Umberto De Giovannangeli, L’Unità 17/3/2014, 17 marzo 2014
UN GIGANTE D’ARGILLA: ECCO L’ESERCITO DI KIEV
Sulla carta l’Esercito ucraino è considerato, per numero e dotazioni, il quinto d’Europa. Le forze armate ucraine constano infatti di oltre 170mila effettivi, con circa 100mila professionisti e 70mila militari di leva (anche in questo Paese la leva obbligatoria è in via di superamento); sono 70mila i militari dell’esercito, 45mila dell’Aeronautica, 15mila nella marina e circa 40mila dipendenti civili; la dotazione bellica si compone poi di oltre 4000 carri armati, 400 aerei, un centinaio di elicotteri da guerra, un sottomarino e una fregata (nessun tipo di arsenale nucleare è presente). Sulla carta, dunque, le armate di Kiev sembrerebbero in grado di far fronte alla potenza di fuoco messa in campo da Mosca. Ma, scavando nelle cifre, la realtà che emerge è di tutt’altro segno. Un Gigante dai piedi di argilla: è l’Ucraina vista dal punto di vista militare. A darne conto è un recente, e ben documentato, report di Rid (Rivista Italiana Difesa) a cura di Pietro Batacchi.
RAPPORTI DI FORZA
Nonostante gli sforzi dell’industria locale – rileva il report di Rid – il grosso degli equipaggiamenti è ancora incentrato su materiale di derivazione sovietica: carri T-64, già portati negli anni ‘90 allo standard B, e dal 2009 oggetto di un nuovo upgrade (T-64Bm Bulat, meno di 80 consegnati su circa 2.300), cui si aggiungono circa 180 T-55AGm e 270 T-80UD, un migliaio di T-72 e un pugno di più recenti T-84, la cui produzione ha visto privilegiato l’export. La gran parte dei T-64 e dei T-72 sono steccati nei depositi di riserva, in non valutabili condizioni operative, così come dubbio è lo status operativo dei T-55. Tra i pochi mezzi di origine occidentale, vanno segnalati gli Humvee in dotazione al battaglione ucraino-polacco (sorta di test per un’eventuale adesione ucraina alla Nato, e tra i reparti che Kiev impiega in numerose missioni Onu. Decisamente più problematica al situazione delle forze aeree: se i circa 70 elicotteri, da trasporto Mi-8/17 Hip e da attacco Mi-24Hind dell’Eserdto sono in discrete condizioni, l’Aeronautica se la passa peggio. Sulla carta può contare su un’ingente flotta di aerei da combattimento, la cui punta di lancia è formata da 30/40 Su-27 (in fase di ammodernamento, e non tutti operativi, nonostante spetti loro monitorare lo spazio aereo contro le intrusioni russe) e un’ottantina di Mig-29. Di questi non dovrebbero essere operativi più di una quarantina di velivoli operativi. Perse le migliori infrastrutture navali con l’occupazione russa della Crimea, la flotta ucraina rappresenta infine un assetto del tutto trascurabile, come dimostrano le immagini del suo trasferimento in porti più sicuri, in primis Odessa. Le unità principali sono una fregata leggera tipo Krivak III in servizio dal 1993 (impegnata nelle operazioni di Eunavfor contro i pirati, in questi giorni sarebbe stata al centro di un tentativo di defezionare a favore dei secessionisti, in un rincorrersi di voci contrastanti), 4 corvette, compresa una Grisha V completata nel 2006, una mezza dozzina di dragamine, 2 navi anfibie, e un certo numero di guardacoste e navi ausiliarie non tutte operative, più una ventina di elicotteri. L’unico sommergibile in servizio è invece un vecchio (1970) Foxtrot, già in disarmo tra 1997 e 2005, e impiegato per attività addestrativa, mentre un programma per 4 nuove corvette lanciato nel 2009 non è mai iniziato.
Le Forze armate ucraine, rileva Batacchi, devono affrontare la più grave crisi della loro storia ventennale con 3 handicap di non poco conto: primo, una decennale crisi politico-economica che ne ha minato i programmi di ammodernamento; secondo, l’apparato militare sta attraversando una delicata fase di transizione, legata al passaggio alla professionalizzazione sancito nell’ottobre scorso con la sospensione della coscrizione; terzo fattore» il più insidioso, la presenza di personale russofono o filorusso; talvolta in posti chiave (come dimostra il caso dell’ammiraglio Denys Berezovsky, passato dalla parte dei secessionisti della Crimea poche ore dopo essere stato nominato comandante della Marina Ucraina), e che rispecchia grosso modo la percentuale etnica della popolazione, con un 18% circa di residenti legato alla «madre Russia».
Lo sfaldamento degli apparti militari e di sicurezza (di cui fanno parte anche 100mila poliziotti e guardie di frontiera) rappresenta il peggiore degli incubi e l’anticamera di una guerra civile che verrebbe aumentata dai depositi dell’esercito ucraino che contengono migliaia di vecchi mezzi sovietici (tank, blindati, artiglieria) e milioni di armi leggere in un Paese dove la «difesa di popolo» sovietica e la leva militare hanno insegnato a tutti come si imbraccia un fucile. In quest’ottica il richiamo in servizio dei riservisti (un milione di uomini) potrebbe accelerare questo processo distribuendo armi su vasta scala.
GLI AMORI DIFFICILE DELLE BRAVE RAGAZZE –
Roberta Scorranese
L’intima natura dell’amore ama nascondersi e riconoscerne la fisionomia è forse una delle chiavi d’accesso alla maturità. Ma parlare dell’«amore delle ragazze», del sesso da adolescenti e dell’innamoramento che, a volte, porta a una gravidanza, richiede un esercizio di umiltà: scendere dal piedistallo dell’età adulta e vestire i loro occhi, il loro linguaggio, la loro prospettiva, in sintesi: capirle.
È amore quello che ci racconta Annalisa Strada ne La sottile linea rosa (Giunti), storia di Perla, sedici anni e in attesa di un bambino? E amore quello che spinge Juno, la protagonista dell’omonimo film con Ellen Page, ad affrontare una gravidanza appena sedicenne al fianco di Paulie? È amore quello che Anna, interpretata da Liana Liberato nel film Trust di David Schwimmer, legge nelle parole e negli approcci sessuali di Charlie, un 35enne che, spacciandosi per un coetaneo della ragazzina, la seduce e l’abbandona, lasciandola ferita morte?
Sta qui il problema: guardare le cose nella giusta prospettiva, senza pietismi ne prurigini, ma con delicatezza venata di autenticità. Una sfida raccolta dall’editoria per ragazzi (Giunti in testa) ma anche dalla televisione: il coraggioso programma 16 anni e incinta di Mtv (versione italiana del format americano 16 and pregnant) ha messo un Paese di fronte a storie che ancora oggi si preferisce pensare lontane, vive solo nelle periferie della civiltà. Carmen, sedici anni, italianissima, ha tre figli. Sì, tre figli avuti da un coetaneo che, inevitabilmente, preferisce la moto e il bar alle serate in casa. E come dargli torto? Come dare torto anche a Cesare, il tipo «ganzo» che seduce la scialbina Perla sotto l’effetto di una sangria?
Scandalo e recriminazioni perdono consistenza davanti alle cifre: secondo la Società italiana di ginecologia e ostetricia, quel 2,1 per cento delle gravidanze (in Italia) portato a termine da ragazze tra i 14 e i 19 anni, è destinato a crescere. E lo conferma, Margherita Moioli, referente del Centro di Accompagnamento alla crescita per genitori adolescenti dell’azienda ospedaliera San Paolo, a Milano, struttura pubblica pressoché unica in questo genere. «L’età media delle madri «adolescenti è sempre più bassa — spiega Moioli —. La cosa ci preoccupa perché sono sintomi di un disagio sociale vissuto in famiglia». Altri numeri: nel 2012, sono state 5 mila le ragazze sotto i 18 anni che sono rimaste incinte. Seimila quelle al di sotto dei 21. Perché?
Perché questo divario sempre più sottile tra l’età bambina e l’età adulta che sta lentamente erodendo quel fertilissimo immaginario che è l’adolescenza? Perché questa impellenza improvvisa nel trasformarsi non più soltanto in «piccole donne» (il rituale del primo rossetto, de tacchi alti, della sigaretta) ma ben oltre in «piccole adulte», con affetti ingombranti (molte di queste gravidanze non sono casuali), atteggiamenti «navigati»?
È come se si passasse direttamente alla «seconda» Lolita, quella giovane donna appesantita dalle amarezze che Humbert ritrova alla fine della sua parabola incendiaria. Moioli sottolinea: «Non conoscono bene l’alfabeto dei sentimenti e spesso scambiano per amore quel che amore non è». Tanto è vero che più sono giovani (al centro milanese c’è anche una madre di tredici anni) più negano la gravidanza perché non ne riconoscono sintomi e responsabilità. Il romanzo Megan di Mary Hopper (EL editore) è la fotografia perfetta di questa inconsapevolezza: la quindicenne Megan resta incinta e da allora è costretta a muoversi attraverso una serie di forze ostili, dai parenti agli amici.
«E poi, una volta che non si può più tornare indietro, c’è il problema dell’insegnar loro la maternità», dice la specialista. Di colpo, una bambina si ritrova a dover badare a un altro bambino, spesso in un ambiente poco favorevole. Sia Fox che Mtv hanno trasmesso in Italia la serie La vita segreta di una teenager americana, dove la quindicenne Amy resta incinta e, oltre alla nuova vita, è costretta a districarsi tra i litigi dei genitori. A volte si scappa, come Mia, la protagonista di Un’estate, una vita (Mondadori junior) di Julia Green. Il test positivo, la paura, la vergogna e, infine, la reazione più bambina che si possa immaginare: via da tutti.
«Avere un figlio a 17 anni porta a tante rinunce, non è semplice, la vita cambia totalmente, ma basta un suo sorriso per capire che è stata la scelta migliore». Così scrive sulla sua bacheca Facebook Ivonne Nicastro, una delle madri bambine raccontate da 16 anni e incinta. Ecco, quello che maggiormente colpisce una sensibilità matura è lo stridio tra le foto di questa bambina forse un po’ provata ma ugualmente frizzante, colorata, acerba e le espressioni «da grande», mutuate chissà da quale mondo adulto.
Perché non sempre restare incinte significa diventare madri. Ci sono quelle che restano bambine per tutta la vita, come la signora Malausséne dell’omonimo ciclo di Daniel Pennac («Era graziosa come una mamma. E ancora giovane come una mamma»). Ci sono quelle che si chiudono ancora di più nel proprio mondo infantile (come in Storia di Irene, di Erri De Luca» edito da Feltrinelli: mutismi e fughe di una quattordicenne che chiamano «sgualdrina incinta»).
E poi d sono loro, i ragazzi, l’altra metà di questo cielo così mutevole. Un bel romanzo di Nick Homby, Tutto per una ragazza (Guanda) affronta la questione con gli occhi di lui. Sam ha sedici anni, ama lo skateboard e ha un solo obiettivo nella sua giovane vita: non ripetere gli errori della sua famiglia, dove molti matrimoni sono stati «riparatori». Però la bella Alida lo fa innamorare e poi gli confessa di essere rimasta incinta. Sam allora non riesce ad affrontare questa verità e decide di scappare da Londra.
Forse, per capire l’amore degli adolescenti, occorre partire da queste fughe, che non si possono definire assenze di responsabilità. Ma sono comprensibili, sacrosanti smarrimenti, come quelli di Sara, protagonista della celebre canzone di Antonello Venditti: «Svegliati è primavera/Sara, sono le sette e tu devi andare a scuola». C’è la scuola, il motorino, amici, i libri, i progetti. Poi arriva quello che non ti aspetti e forse è da qui che comincia il vero romanzo sull’amore delle brave ragazze.