Maurizio Molinari, La Stampa 18/3/2014, 18 marzo 2014
Ventuno satelliti cinesi, le forze aeronavali dell’Australia, l’intelligence di 15 Paesi, la task force parigina che ritrovò l’aereo dell’Air France nell’Atlantico del Sud e il sistema di sorveglianza planetaria del Pentagono: l’imponenza della caccia al Boeing della Malaysia Airlines scomparso l’8 marzo tradisce il timore che possa essere caduto nelle mani di un gruppo terrorista con un piano per usarlo
Ventuno satelliti cinesi, le forze aeronavali dell’Australia, l’intelligence di 15 Paesi, la task force parigina che ritrovò l’aereo dell’Air France nell’Atlantico del Sud e il sistema di sorveglianza planetaria del Pentagono: l’imponenza della caccia al Boeing della Malaysia Airlines scomparso l’8 marzo tradisce il timore che possa essere caduto nelle mani di un gruppo terrorista con un piano per usarlo. Le due capitali più impegnate nella ricerca del volo 370 sono Canberra e Pechino, rispettivamente responsabili delle ricerche nei corridoi Sud e Nord dove si suppone l’aereo sia scomparso. Il premier australiano Tony Abbott ha informato il Parlamento che le forze aeronavali «guidano le ricerche nell’Oceano Indiano Meridionale» grazie ai velivoli Orion «affiancati da unità di Nuova Zelanda e Usa». Ciò significa cercare il Boeing in una miriade di isole con particolare attenzione a quelle che dispongono di piste di atterraggio. «Faremo il nostro dovere nei confronti delle famiglie delle 239 persone a bordo» promette Abbott senza escludere nulla: dal recupero delle salme al salvataggio degli ostaggi. Zaharie Ahmad Shah comandante del volo malaysia airlinesZaharie Ahmad Shah comandante del volo malaysia airlines i percorsi del volo malaysia scomparsoi percorsi del volo malaysia scomparso Sono fonti dell’aviazione australiana a far sapere a «The Independent» che «il Boeing dopo aver disattivato le comunicazioni è sceso fino a 1500 metri di altezza, con l’intento di sfuggire ai radar come fanno i militari». L’aereo ha attraversato «almeno tre nazioni» a bassa quota prima di atterrare «fra Afghanistan e Pakistan» ovvero nell’area dei taleban. Sono informazioni senza conferme ma il timore che un gruppo terroristico abbia catturato l’aereo spiega perché il premier cinese Li Keqiang fa sapere che «stiamo impiegando 21 satelliti e molti aerei nelle ricerche». Zaharie Ahmad Shah pilota del volo malaysia airlinesZaharie Ahmad Shah pilota del volo malaysia airlines Una delle ipotesi è che il dirottamento abbia la firma dei separatisti uiguri e dunque Pechino teme di essere l’obiettivo del possibile attacco con un aereo-missile simile a quelli dell’11 settembre 2001. Ad avvalorare tale scenario è Rupert Murdoch con un tweet: «Il Boeing è nel Nord del Pakistan, dove stava Bin Laden». Per proteggersi dal rischio di un aereo-missile, Israele ha elevato le procedure di sicurezza per i voli in atterraggio: il pericolo è che il Boeing adoperi il codice di un volo di linea per evadere i controlli. «I fattori da tenere presenti si moltiplicano - riassume il premier cinese Li, non escludendo il suicidio dei piloti o il disastro - l’area delle ricerche si allarga e le difficoltà aumentano». Fariq Abdul HamidFariq Abdul Hamid Da qui la decisione dell’Indonesia di affidare all’aviazione il pattugliamento di Sumatra così come la creazione in Malaysia di una task force d’intelligence di almeno 15 Paesi a cui gli Usa fanno affluire i dati elettronici di droni e satelliti. Il contributo francese è l’invio degli 007 che trovarono i resti dell’aereo dell’Air France scomparso nel 2009 nell’Atlantico, ma Parigi precisa: «Le circostanze sono diverse perché quei piloti non avevano disattivato le comunicazioni». Ai malesi resta il compito delle indagini sull’equipaggio alla ricerca di tracce. L’unica certezza è che la voce dell’ultima comunicazione da bordo sia del co-pilota Fariq Abdul Hamid. Che diventa così il sospettato numero 1 nel giallo internazionale.