Sergio Romano, Corriere della Sera 18/3/2014, 18 marzo 2014
LA CRIMEA DONATA AL’UCRAINA. LE RAGIONI DELLA GENEROSITA’
Tra i tanti articoli e servizi giornalistici usciti in questi giorni su Crimea e Ucraina, ho letto che nel 1954 il presidente sovietico Nikita Krusciov, di origine ucraina, decise di «regalare» la penisola della Crimea alla Repubblica Socialista Sovietica Ucraina per commemorare il 300º anniversario dei Trattato di Pereyaslav tra i cosacchi ucraini e la Russia.Quali erano le intenzioni e gli obiettivi di questa decisione piuttosto insolita? La scelta di Krusciov fu un’azione solitaria o concordata con gli altri membri del Pcus? Come andarono veramente le cose?
Davide Chicco
dave.noise@gmail.com
Caro Chicco,
La decisione fu certamente collettiva perché nessun membro del Comitato centrale avrebbe osato dissentire pubblicamente dall’uomo (Nikita Krusciov) che aveva conquistato da pochi mesi la segreteria del partito. A Kiev il dono fu accolto entusiasticamente. Nikolaj Podgorny, secondo segretario del partito comunista ucraino, disse che era un’altra manifestazione del «grande amore fraterno del popolo russo» per la sua terra. Ma Krusciov e Podgorny erano d’origine ucraina e, il secondo, in particolare era l’uomo a cui era stato dato l’incarico di «rimettere ordine» nella sua terra dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Entrambi sapevano che gli invasori tedeschi erano stati accolti entusiasticamente nelle zone del Paese in cui nessuno aveva dimenticato la brutale collettivizzazione della terra negli anni Trenta, la spietata lotta ai kulaki, la lunga carestia, il trasferimento forzato dei contadini renitenti al di là degli Urali. Vi era stato un collaborazionismo indigeno che si era manifestato, tra l’altro, con il reclutamento di 80.000 ucraini per la Divisione SS Galizien. E la «restaurazione dell’ordine» ad opera di Podgorny, dopo la fine del conflitto, era passata attraverso la eliminazione di gruppi armati indipendentisti che continuarono a combattere per parecchi mesi.
Situazioni analoghe si erano verificate in altre zone occupate dalla Wehrmacht fra il Baltico e il Caucaso. La resistenza dei russi contro Hitler fu certamente una grande guerra patriottica, ma esistevano popoli, evidentemente, per cui l’Urss non era una patria. Per reprimere e punire, Stalin non esitò a usare in alcuni casi il metodo della pulizia etnica. Se ne servì con i ceceni, con i tatari della Crimea e anche con la piccola comunità italiana di Kerch sulla costa sud-orientale della penisola: tutti deportati verso il Kazakistan e altre regioni dell’Asia Centrale.
La donazione della Crimea all’Ucraina rientra in questo quadro. Le parole di Podgorny sono retoriche, ma il dono era un gesto di conciliazione e dimostrava l’importanza che lo Stato centrale attribuiva all’Ucraina per propria sicurezza e integrità. Vi erano del resto autorevoli precedenti. All’inizio degli anni Venti, per compiacere la Turchia, Stalin aveva regalato all’Azerbaigian l’enclave armena del Nagorno-Karabach.
P.S. La guerra tra l’Armenia e l’Azerbaigian per il possesso del Nagorno-Karabach fu il primo conflitto interetnico dopo la disintegrazione dell’Urss nel dicembre 1991 .