varie, 17 marzo 2014
PALLINATO SULL’AEREO SCOMPARSO PER IL FOGLIO DEI FOGLI 17 MARZO 2014
Da sabato 8 marzo il volo Mh370 della Malaysia Airlines è scomparso insieme ai suoi 239 passeggeri.
L’aereo, un Boeing 777, è decollato dall’aeroporto di Kuala Lumpur in Malesia alle 00.43 ora locale diretto a Pechino. All’1.01, secondo i tracciamenti radar, era a quota 35 mila piedi (10 mila metri), l’altitudine di crociera. L’ultimo segnale ricevuto all’1.21 e tre secondi indicava l’aereo in direzione 40 gradi a una velocità di 471 nodi, 175 km a nord della costa malese e a 223 a sud ovest di quella vietnamita. A quel punto si sono persi i contatti [1].
Nell’ultimo contatto il pilota si sarebbe limitato a dire: «Tutto ok, buona notte». Gli esperti ricordano che in caso di emergenza l’equipaggio deve seguire tre regole: pilota, usa gli strumenti, comunica. Guido Olimpio: «Dunque si può immaginare che il comandante e il secondo abbiano dovuto affrontare la situazione imprevista e repentina al punto tale da non poter lanciare alcun messaggio. E questo ha lasciato aperti tutti gli scenari possibili» [2].
La gestione caotica dell’intera vicenda ha causato molte critiche alle autorità malesi, che in più occasioni hanno fornito informazioni in contraddizione tra loro. Venerdì 14 il primo ministro Najib Razak ha detto che i sistemi di comunicazione a bordo del volo Mh370 sono stati volontariamente disattivati e che l’aereo potrebbe aver proseguito il suo volo per altre sette ore dopo esser stato dirottato. Questa ipotesi, ha detto Razak, è stata formulata con un «elevato grado di certezza» e si basa sul fatto che un ultimo segnale dell’aereo è stato rilevato via satellite alle ore 8:11 di sabato 8 marzo [3].
Da sabato l’aereo viene cercato lungo due possibili corridoi di volo che potrebbe aver preso dopo la scomparsa dai radar: uno che porta a nord verso il Kazakhstan e l’altro che punta a sud verso l’Indonesia e poi l’India. Le autorità della Malesia stanno indagando sul personale che era a bordo e sui passeggeri per capire se qualcuno di loro poteva avere le competenze per mettersi alla guida [4].
Tutti i membri dell’equipaggio sono di origini malesi. Zaharie Ahmad Shah, il capitano, ha 53 anni e lavora per Malaysia Airlines dal 1981. Ha accumulato 18.360 ore di volo e si era costruito da solo in casa un simulatore di volo di un Boeing 777 i cui ultimi viaggi virtuali sono ora all’esame degli inquirenti [5].
A bordo, passeggeri di 14 differenti nazionalità: la maggior parte cinesi, 152, poi 38 malesiani, 12 indonesiani, 6 australiani, 4 americani, 3 francesi. Stando ai documenti, a bordo ci sarebbero stati anche un italiano e un austriaco, ma si è subito scoperto che i loro passaporti erano stati rubati e utilizzati da due cittadini iraniani diretti in Europa via Pechino per chiedere probabilmente asilo politico [5].
Gabriele Romagnoli: «Quando il Boeing del volo Mh370 “svanisce”, la prima ipotesi è come sempre: terrorismo. Il riflesso condizionato valeva anche prima dell’11 settembre. Le indagini iniziali svelano l’utilizzo di passaporti rubati da parte di due passeggeri con biglietti sospetti di sola andata. Di loro un inquirente dirà che “somigliano al calciatore Balotelli”. Si scoprirà che sono due circa ventenni iraniani. Che cosa ci rivela la circostanza? Anzitutto che le inchieste sono affidate a burloni, o cialtroni, dipende. Poi ci insinua un dubbio: due iraniani con nomi come Luigi Maraldi e Christan Kozel? Questi, non dovevano controllarli? Eccola qua, la mitologia del controllo. Abbiamo passaporti elettronici, foto digitali, scansioni fisiognomiche. Niente e nessuno passa inosservato. La domanda è: dove? E la risposta non è: dappertutto» [6].
L’Interpol ha fatto sapere che i due passaporti usati sull’aereo erano presenti nell’archivio dei documenti persi o rubati, aggiungendo che in circolazione potrebbero esserci più di 40 milioni di documenti persi o rubati, e che i controlli in molti paesi sono così poco accurati che «in più di un miliardo di casi i passeggeri sono stati in grado di imbarcarsi su un aereo senza che il loro passaporto venisse controllato incrociando i dati con i database dell’Interpol» [7].
«Insomma, i passaporti falsi sono molto comuni. Ma anche se non lo fossero, in genere i terroristi usano passaporti rubati? I dirottatori dell’11 settembre non l’hanno fatto» (Martin Robbins) [8].
Alcuni si sono spinti a ipotizzare il furto su commissione: sul mercato dell’usato un simile aereo vale circa 50 milioni di dollari. Prima il velivolo sarebbe stato fatto volare a bassa quota per sparire dai radar, sarebbe stato smontato pezzo dopo pezzo [9].
Sembra ormai poco probabile l’ipotesi dell’incidente. Ettore Livini: «Anche perché in fase di crociera è estremamente raro e si è verificato pochissime volte in passato. Nel 2002 un aereo di China Airlines con 225 persone a bordo in volo da Taipei a Hong Kong si disintegrò mentre stava per raggiungere l’altitudine di crociera. Nel 2009 un volo di Air France scomparve dai radar mentre si trovava al largo delle coste del Brasile e furono necessari due anni di ricerche per trovare i rottami dell’aereo. In entrambi i casi l’equipaggio non ebbe il tempo materiale di comunicare emergenza e posizione a te terra» [1].
Se è finito in fondo all’Oceano, trovare l’aereo potrebbe ormai essere impossibile. Daniele Raineri: «Mancano 25 giorni prima che le batterie di un dispositivo che segnala la posizione della scatola nera dell’aereo anche da sott’acqua, poi il relitto – se l’aereo è caduto in fondo all’oceano o su una parte disabitata di terraferma – diverrà “muto”. La speranza più recente alcuni giorni fa era legata all’immagine di alcuni detriti in mare scattata da un satellite cinese, ma si è rivelata una falsa pista» [10].
«Può capitare, è capitato che un aereo “scompaia” per causa o scelta del pilota: manovra errata o suicidio. Sapeva quel che faceva l’egiziano primo ufficiale di riserva sul volo Msr990 del 31 ottobre 1999 da New York al Cairo: voleva suicidarsi nell’oceano e ci riuscì, portando con sé 216 persone» (Romagnoli) [6].
La più famosa scomparsa nella storia dell’aeronautica fu Amelia Earhart. Dopo essere stata la prima donna nella storia a trasvolare da sola l’Atlantico, scomparve nel Pacifico il 2 luglio 1937 mentre tentava il giro del mondo insieme al copilota Fred Noolan. Né corpi né velivolo sono stati mai ritrovati [11].
La fantascienza si è poi sbizzarrita sulle misteriose sparizioni di aerei (e di navi) in un triangolo di spazio aereo nell’Atlantico al largo del Golfo del Messico. Il primo caso fu quello di una squadriglia di cinque torpedinieri Tbm Avenger in volo d’addestramento con 13 uomini partito dalla Florida il 5 dicembre 1945 e mai più tornata. Poi scomparvero nell’arco di un mese due Avro Tudor IV della British South American Airways (1948-49). Nel dicembre 1948 sparì un Dc-3 in volo fra Portorico e Miami con 32 passeggeri e il 28 agosto 1963 due aerei-cisterna Kc 135 Stratotanker della Us Air Force, si suppose in una collisione. Ma frammenti riaffiorarono a distanza di 160 km l’uno dall’altro [11].
Ma come è possibile che un aereo sparisca nel nulla? Emanuele Menietti: «Per organizzare il traffico aereo, il mondo è suddiviso in grandi regioni chiamate “centri” (Acc), ognuno dei quali è sotto la responsabilità di uno specifico gruppo di controllori del traffico. Ogni aereo segnala il suo piano di volo al centro più vicino durante le sue fasi di partenza, e questo viene inserito nel sistema che provvede a inviarlo agli altri centri di controllo cui si “aggancia” l’aereo mentre prosegue il suo viaggio. I centri di controllo hanno il compito di organizzare il traffico, di assicurarsi che non ci siano pericoli per potenziali collisioni tra aerei e di fornire assistenza ai piloti in volo.» [12].
Il primo modo per restare in contatto con un aereo sono le comunicazioni a voce via radio. La seconda fonte di informazione sono i sistemi radar, di cui esistono due tipi: il radar primario che dice al controllore del traffico dove si trova l’aereo e poco più; il radar secondario che rileva il segnale inviato da un dispositivo che si chiama transponder e fornisce a terra diversi dati compresa l’altitudine. C’è poi il sistema Ads-B (Automatic Dependent Surveillance – Broadcast): l’aeroplano rileva la propria posizione geografica tramite i satelliti e la trasmette a una stazione a terra, che a sua volta può inviare informazioni come le condizioni meteo e la presenza di altri aerei nei paraggi [13].
Il problema di tutte queste strumentazioni è il loro raggio di azione. A seconda delle condizioni atmosferiche, i segnali radio che inviano hanno una portata che oscilla tra i 150 e i 300 chilometri. Se non hai un sistema a bordo per le comunicazioni satellitari, non c’è modo di comunicare con un centro di controllo a terra quando sei nel bel mezzo del volo su un oceano. In casi simili i computer mettono insieme le ultime informazioni note sulla posizione, la velocità e l’altitudine dell’aereo con il piano di volo indicato e calcolano di conseguenza il tragitto che sta compiendo l’aeroplano. In questo senso si può quindi dire che gli aerei scompaiono di continuo e che, in assenza di informazioni contrarie, si assume che tutto sia a posto e che tornino a farsi sentire appena entrati nel raggio di comunicazione di un nuovo centro di controllo. Con il volo Mh370 però non è successo [12].
Intanto, intorno al caso dell’aereo della Malesia è montato un inquietante scontro tra potenze militari e servizi segreti di Paesi concorrenti. Giampaolo Visetti: «Eserciti e intelligence, grazie a satelliti spia, radar, segnali radio, campi telefonici e aerei invisibili, sarebbero nelle condizioni di localizzare il Boeing, ma pagando il prezzo di rivelare al mondo il possesso di tecnologie tenute riservate. Cina e Usa, ma pure India e Giappone, uniti ieri nelle operazioni, certi di non poter più salvare vite umane, preferirebbero ritardare la soluzione del giallo, piuttosto che scoprire dotazioni militari segrete» [14].
(a cura di Luca D’Ammando)
Note: [1] Ettore Livini, repubblica.it 13/3; [2] Guido Olimpio, Corriere della Sera 13/3; [3] Il Post 15/3; [4] Ettore Livini, repubblica.it 15/3; [5] tutti i giornale 9/3; [6] Gabriele Romagnoli, la Repubblica 13/3; [7] Valerio Cattano, il Fatto Quotidiano 11/3; [8] Martin Robbins, Vice.com 12/3; [9] Paolo Mastrolilli, La Stampa 15/3; [10] Daniele Raineri, Il Foglio 14/3; [11] Maurizio Stefanini, Libero 15/3; [12] Emanuele Menietti, Il Post 13/3; [13] Raymond Zreick, Focus.it 13/3; [14] Giampaolo Visetti, la Repubblica 13/3.
(articolo chiuso sabato 15 alle ore 20)