Lionello Mancini, Il Sole 24 Ore 18/3/2014, 18 marzo 2014
PIGNATONE: ITALIA MALATA DI CRIMINALITÀ ECONOMICA
[Giuseppe Pignatone]
Il problema principale dell’Italia, a partire da Roma? La criminalità economica, così pervasiva e diffusa che impoverisce il Paese a vista d’occhio. Questa l’opinione di Giuseppe Pignatone, siciliano, 65 anni a maggio, da due anni (19 marzo 2012) a capo della Procura della Capitale. In questa intervista esclusiva al Sole 24 Ore, il magistrato traccia un bilancio dei 24 mesi trascorsi alla guida della Procura più importante del Paese.
Due anni a capo della Procura della Capitale. Quali sono i problemi principali che si è trovato ad affrontare?
Premessa necessaria: Roma è il cuore della politica, dell’alta burocrazia, dei grandi appalti pubblici, delle reti d’interesse che qui s’incontrano e decidono. Ed è anche l’epicentro delle proteste e delle manifestazioni di disagio del Paese intero; è la meta di 12 milioni di turisti ogni anno, mentre vi risiedono stabilmente circa tre milioni di persone. Per questo, credo, le nostre inchieste riscontrano fenomeni patologici tipici del Paese, spesso in forma altamente concentrata e con dimensioni decisamente importanti.
Potrebbe fare qualche esempio?
Per esempio la corruzione e la criminalità economica. Qualche settimana fa, per esempio, abbiamo sequestrato 415 milioni di euro a due soli indagati. "Normali" corruttori e "normali" evasori fiscali, ma la cifra impressiona, tanto che i giornali hanno giustamente notato che l’importo è pari a quello della famosa "mini Imu" che il Governo Letta cercava di recuperare. E le grandi frodi? Stiamo parlando di fenomeni estesi e che - al pari dell’evasione fiscale - sottraggono risorse non al privato ma allo Stato, cioè a tutti noi, alterando nel contempo le regole del mercato e della libera concorrenza.
Quanto alla corruzione, è un fenomeno percepito come gravissimo in Europa e nel mondo, ma non in Italia. Temo che il Paese abbia raggiunto livelli di tolleranza inaccettabili e costosissimi, specie in un momento come questo.
Quindi moltiplicherete l’impegno sul fronte della corruzione?
C’è un punto ormai chiaro. La corruzione non è debellabile a suon di norme e nemmeno di condanne: bisogna che la politica e, prima ancora, le forze sane della società si approprino degli spazi che noi apriamo con i processi e in quegli spazi si organizzino in modo diverso. Se questo non avviene, in brevissimo tempo tutto torna come prima. Oltretutto, se con la corruzione consideriamo i delitti tributari e contro la Pa, la criminalità economica e quella mafiosa vediamo che questo fronte impegna circa la metà degli 84 sostituti effettivamente oggi in forze alla Procura.
Come affrontate, nella pratica, questi fenomeni?
Ci siamo imbattuti in bancarotte, reati societari e finanziari, peculati e frodi contro enti pubblici, oltre che negli investimenti mafiosi, di dimensioni eccezionali: centinaia di milioni di euro, per i quali oggi procediamo di norma con il sequestro di beni e, non di rado, anche con richieste di custodia cautelare, perché molte di queste persone si considerano intoccabili e con i loro collegamenti hanno spesso continuato a trafficare, intorbidire, corrompere. Quindi: massimo rispetto delle regole, sempre; ma niente sconti né ingiustificati riguardi. I risultati li leggete sui giornali.
Roma emblema dell’Italia. Ma esistono fatti o comportamenti tipici solo della Capitale?
Sì, potrei citare il lavoro sullo Ior, sui fondi destinati ai partiti, sui grandi appalti nazionali o anche il recente intervento su un presunto cartello farmaceutico. Il fatto che i ministeri siano solo qui, che quindi a Roma si concentrino le concessioni e gli iter autorizzativi, fa confluire in questo ufficio tematiche complesse e di grande interesse, tipiche del tessuto cittadino. Ancora: a Roma vengono convocate le grandi manifestazioni e le proteste dei cittadini, delle categorie, dei lavoratori. Siamo molto attenti ai fenomeni violenti, in alcuni casi potenzialmente eversivi, cercando però sempre di distinguerli dai momenti di tensione e di legittimo nervosismo dovuti al disagio per la crisi o al distacco dai rappresentanti del mondo politico.
Due anni fa, lei ha detto: «Saranno le inchieste a dire se c’è la mafia a Roma». Cos’hanno detto le inchieste?
Non c’è una risposta secca, definitiva. Sia perché la realtà evolve, sia perché saranno i giudici a dire l’ultima parola con le sentenze, quelle sì definitive. Possiamo però fare alcune considerazioni. Primo, nella Capitale e dintorni la mafia ha sicuramente messo piede, e non da due anni; secondo, non ha avuto necessità di ricorrere alla violenza per concludere i suoi affari; terzo, esistono tracce evidenti sia di mafie "storiche" (camorra, ’ndrangheta e, in misura minore, cosa nostra), sia di organizzazioni autoctone con dinamiche tipiche delle associazioni mafiose.
Il fenomeno mafioso è molto esteso, a Roma e nel Lazio?
Questo lo vedremo. Intanto non posso dire che sia marginale, se ad esempio lo misuriamo dalla quantità e qualità dei beni sequestrati. Si va dal Cafè de Paris alla catena di pizzerie, dallo stabilimento balneare alle imprese edili e alle immobiliari e - di nuovo - stiamo parlando di cifre enormi, altre centinaia di milioni. Possiamo di conseguenza supporre, poiché sta già emergendo nei processi, una rete vasta e ben radicata di competenze professionali di supporto.
Anche a Roma un’area grigia?
Non potrebbe essere diversamente. Indagare quest’area e sottrarre senza sosta risorse finanziarie sarà anche qui la formula valida come lo è a Trapani o a Milano. Ma, anche ammettendo che la presenza mafiosa non sia per Roma il primo dei problemi, sarebbe un errore sottovalutarlo o perderlo di vista: l’esperienza insegna che la velocità del contagio è elevatissima.
Mezzi, persone, risorse: Roma è privilegiata rispetto ad altri uffici giudiziari?
Non scherziamo. Il carico di lavoro è molto consistente e soffriamo le stesse carenze di ogni altro ufficio giudiziario. Per esempio, negli ultimi cinque anni il personale è diminuito di 89 unità né la tecnologia ci è venuta in soccorso, perché a tutt’oggi la procedura penale non consente di utilizzare massicciamente la telematica. Le procedure sono immutate e io non posso far notificare atti con la posta certificata, ho bisogno di ufficiali giudiziari che consegnino la carta con timbro e bollo. E non ce ne sono a sufficienza. Ci vorrebbero anche reti e sistemi dedicati, personale formato in grado di gestire queste nuove tecnologie, ma non ho gli uni né gli altri. Siamo molto indietro, ma anche su questo vorrei distinguere e non generalizzare, nonostante la tentazione del lamento sia forte.
Allora distinguiamo.
Da subito ho trovato un ufficio composto da persone - colleghi e personale amministrativo - di ottimo livello. Preparazione, voglia di capire e di fare, di affrontare le tante difficoltà, buona specializzazione. Lo stesso vale per la polizia giudiziaria; i responsabili e i loro collaboratori sono di assoluta eccellenza, in grado di proporre spunti investigativi e di collaborare con il pubblico ministero con competenza e prontezza. Senza dubbio un ufficio carico di energia e io, come capo, cerco di mettere a sistema professionalità, esperienze e sforzi di tutti. Siamo sempre più una squadra e anche efficiente, credo di poter dire. Inoltre cerco di organizzare un contesto che renda il lavoro più agevole ed efficace possibile. Non sempre ci riesco, ma l’ufficio percepisce il mio sforzo.
Qualche esempio delle sue incombenze come capo della Procura?
Nei giorni scorsi ha destato un immeritato scalpore una mia circolare che fissa dei criteri di priorità perché i 34.434 fascicoli in attesa della fissazione dell’udienza non restino una massa indistinta e sconosciuta, ma diventino una sequenza sensata - l’ho chiamata la "coda intelligente" - dove una questione lieve, poniamo una multa per un’infrazione stradale, non faccia rinviare di anni la trattazione di casi ben più gravi, come un incidente sul lavoro o il danno subìto da un paziente in ospedale. Qui i numeri sono grandi: quest’anno, per dire, arriveranno 36mila denunce Inps per mancato versamento di contributi. Voglio tuttavia sottolineare un aspetto: i criteri di priorità, che peraltro condivido in toto, non sono stati fissati da me, ma dal Presidente del Tribunale in forza di una precisa norma di legge. Per quanto riguarda specificamente la Procura, a fronte di numeri sempre crescenti, ho potenziato la sezione Affari seriali, che sbriga le pratiche sempre uguali a se stesse, permettendo economie di scala su uomini, tempi e denaro. Anche se resta fuori dalla mia portata il problema degli spazi che non ho, di archivi che non ho, di gestione di iter burocratici complessi con personale che non ho. Conclusione: la soluzione vera della crisi della giustizia dipende dalle scelte del legislatore e dalle risorse che saprà mettere a disposizione.
Fino a due anni fa lei era Procuratore di Reggio Calabria, si occupava di ’ndrangheta, viveva isolato in una caserma. Una bella differenza, con la Roma delle terrazze e di salotti...
Sì e no. Certamente Roma è una città unica, non vivo più l’isolamento dei quattro anni reggini, dove giungevano frequenti segnali di pericolo. Comunque preferisco riposarmi in famiglia, l’offerta di mondanità non mi appassiona e sono anche persuaso che per un magistrato condurre una vita - diciamo così - tranquilla, riparata, aiuti a realizzare quel motto professionale valido a Palermo e a Reggio come a Roma: indagare a 360°, senza pregiudizi o tesi precostituite, ma senza fare sconti a nessuno.
Un’ultima domanda. Roberto Saviano, sottolineando l’importanza della collaborazione tra Procure, ha indicato lei, Ilda Boccassini, Federico Cafiero de Raho e Michele Prestipino come le toghe più esperte dell’antimafia.
Ringrazio Saviano e concordo sull’importanza del coordinamento serrato tra uffici giudiziari sullo stesso tema. Lavoriamo normalmente per rafforzare l’asse esistente con Milano e Reggio Calabria, come pure con Napoli e molte altre Procure, da ultimo quella di Udine. Quanto ai nomi indicati, penso siano solo esemplificativi perché, per fortuna, di magistrati impegnati e competenti in Italia ce ne sono tanti. ext.lmancini@ilsole24ore.com