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 2011  giugno 19 Domenica calendario

«Anticipare la manovra». Se mai ci fosse stato ancora un dubbio, sospeso tra i pronunciamenti demagogici del Grande Imbonitore di Arcore e i riposizionamenti strategici del Gran Cerimoniere di Pontida, la sortita di Moody´s l´ha spazzato via in un colpo

«Anticipare la manovra». Se mai ci fosse stato ancora un dubbio, sospeso tra i pronunciamenti demagogici del Grande Imbonitore di Arcore e i riposizionamenti strategici del Gran Cerimoniere di Pontida, la sortita di Moody´s l´ha spazzato via in un colpo. Giulio Tremonti, adesso, si sente più forte. E ha un´arma in più per difendersi dall´accerchiamento di Berlusconi e Bossi: rilanciare sulla linea del rigore. E varare subito, prima dell´estate, la maxi-manovra da 40 miliardi, che dovrà portare l´Italia al pareggio di bilancio entro il 2014. È l´unica risposta possibile, da offrire all´Europa e ai mercati, per tenere il Paese al riparo dalla "sindrome greca". Chiuso in casa a Pavia, il ministro del Tesoro si prepara a una domenica di passione. Questa mattina, sul pratone di Pontida, c´è il raduno della Lega, che dovrà decidere le sorti del governo. Maroni e Calderoli alzano i toni, e coprono le pretese di Cisl e Uil, palesemente velleitarie perché colpevolmente tardive. Dopo aver ingoiato senza fiatare ogni tipo di rospo, in tre anni in cui i salari reali del privato sono crollati e gli stipendi del pubblico impiego sono stati congelati, Bonanni e Angeletti si ricordano che famiglie e lavoratori, precari e disoccupati, meritano adesso una "ricompensa" fiscale. Minacciano addirittura uno sciopero, dopo aver boicottato ogni genere di protesta organizzata dalla Cgil. I due ministri leghisti si accodano. Bossi tace. Parlerà solo lui, oggi, al popolo padano. E tutti aspettano di capire se romperà con Berlusconi (evitando di seguirlo nella deriva sfascista) o se romperà con Tremonti (smettendo di seguirlo sulla linea rigorista). Il ministro è tranquillo: il suo "asse" con il Senatur oggi «verrà anzi rinsaldato». Perché un conto è dire «serve la riforma fiscale subito» (come gridano Maroni e Calderoli), un altro conto è dire «serve una riforma fiscale, ma non ci sono i soldi per farla» (come dirà Bossi). Questa sera, in Lussemburgo, c´è poi il vertice europeo che dovrà decidere le sorti di Atene. Nuovi aiuti, ristrutturazione del debito, né gli uni né l´altra. Tremonti non fa previsioni: «Tutto è possibile, nulla è scontato». La preoccupazione è altissima. L´effetto domino è dietro l´angolo. Per questo la riunione di stasera è fondamentale, in vista della riapertura dei mercati di domani, e più ancora del Consiglio Europeo di giovedì prossimo, quando la questione greca sarà all´ordine del giorno del vertice dei capi di Stato e di governo, e si tratterà di stringere ancora di più i cordoni della borsa, con buona pace del Cavaliere che si era illuso di convincere Sarkozy a chiedere un allentamento dei vincoli delle leggi di stabilità dei paesi membri nei prossimi due anni. Scorciatoie che solo la disperazione irresponsabile di Berlusconi può considerare ancora possibili, in un´Eurozona tormentata dal dissesto dei debiti sovrani e perciò tornata al centro degli attacchi della speculazione internazionale. Come uscire da questa congiuntura, che somma in un´algebra impossibile l´urgenza di un forte stimolo interno con la cogenza di un fortissimo vincolo esterno? Tremonti non ha dubbi. E tanto a Pontida, quanto a Lussemburgo, offre la stessa risposta, che rimanda alla Legge di Stabilità e al Piano Nazionale di Riforma: «La politica di rigore fiscale non è un´opzione, non è temporanea, non è conseguenza imposta da una congiuntura economica negativa, ma è invece "la" politica necessaria e senza alternative per gli anni a venire». La linea del governo non può cambiare: non c´è spazio per una riforma fiscale generale, né tanto meno per un calo immediato delle aliquote Irpef. L´Italia deve garantire in tutti i modi «il rispetto dei vincoli sull´indebitamento netto e sul rapporto debito/Pil». Dunque, ancora una volta, Tremonti non si sposta dalla sua linea del Piave: né manovre in deficit, né misure che ci allontanano dal pareggio di bilancio. L´altolà di Moody´s aiuta la resistenza del ministro dell´Economia. Tremonti si aspettava una mossa del genere. La considera «un riflesso generalizzato della crisi greca, più che una critica specifica alla tenuta dei conti italiani». E dunque «investe allo stesso modo tutti i paesi dell´Eurozona», sia pure con un´intensità diversa. «E´ una fase critica e delicatissima per tutti». Ma non c´è dubbio che per Paesi come la Spagna e l´Italia (dopo la diffusione della crisi tra Irlanda, Grecia e Portogallo) lo sia ancora di più. L´avvertimento dell´agenzia di rating, secondo la lettura che se ne da a Via XX Settembre, nasce da qui. «La tensione sugli spread di questi giorni riguarda tutta la struttura dei titoli di Eurolandia, non certo solo quelli italiani». L´Italia, da questo momento, torna ad essere un sorvegliato speciale. Ed è per questo che Tremonti, adesso, è più che mai irremovibile sulla disciplina di bilancio. E punta a lanciare un segnale ancora più netto di rigore. Il segnale è appunto «l´anticipo della manovra da 40 miliardi». Un altro schiaffo alla strategia berlusconiana, che voleva una "scossa" espansiva subito, fatta di sgravi fiscali massicci, e la "stangata" rinviata (semmai) all´autunno. Il ministro inverte l´ordine: prima dell´estate «l´impianto dell´intera manovra che dovrà portarci al pareggio di bilancio nel 2014 dovrà avere una struttura di legge». Dunque entro luglio conosceremo i contenuti della legge delega sulla riforma fiscale e i sacrifici necessari qui ed ora, e poi nell´arco dei prossimi due anni. Questione di giorni. Passata la verifica (sempre ammesso che passi) dalla settimana prossima Tremonti conta di portare i primi provvedimenti in Consiglio dei ministri, per arrivare alla discussione e al via libera del Parlamento prima della pausa di agosto. Il solco è già tracciato, secondo il ministro dell´Economia. «E´ il Piano Nazionale per la Riforma. Quello è il nostro "palinsesto". Nelle prime cinque pagine c´è scritto cosa dobbiamo fare per arrivare al pareggio di bilancio. E a pagina 6 c´è scritto cosa dobbiamo fare per portare a regime una seria riforma fiscale e assistenziale, basata sulla progressività, sulla solidarietà, sulla semplicità. Tarata sulla riduzione del numero sterminato di regimi fiscali di favore, almeno 400, e sul modello tedesco, che non è quello dello Stato costruttivista, che predetermina a tavolino le detrazioni e le deduzioni. Questo è il documento che abbiamo firmato in Europa. Questo è il patto che dobbiamo onorare. Non ci sono alternative». Il messaggio al Cavaliere, ancora una volta, è più chiaro che mai. Resta un´ultima questione, che tuttavia è cruciale sul piano del giudizio politico. Se adesso anche l´Italia rischia la tragedia greca, come dimostra l´allarme di Moody´s, allora è un´intera politica economica che in questi tre anni è clamorosamente fallita. E di questo tutti, nello sgangherato "dream team" berlusconiano, portano allo stesso modo la loro quota di responsabilità. Questo governo ha tamponato il deficit, ma ha fatto riesplodere il debito, e ha dilapidato il tesoretto dell´avanzo primario. Il Paese non ha conosciuto vero né rigore contabile, né meno che mai vera crescita economica. Accorgersene, oggi, è una colpa etica imperdonabile. E rimediare, ormai, è una scommessa politica non più credibile.