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 2011  giugno 19 Domenica calendario

Marinella, lei è il re della cravatta. Come è incominciato tutto questo? «Mah... Siamo alla soglia dei cent’anni, siamo nati nel 1914

Marinella, lei è il re della cravatta. Come è incominciato tutto questo? «Mah... Siamo alla soglia dei cent’anni, siamo nati nel 1914. Il nostro segreto credo sia questo: non abbiamo mai solo pensato a vendere ma ci abbiamo messo passione, emozione e napoletanità positiva». Cos’è la napoletanità positiva? «È accogliere, coccolare, riconoscere e seguire i clienti. Io sono cresciuto con mio nonno, uomo di grande serietà e rigore e poi sono maturato con mio padre, che mi ha trasmesso il gusto di continuare il commercio come un tempo, con attenzione e dedicandosi ai clienti. Quando mio nonno è morto io avevo 15 anni e mio padre mi disse “Bisogna dimostrare che si possono fare cose importanti partendo da Napoli e restando a Napoli”». Il business è cresciuto, ma il negozio in Piazza Vittoria non è cambiato. «Sì. Per antica tradizione apro tutti i giorni alle 6.30. Facciamo una pausa di un’ora e mezza all’ora di pranzo e poi siamo aperti fino alle otto». Lei sta proprio dietro il banco? «Assolutamente si. La mia vita è lì. In prima linea». Quante cravatte vendete? «Riusciamo a produrre 180 cravatte al giorno contro una richiesta di 700-750. Ma non possiamo, e non vogliamo in alcun modo, farne di più». Quanto costano le vostre cravatte? «Cento euro o 120 se fatte su misura». E cosa hanno di speciale? «Grande qualità. Cerchiamo le stoffe più belle in Inghilterra o in Italia e mettiamo interni di lana eccezionali, che danno morbidezza e corposità. E poi condiamo il tutto con passione. In questi anni abbiamo cambiato pochissimo. Pur avendo spesso un campionario nuovo facciamo più o meno sempre lo stesso lavoro: è la nostra forza». Però la moda cambia, no? «Facendo cravatte su misura noi seguiamo le esigenze dei clienti». Il colore più richiesto qual è? «È sempre il blu, che va bene in tutte le occasioni, ma siccome siamo a Napoli anche l’azzurro e il rosso e il giallo. Negli ultimi anni c’è stato un delirio di lilla e viola che, grazie a Dio, adesso sta un po’ diminuendo». Oggi la cravatta si porta meno. «Sì. Nessuno è obbligato a metterla e quindi chi la indossa lo fa con passione e dignità estetica. Indossare la cravatta, secondo me, è ancora il modo giusto di presentarsi. Naturalmente vi sono occasioni in cui io stesso non la porto, ma ritengo che sia importante mantenere la forma e il rispetto». I suoi clienti sono molti, famosi e internazionali? «I napoletani rappresentano lo zoccolo duro, il 60-70 per cento dei nostri clienti, ma negli ultimi anni c’è stata certamente un’internazionalizzazione. L’estero rappresenta circa il 15 per cento: Giappone, Francia, Spagna, Stati Uniti. Il 1˚ giugno abbiamo aperto un bellissimo piccolo negozio a New Bond Street a Londra, che ha iniziato molto bene. Napoli del resto ha sempre avuto un filo conduttore con Londra. Napoli è sempre stata sensibile all’eleganza inglese». Tra i clienti più famosi chi c’è? «Abbiamo stabilito diversi record, per esempio avere fatto cravatte per tutti i presidenti italiani da Enrico De Nicola, primo Presidente della Repubblica, all’attuale presidente Giorgio Napolitano. Dalla famiglia Kennedy in poi abbiamo fatto cravatte anche per tutti i Presidenti americani compreso Obama e sua moglie Michelle, che ha comperato dei foulard da noi. Abbiamo avuto come clienti i presidenti Chirac, Mitterrand, Sarkozy, e poi Tony Blair, Carlo di Inghilterra ma anche il campione di pallacanestro Magic Johnson oppure scrittori come Alberto Moravia, giornalisti come Indro Montanelli, e poi Luca di Montezemolo e Diego Della Valle. Un nostro cliente molto amato fu l’avvocato Agnelli. Ricordo l’ultima volta che lo vidi, in Corso Marconi nella vecchia sede Fiat. Era di cattivo umore e mi disse: “Maurizio sono un po’ intristito oggi, parlami di Napoli”. Alla fine mi disse: “Non ho voglia di scegliere una cravatta, fammi dodici cravatte nere”.». E tra gli attori? «Vittorio De Sica, Eduardo De Filippo oppure il regista Luchino Visconti, che veniva prima di andare nella sua villa di Ischia. Ho conosciuto anche un Helmut Berger quando era bellissimo. È passato di qui pure Paolo Villaggio...» Non vendete solo cravatte però. «Da sempre facciamo accessori: scarpe, profumi, maglieria, orologi, pelletteria, foulard, sciarpe. Mio nonno diceva che se si indossa sempre lo stesso vestito grigio ma si cambiano camicia e cravatta sembra un vestito diverso». Come sta davvero Napoli oggi? «È una città straordinaria, io l’adoro. Abbiamo vissuto momenti di grande tristezza ultimamente, soprattutto per il problema della spazzatura che ha stravolto le nostre vite, speriamo di voltare pagina. Ne sentiamo davvero l’esigenza». È una città in decadenza rispetto alla Napoli di suo nonno? «Mio nonno mi diceva: “Maurizio, le tre capitali europee sono: Napoli, Parigi e Vienna. Roma è una città papale, Napoli una grande capitale culturale”. Io sono sempre positivo e propositivo, amo l’Italia che è un paese straordinario. Ma purtroppo è abitata dagli italiani e questo non è sempre positivo. Vorrei che la riscossa però nel nostro Paese partisse da Napoli e che Napoli facesse da traino».