Stefania Tamburello, CorriereEconomia 17/3/2014, 17 marzo 2014
BANKITALIA UNA RIVALUTAZIONE IN CINQUE ATTI
La fase dei dubbi e delle forti contestazioni è finita. Si è conclusa martedì sera quando, dopo la chiusura delle borse, con un comunicato congiunto, Banca d’Italia, Consob e Ivass hanno dato il via libera definitivo al riassetto proprietario dell’Istituto di via Nazionale. E hanno così risolto in poco più di dieci righe le osservazioni della Bce, e le perplessità, peraltro non pubblicizzate, dell’Esma, l’autorità europea di vigilanza sulle società e sui mercati, sul computo della rivalutazione delle quote del capitale di Bankitalia, aumentato da 156 mila euro a 7,5 miliardi, nei bilanci delle banche e delle società partecipanti.
Il giorno prima era stata la Commissione presieduta da Giuseppe Vegas ad anticipare il disco verde, ma tra i suoi destinatari c’erano solo le banche quotate. E così il giorno dopo sono intervenute anche la Banca d’Italia e l’Ivass, l’Istituto di vigilanza delle assicurazioni, dietro un preciso quesito presentato da Generali. Il comunicato congiunto riproponeva grosso modo le osservazioni della sola Consob ma si rivolgeva a tutte le banche e alle compagnie assicurative nonché sostituiva il «potranno» della comunicazione della Commissione con «dovranno».
Strada aperta
Via libera dunque alla rivalutazione delle quote a valere sul conto economico del bilancio 2013, come per prima ha fatto Unicredit riducendo così la perdita conseguita. E via libera anche al versamento, che avverrà gradualmente in tre anni delle imposte sulle plusvalenze. «Allo stato degli atti, gli amministratori delle società detentrici delle quote Banca d’Italia dovranno adottare, in sede di approvazione del bilancio 2013, modalità di contabilizzazione che tengano conto di quanto disposto dalla legge nel rispetto dei principi contabili internazionali e avvalendosi del complessivo quadro informativo disponibile», recitava il comunicato delle tre autorità che ha fatto scattare la seconda fase della riforma.
Non tutti gli interrogativi però hanno ottenuto risposta al di là di quelli - relativi soprattutto alle motivazioni del restyling della banca centrale - chiariti da appositi e differenti approfondimenti pubblicati sui siti del Ministero dell’Economia e della Banca d’Italia. Il primo interrogativo riguarda la possibilità di computare la rivalutazione delle quote nel patrimonio di vigilanza 2013 delle banche valido per gli esami - Asset quality review e stress test - avviati dalla Bce guidata da Mario Draghi. L’Istituto di via Nazionale è stato chiaro su questo punto: non si potrà fare perché c’è un filtro prudenziale (il divieto di calcolare nel patrimonio le plusvalenze potenziali non realizzate) ad impedirlo. Un filtro che non è stato rimosso anche per evitare che in sede europea, in particolare dalle banche tedesche potessero arrivare critiche e accuse.
Percorso a tappe
Il calcolo delle rivalutazione lo si potrà fare a valere sui conti del 2014 secondo le gradualità indicate dalla Vigilanza, per il 20% nel 2014 e via via fino ad arrivare al 100% nel 2018. Una strada, quella della gradualità, che potranno evitare solo le banche che dovessero vendere le proprie partecipazioni o una parte di queste, come i due principali gruppi italiani Intesa San Paolo, maggior quotista di Bankitalia col 29% e Unicredit, secondo col 22%, costretti dalla legge a portare in tre anni sotto il tetto del 3% le rispettive partecipazioni. Le plusvalenze realizzate infatti potranno essere valutate per intero nel patrimonio.
Tutti i problemi e le perplessità sorti sulla riforma del capitale di Bankitalia sono stati risolti «passo dopo passo», afferma il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli che come presidente della Cassa di Ravenna è anche quotista della banca centrale. E che a proposito del filtro prudenziale si chiede perché le banche italiane debbano essere trattate diversamente dagli altri istituti europei che partecipano al capitale della banca centrale del loro paese, cosa che avviene in Belgio e Grecia o Cipro. E questo solo perché la Banca d’Italia è arrivata buona ultima ad adeguare ai valori di mercato il proprio capitale, fermo fino alla riforma, ad un ammontare simbolico di 156 mila euro, conversione di quei 300 milioni di lire versati alla momento della costituzione nel 1936. «Passo dopo passo», ripete Patuelli sostenendo che le regole in Europa non possono che non essere uguali per tutti i paesi.
Eccessi
Un secondo interrogativo riguarda la vendita delle quote in eccesso da parte di Intesa e Unicredit, ma anche di Generali, Inps e Carige che potrebbero anche essere acquisite in via temporanea anche dalla Banca d’Italia. Che prezzo avranno le azioni che hanno un valore nominale di 25 mila euro l’una? Gli acquirenti non mancheranno, ha assicurato la Banca d’Italia. Quanto al valore dipenderà anche dal rendimento che le azioni potranno assicurare. La legge prevede che non possano ricevere più del 6% dei dividendi annuali, cioè non più di 450 milioni complessivi. Il primo appuntamento per saperne di più sarà quindi il 31 maggio, il giorno dell’assemblea della Banca d’Italia in cui verranno resi noti utili e dividendi.