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 2011  giugno 19 Domenica calendario

La politica in difficoltà rischia di produrre junk food, cibo spazzatura che riempie e non nutre. Deve sfamare l’elettore inquieto con decisioni magari poco utili, alla lunga persino nocive ma attraenti

La politica in difficoltà rischia di produrre junk food, cibo spazzatura che riempie e non nutre. Deve sfamare l’elettore inquieto con decisioni magari poco utili, alla lunga persino nocive ma attraenti. Le misure adottate, o anche solo annunciate, devono essere apparentemente sazianti, e soprattutto vistosamente confezionate. I piatti forti del momento sono due, tasse e immigrazione con contorno di pezzetti ministeriali al Nord. Non è detto che il contenuto sia sempre nocivo: qualche volta semplicemente non corrisponde all’etichetta. Questo è il caso del decreto sul rimpatrio degli irregolari approvato il 16 giugno. Nell’involucro appaiono gli intenti severi. Il decreto viene presentato al pubblico di Pontida con l’allettante promessa di ridurre l’immigrazione clandestina e di farlo a muso duro. Di fatto, la parte che prevede una stretta repressiva avrà effetti limitati, mentre non sono poche le misure che renderanno la vita degli immigrati, anche degli irregolari, meno aspra. Il provvedimento più vistoso, quello che ha scatenato le indignate proteste dell’opposizione e dell’ associazionismo, prevede l’aumento fino a 18mesi del tempo di custodia nei Cie, i centri di identificazione ed espulsione.Èun aumento consentito, come tettomassimo, dalla direttiva europea del dicembre 2008 sui rimpatri degli irregolari. E si tratta del terzo incremento introdotto dal centro-destra rispetto agli iniziali 30 giorni della legge Turco-Napolitano: nel 2002 il tetto è salito a 60 giorni, nel 2009 a 6mesi.Quest’ultimo scatto ha fatto aumentare del 40%le identificazioni,ma dubito che quello nuovo produca simili effetti: se non si individuano gli estremi di una persona in 6mesi è difficile riuscirci nei tempi supplementari. E 18 mesi rappresentano comunque una privazione della libertà del tutto sproporzionata rispetto all’infrazione commessa: reati come il furto o la truffa sono punibili da 6mesi a 3 anni di carcere, ma un incensurato se la può cavare con meno delminimo. Per chi crede che rinchiudere sia comunque un buon rimedio, il problema della congruità del danno inflitto non si pone.Di qualcosa altro però anche lui dovrebbe preoccuparsi. I Cie ospitano già troppe persone che ci vivono in condizioni di degrado. Si può reggere l’ulteriore affollamento derivante dall’allungamento dei tempi senza rischiare altre sommosse? Il bilancio dello Stato e quello specifico del ministero dell’Interno sono alla disperata ricerca di fondi: si può tenere un anno in più neiCie un soggiornante che costa da 40 a 50 euro il giorno? La risposta è un doppio «no». Anche l’associazione nazionale dei funzionari di polizia non crede alla promessa diMaroni di riuscire a espellere tutti alzando il tetto a 18mesi, anche loro paventano rivolte.Ma il decreto non impone di rinchiudere tutti gli irregolari intercettati, né di espellerli coattivamente. Nei casi non pericolosi, il Cie e le espulsioni forzate si evitano e si applica il foglio di via; nel tempo necessario al rimpatrio il questore può imporremisure di garanzia come la consegna del passaporto o l’obbligo di dimora. Il decreto è insomma meno feroce di quanto voglia far credere. Per esempio, agevola l’ingresso e il soggiorno dei familiari stranieri dei cittadini comunitari. E chi infrange lemisure alternative imposte, chi non se ne va a tempo debito, chi rientra di nuovo irregolarmente, non è più punito con il carcere, ma solo con un’ammenda. Certo, anche queste cifre (da 3mila a 18mila euro) sono sproporzionate, quando in Italia per lesioni colpose gravissime sipaganoda 309 a 1239 euro.Ma sappiamo che i nullatenenti comunque non pagano, per il buonmotivo che non possono. Dubito quindi che dagli irregolari ribelli sipossano spremeregrandimulte. La principale ragione per la quale nella minacciosa scatola del decreto si trovano nascoste anche misure che stemperano lepolitiche repressivenonèunaccesso di resipiscenza buonista. Il fatto è che il decreto, come dice il suo titolo, attua due direttive comunitarie. Il governo ne ha dovuto tenere conto anche perché una sentenzadellaCorte di giustizia europea del 28 aprile ha invitato il legislatore italiano ad adeguarsi. Lo ha fatto rigettando la pena del carcere per irregolari recidivi, ed è ovvio chedopoquesta tiratadi orecchie tutto l’impianto andava cambiato.Ma la sindrome junk foodimpone,nel vituperatodecreto,una formapiùduradella sostanza. Sempre con l’intento di quietare imalumori dei propri elettori,molti esponenti del centrodestra prospettano unamossa che potrebbe rivelarsi un junk food assai più preoccupante di quello migratorio: tagli fiscali non bilanciati da altre entrate e da consistenti riduzioni di spesa.L’effetto di provvedimenti del genere potrebbe essere devastante. Il presidente dell’eurogruppo Jean- Claude Juncker ha appena ricordato che siamo tra i Paesi a rischio di contagio per l’eventuale crac greco. IlFondo monetario internazionale ci ha appena fatto osservare che il nostro debito pubblico è troppo alto e nonaccenna a diminuire.Moody, pur mantenendo un giudizio relativamente ottimista sulla tenuta dei conti, minaccia di abbassarci il voto se non prendiamo provvedimenti; Standard & Poor’s lo ha già abbassato. Qualunque persona responsabile sa che non si possono tagliare le imposte se questo implica l’incremento del deficit, e quindi del debito. D’altraparte, èurgente curare la debolezzadellanostra crescita economica con consistenti apporti proteici. L’Italia ogginon puòpermettersi junk food,manonpuò neppure aspettare. Ha bisogno di fast food di qualità che combinino con equilibrio tagli di spesa, nuove entrate e incentivi alla ripresa.Dovrebbe evitare di spendere soldi in provvedimenti costosi e di dubbia utilità come l’apertura di sedi di rappresentanza ministeriali al Nord. Le misure serie che si potrebbero adottare sono state suggerite da più fonti, anche in questo giornale, in particolare da Mario Deaglio, che ha proposto tra l’altro di vendere parte della nostra riserva di oro.Un’ottima proposta che andrebbe seguita anche dalla Bce per liberare risorse da investire in infrastrutture che darebbero lavoro ai cittadini dei Paesi membri. Restando al nostro Paese, si tratta non solo di colpire ulteriormente l’evasione, ma di eliminare privilegi ed esenzioni. Bisognerebbe snellire le istituzioni riducendo drasticamente il numero dei comuni e delle province, se proprio non si riesce a eliminarle. Si dovrebbero ridurre costi e numeri del ceto politico, se non altro per dare il buon esempio. L’Italia ha un disperato bisogno dimisure urgenti che incidano sul precariato e la disoccupazione giovanile, il costo del lavoro va alleggerito per favorire investimenti e consumi.Quindi certo le imposte devono essere sforbiciate,ma è questione di sequenze e selezione: lo si può fare solo quando si siano acquisite entrate e tagliate spese.Per continuare con l’allegoria della ristorazione, l’economia italiana non può neanche permettersi di ignorare lo slow food, in particolare le lunghe cotture: gli investimenti sui nodi strutturali del Paese, che sono essenzialmente l’istruzione, la ricerca, l’energia, la lotta al crimine organizzato, la radicale revisione delle procedure burocratiche, perché da questi interventi dipende il nostro futuro. Quella che dovremmo praticare è una dieta fatta sia di tagli sia di investimenti mirati, una dieta per l’oggi e per il domani.Credo sia sana, manon particolarmente gradita al palato diuna parte cospicua della classe politica e probabilmente dei cittadini. Non è facile quindi individuare unamaggioranza sociale e politica capace di assumersi lo sgradito compito di imporla. Certo non può essere una minoranza di governo risicata o ostaggio di populismi di qualunque colore. In fondo a suo tempo gli italiani votarono a favore dell’abolizione della scalamobile, forse è possibile risvegliare quel senso di responsabilità collettiva. Ma le diete necessarie ce le facciamo prescrivere solo damedici competenti e fidati. COMPLETARLO PER FAVORE Il decreto ristabilisce sì la possibilità di espulsione immediata e coatta degli irregolari, ma la circoscrive a casi specifici.