Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Bossi è atteso oggi a Pontida, ma intanto ieri ha sparato un’anticipazione del discorso: vuole tre ministeri a Monza (Economia, Riforme e Semplificazione) e forse uno a Milano (Lavoro). A Monza dice che il sindaco ha messo a disposizione la Villa Reale «senza spendere una lira, noi andiamo là». Sarebbe in ballo anche il trasferimento del ministero del Lavoro, a Milano.
I romani non dicono niente?Sì, la Polverini, governatore della Regione ha detto: «I
ministeri non si muoveranno da Roma: da domani saremo al lavoro per raccogliere
le firme contro lo spostamento dei dicasteri. «È un arrogante affronto alla
Capitale. Bisogna dire basta a queste proposte inutili e dannose». Zingaretti,
presidente della Provincia: «Che tristezza questo Governo anti-Roma, che
costringe le Istituzioni a promuovere una raccolta di firme per mantenere nella
nostra Capitale le prerogative che sono di tutte le Capitali mondiali. Che
tristezza, perché questo Governo all’inizio della legislatura si era riempito
la bocca di vuote parole sui fondi per la nostra città e sulla legge per Roma
Capitale».
Mi dia la chiave delle dichiarazioni di Bossi.
Intanto, per spostare i ministeri ci vorranno soldi
e tempo. Le dico francamente che la cosa non mi pare possibile e mi pare
impossibile che Bossi e gli altri leghisti non se ne rendano conto. Quindi, la
sparata dei quattro ministeri va interpretata alla luce di quello che accadrà
oggi sul pratone di Pontida, dove i leader leghisti, e Bossi in particolare,
rischiano molto. Primo rischi al pratone si presenta poco popolo, e la festa
riesce sciapa. Secondo rischi Bossi e chi altri eventualmente parlerà (forse
nessun altro) si pigliano un po’ di fischi o, comunque, pochi applausi. Queste
reazioni metterebbero a rischio il governo, perché a quel punto il vertice
leghista, ansioso di recuperare consensi, potrebbe decidersi a mollare
Berlusconi. C’è anche l’occasione: a metà settimana è previsto un voto di
fiducia. Queste bombe del Senatùr vanno lette quindi – paradossalmente – in
chiave moderata: rassicurare la base e avere in cambio un po’ di fiato per
tirare avanti.
La riforma del fisco?
I giornalisti hanno fatto al capo leghista parecchie
domande. Tremonti è d’accordo? Bossi: «Secondo te? Ma Berlusconi penso di sì».
Quindi è pace con il premier? «No, non è pace con il premier, è solo portare
fuori da Roma un po’ di ministeri. Servono altre cose, come quelle
sull’economia. Provvedimenti sul fisco? Sì». Il governo va avanti? «Domanda
cattiva. A Pontida ci saranno altre sorprese». Come vede, è un continuo
oscillare per confortare la base senza ancora rompere del tutto. L’altro
giorno, a una domanda sulla durata del governo, aveva fatto il gesto del
pollice verso. E qualche ora dopo aveva precisato che era rivolto ai
giornalisti. Sulla riforma del fisco, non so come faranno a procedere dopo la
sentenza di Moody’s.
Che cos’è la sentenza di Moody’s?
L’agenzia internazionale Moody’s venerdì ha
minacciato di abbassare il rating sul debito pubblico italiano. Il rating è il
voto che queste agenzie internazionali dànno alle istituzioni indebitate: in
pratica valutano il rischio che i creditori non riabbiano i loro soldi. Noi
potremmo essere declassati a settembre, e tra le ragioni addotte da Moody’s per
il suo monito c’è anche la debolezza politica del premier e la sua volontà di
risalire la china allargando i cordoni della borsa. Pesano anche, naturalmente,
il rischio Eurolandia (in caso di default greco potremmo essere colpiti dalla
caduta di fiducia nell’euro) e il nostro tasso di crescita troppo basso.
E che succederà se davvero Moody’s ci abbasserà
il voto?
Niente. O forse molto. Dipenderà dalla situazione in
cui ci troveremo (noi e il mondo) in settembre. Di fronte a un voto basso, gli
investitori potrebbero decidere di vendere i titoli italiani, deprezzandoli.
Negli Stati Uniti da molti anni fondi pensione, grandi banche, assicurazioni
non possono detenere in portafoglio titoli che abbiano rating inferiori a un
certo livello. Potremmo dover pagare interessi più alti per piazzare i nostri
titoli. Bossi, Berlusconi e i sindacalisti vogliono il taglio delle tasse, e
invece noi potremmo essere costretti a tirar fuori soldi per far star buoni le
banche e i finanzieri del mondo. Un primo giudizio dei mercati lo avremo già
domani (nuove aste di Bot e Ctz) e martedì (nuove aste di Cct). Mercoledì
scorso la differenza nei rendimenti dei titoli di stato italiani rispetto ai
bund tedeschi (spread) ha superato i 200 punti base. E il nostro debito ha
toccato questa settimana il nuovo record di 1890,6 miliardi, +2,5% sul 31
dicembre 2010, cioè 22 miliardi in più
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 19 giugno 2011]
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