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 2011  giugno 19 Domenica calendario

NAPOLI —

Dice il sindaco Luigi de Magistris che «in quattro o cinque giorni Napoli può tornare a essere pulita» . Ma aggiunge che «questo può avvenire solo se tutti si prenderanno le proprie responsabilità» . E quando dice tutti, intende tutti davvero: se stesso, il suo assessore all’Ambiente Tommaso Sodano, l’Asia, che cura la raccolta della spazzatura, la Provincia, la Regione, il governo. Difficile dargli torto: quasi due decenni di emergenze rifiuti dimostrano che come se non può esserci un solo responsabile (nessuno, neppure Bassolino, è stato al potere ininterrottamente per tanto tempo), non può esserci neanche un solo risolutore. Dietro il ragionamento di de Magistris ci sono due cose: un calcolo strettamente aritmetico e un piano più articolato. Il primo si basa sulla quantità di spazzatura al momento accumulata nelle strade, 2000 tonnellate, la produzione giornaliera dei napoletani, 1250 tonnellate, e la capacità di raccolta di Asia che in questo momento, come spiega il nuovo presidente Raphael Rossi, ha potenziato i turni giornalieri (a eccezione della domenica), portandoli a tre e «lavorando quindi 24 ore su 24 sei giorni su sette» . In questo modo, oltre alle 1250 tonnellate di produzione quotidiana, possono finire sui camion altre 450 tonnellate di spazzatura al giorno. Si arriverebbe così a raccogliere, teoricamente, 8500 tonnellate di immondizia in cinque giorni, addirittura di più delle 8250 calcolate moltiplicando per cinque la produzione quotidiana e aggiungendo le 2000 dell’attuale giacenza. I conti tornano, sulla carta. Ma bisogna farli tornare anche sulla strada, dove i sacchetti marciscono al sole, il rischio di infezioni aumenta, la puzza prende allo stomaco e c’è sempre l’imbecille che pensa di risolvere qualcosa bruciando tutto. E per far tornare i conti bisogna sapere dove andare a portare la spazzatura. Perché l’emergenza esplode sempre quando non si ha dove mettere l’immondizia: i camion raccolgono ma non possono sversare e quindi non possono tornare a raccogliere. E nelle strade i sacchetti aumentano, debordano dai cassonetti, diventano cumuli e poi in certi casi quasi montagne. È successo così anche stavolta: fino a ieri a Napoli non si sapeva dove andare a portare la spazzatura. La discarica di Chiaiano è quasi satura, quella di Terzigno può accogliere solo l’immondizia dei comuni vesuviani, e in base al primo provvedimento adottato da Berlusconi quando si insediò a Palazzo Chigi (il decreto con il quale fu affrontata l’emergenza del 2008) non si può ricorrere alle discariche di altre province campane. Non resta quindi che portare l’immondizia fuori, nelle già disponibili Marche e Puglia, o in altre regioni con le quali si stringeranno accordi. Ma per farlo ci vuole un decreto del governo, dopo che una sentenza del Tar del Lazio ha imposto lo stop ai trasferimenti se non in presenza di intese istituzionali. Se ne sarebbe dovuto discutere durante il consiglio dei ministri di giovedì scorso, ma la Lega si è opposta a mettere la questione all’ordine del giorno. Quindi se ne riparlerà a metà settimana, sempre se Calderoli, che ha rivendicato la paternità del veto, o altri del suo schieramento, non decideranno di insistere. Ma Napoli non può aspettare, e perciò Comune, Regione e Provincia, d’accordo con il prefetto, hanno deciso di ricorrere ai siti di trasferenza, impianti dove la legge prevede che ogni carico di spazzatura portato rimanga per non più di 72 ore. Cosa ben diversa, quindi, dalle discariche e pure dai siti di stoccaggio, in cui i tempi di permanenza sono molto più lunghi. Ieri il presidente della Provincia Luigi Cesaro (cui spetta in questo caso la competenza) ha disposto l’apertura di tre siti di trasferenza, due ad Acerra e uno a Caivano. Dovranno -o dovrebbero -durare poco, ma già sono cominciate le prime proteste degli abitanti che non si fidano. Se non ci saranno intoppi, in cinque giorni giorni la spazzatura potrebbe davvero sparire dalle strade, ma se non ci sarà il decreto del governo sui flussi extraregionali, la crisi ricomincerà subito. E in piena estate diventerebbe sicuramente emergenza sanitaria. Fulvio Bufi