandiere lavorano in società. Questo è il primo grosso problema. La Juve l’ha capito e ha ristrutturato ripartendo da un gruppo solido di italiani che sa come si raggiungono i successi».
Detto così, potrebbe sembrare un discorso «pro domo sua».
«Lo so, ma il mio non è un discorso personale. Qualcuno potrebbe pensare che sputo nel piatto in cui ho mangiato, ma non è così. Io soffro vedendo il Milan in queste condizioni. Ho due figli che giocano nelle giovanili, uno ora è in prestito al Brescia. Mi sento parte del club».
Barbara Berlusconi e i tifosi hanno sottolineato che il Milan spende male. E’ d’accordo?
«La società dovrebbe dichiarare di avere altri obiettivi: non può competere con la Juve e non è tra le prime 10 d’Europa. Non esiste un progetto, si guarda all’oggi e non al domani. Si devono comprare giocatori funzionali al gioco, non prendere solo i parametri zero. Ti può andare bene una volta, non sempre. E poi se gli fai un contratto faraonico non serve a niente. Ma il problema è strutturale».
Si spieghi meglio.
«Il Milan ha tantissimi dipendenti ma è sottostrutturato sotto l’aspetto sportivo. Galliani è un grandissimo dirigente, ma non è in grado di capire i giocatori. Fa tutto lui e questo non è possibile. Se ti affidi sempre agli stessi procuratori, a uno in particolare, una volta può farti fare l’affare, altre no. Alla base deve esserci la conoscenza. Braida negli ultimi anni ha avuto un ruolo marginale. Prima c’era Leonardo, che aiutava a capire se un giocatore era adatto al Milan o no. Ricordo che quando Leo mi voleva a tutti i costi per fare il direttore sportivo, Galliani disse: “E’ una figura superata”. Non è vero. Se ti circondi di gente capace qualche errore in meno lo fai. Le porto l’esempio di Pirlo: se arriva l’allenatore e ti dice “Andrea è un giocatore finito e non mi serve più”, deve esserci qualcuno in società che ribatte: “Non è vero, Pirlo è un patrimonio del club, deve restare”. Così magari non avremmo fatto un favore alla Juve. Altro limite: il Milan di oggi non può permettersi di non avere una rete di osservatori all’altezza. Prima si poteva scegliere il meglio, adesso bisogna andare a prendere giocatori funzionali alla squadra. Il Milan è indietro anni luce rispetto a squadre ben più piccole».
Però la gestione Galliani ha portato buoni frutti per tanti anni.
«Sì ma i risultati non dipendono mai da una sola persona. Galliani è l’uomo di riferimento unico in qualsiasi campo, sportivo e non. La differenza è che prima al Milan c’era un gruppo forte che sapeva gestire lo spogliatoio. Se qualcuno non arrivava dritto ci pensavamo noi a metterlo in riga. Magari si poteva pensare che ci fosse solo Galliani, ma c’era anche una sinergia di uomini con le conoscenze giuste, più gli investimenti di Berlusconi. Con l’addio di tanti giocatori che avevano mentalità vincente è crollato tutto».
Galliani deve restare o deve andare via?
«Non sta a me dirlo, io penso che quando ci si sente onnipotenti non si capisce che i risultati si sono ottenuti anche grazie agli altri. Per vincere ci vogliono idee, progettazione e grande passione. Al Milan è rimasta solo la passione. E non basta».
Barbara è in grado di guidare il Milan?
«Non lo so. Dipende da chi si circonderà. Non credo sia esperta di calcio e calciatori».
Mesi fa si era parlato di un suo ritorno imminente in società. Quanto è stato vicino e perché è saltato?
«Ho avuto due colloqui con Barbara, dopo la divisione delle competenze sono stato indicato come il successore di Galliani per l’area tecnica, ma io non ho più sentito nessuno. Lei mi voleva per trasmettere tutto ciò di cui abbiamo parlato finora, io ero pronto per un ruolo nell’ambito sportivo, ma non c’è stato un seguito».
Quante colpe ha la società?
«Di sicuro questa situazione non ha giovato ai calciatori. I problemi ci sono stati anche in passato, ma venivano sempre gestiti a Milanello da allenatore, capitano e giocatori».
Seedorf ha un background rossonero. E’ l’allenatore giusto in questo momento?
«Logico che non possa essere esperto, ha grande coraggio e personalità, ma neanche Guardiola potrebbe fare niente. Non do colpe a Clarence. Manca la chiarezza degli obiettivi. Forse per arrivare a fine stagione si poteva prendere un allenatore più conservativo, per poi iniziare bene l’anno prossimo. Così c’è il rischio che si bruci».
Avrebbe esonerato Allegri?
«La situazione di classifica era brutta, però non ho mai pensato che un altro allenatore potesse far meglio o dare una svolta alla stagione».
Inzaghi può essere una valida alternativa per il futuro?
«Ha fatto due anni nelle giovanili e questo conta. Però un tecnico esordiente deve essere supportato da una struttura molto forte per non bruciarsi. Sacchi e Capello erano agli inizi ma potevano contare su grandi campioni».
La squadra è scarsa come dice la classifica?
«La classifica rispecchia il valore delle prestazioni».
Si parla anche di uno spogliatoio spaccato. Lei ha sentito qualcuno dei vecchi compagni?
«No, non ho parlato con nessuno e alle voci credo poco, però in questi casi si vive una situazione strana. C’è un gruppo che sta male e che prova angoscia e le prestazioni vengono influenzate, altri giocatori che sono meno coinvolti perché magari sanno già di andare via. Anche lì la scelta degli uomini è fondamentale».
Tra il 1996 e il 1998 il Milan arrivò 11° e 10° ma poi nel ’99 vinse lo scudetto. Vede analogie con quelle stagioni?
«Questo Milan è lontano anni luce da quello. Per ricostruire la squadra servono tanti investimenti. Allora per ripartire bastava ritoccare. Quando vincemmo la Champions nel 2007 dissi a Galliani: “Non pensiamo di essere i migliori d’Europa, non è così”. Avevo già capito che senza un rinnovamento sarebbe iniziata la caduta. E’ stato il primo passo, ma il colpo finale è arrivato con la cessione di Ibrahimovic e Thiago Silva».
Quanto tempo ci vorrà per vedere un Milan competitivo?
«Dipende dagli obiettivi. Non credo che i tifosi vogliano solo un Milan vincente. Vorrebbero vedere un progetto, il cambio generazionale è stato micidiale».
Balotelli è sopravvalutato?
«Non è ancora un campione. Vale lo stesso discorso di Pato: il giorno che lo vedrò mettersi la squadra sulle spalle e trascinarla per 90 minuti allora lo sarà. Finora l’ha fatto a tratti. Io non lo conosco, ma ho l’impressione che se andasse alla Juve, dove c’è una squadra con le idee chiare, un allenatore tosto e un gruppo solido di italiani farebbe il salto di qualità. Comunque è sbagliato mettere tutto il peso sulle sue spalle. Non è il salvatore della patria».
Lei avrebbe accettato di andare a parlare con la curva?
«Ho sempre odiato queste cose, non ho mai accettato che dei ragazzi più giovani di me mi dicessero di impegnarmi di più quando io ero quello con più presenze. Se non sei soddisfatto mi fischi, ma finisce lì. Ricordo che nel 2007, quando abbiamo vinto tutto, per 6 mesi non abbiamo avuto il tifo della curva. Lì mi sono arrabbiato. Non capivo».
Berlusconi è troppo assente?
«La situazione attuale fa capire che lui non è molto coinvolto. Il Berlusconi che ho conosciuto io dava indicazioni diverse dal punto di vista sportivo».