Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Se si deve dar retta fino in fondo a quello che s’è visto e sentito a Pontida, la Lega si prepara a uscire dal governo, ma non per andare alle elezioni anticipate, che «in questo momento farebbero vincere la sinistra» (Bossi). Sul prato campeggiava un enorme striscione «Maroni presidente del consiglio!», è quindi lecito supporre che, dopo aver fatto cadere Berlusconi, i leghisti chiederanno palazzo Chigi per l’attuale ministro degli Interni. Che farebbe l’ipotetico governo Maroni? Questo non è stato detto ieri a Pontida, ma parecchie volte nei giorni precedenti: farebbe – d’accordo con chi ci sta - una nuova legge elettorale per permettere alla Lega di presentarsi vantaggiosamente da sola al voto anticipato del 2012.
Da dove viene fuori questa
interpretazione?
Bossi ha pronunciato un discorso per battute. Ecco
le più importanti:
• «Caro Berlusconi, la tua premiership è in discussione alle
prossime elezioni, se non vengono approvate le nostre richieste, che vedrete
elencate nella lista che vi daremo»;
• «Berlusconi dice di alzare le tasse, Tremonti dice
che non si può perché i mercati ci farebbero fare la fine della Grecia. La
guerra in Libia ci è costata un miliardo di euro tra bombe e immigrati che sono
arrivati qui, tutti i clandestini arrivano dalla Libia. Per abbassare la
pressione fiscale i soldi si possono trovare diminuendo le missioni di guerra
che costano moltissimo»;
• «Giulio, lascia stare i Comuni, soprattutto quelli
virtuosi, che i soldi li hanno. Ci vuole un nuovo patto di stabilità. Caro
Giulio, se vuoi avere ancora i voti della Lega in Parlamento non toccare più
gli artigiani e le piccole imprese, altrimenti metti in ginocchio il Nord»;
• «Se staremo con Berlusconi? Dipenderà dalle scelte
che saranno fatte. Il sostegno della Lega a Berlusconi potrebbe finire con le
prossime elezioni politiche»;
• «Tremonti ha fatto delle cose vergognose che neanche
la sinistra aveva fatto. Già da martedì voteremo un decreto che mette i paletti
all’azione di Equitalia»;
• «Sui ministeri Berlusconi aveva già firmato il documento,
poi si è cagato sotto»;
• «Che senso ha avere un ministero dell’Industria a Roma? A
Roma c’è solo la cultura della burocrazia. Tutti i giorni saremo lì»;
• «Berlusconi non dia nulla per scontato. Può darsi che
la Lega dica stop».
• «Se adesso facciamo cadere Berlusconi favoriamo la
sinistra. Non ci prenderemo la responsabilità di far andare in malora il Paese.
Non possiamo andare da soli anche quando vogliamo. Non ci prenderemo la responsabilità
di mandare in malora il Paese, ma può darsi che la gente ci dica stop, basta
con Berlusconi, ed allora dovremo decidere tutti assieme».
Sembrerebbe
piuttosto che Bossi oscilli. Che voglia nello stesso tempo far cadere il
governo e non farlo cadere.
Beh, vediamo le richieste contenute nel volantino.
Sono 13, anche se il volantino dice che sono 12 (i discorsi di ieri erano pieni
di svarioni, il ministero dell’Industria non esiste più da un pezzo, la storia
della Villa Reale a Monza messa a disposizione dal sindaco è un falso perché la
Villa non appartiene al sindaco di Monza ma a un consorzio di cui fa parte
anche il comune di Milano; l’accenno alla Destra storica è da mani nei capelli,
di Rudinì – il presidente del Consiglio del 1898 – era oltre tutto un destro
che se la faceva con i radicali, e federalista a tutto tondo). Limitiamoci alle
richieste che dovrebbero essere approvate dal consiglio dei ministri entro due
settimane, cioè prima di domenica 3 luglio dimezzamento del numero dei parlamentari,
senato federale e, soprattutto, riduzione dei contingenti impegnati all’estero.
Riduzione? Quindi non «fine della
guerra in Libia»?
No, è una richiesta più moderata rispetto alle grida
degli ultimi giorni e anche rispetto al discorso pronunciato poi da Maroni. Ma
che possibilità ha di passare in consiglio dei ministri? È in gioco la
politica delle alleanze di un governo piuttosto debole nella considerazione
degli altri stati. E il dimezzamento dei parlamentari? Ma se non c’è mai
riuscito nessuno! I 13 punti sembrano fatti apposta per andare allo scontro.
La storia dei ministeri?
Appunto. A Roma Polverini e Alemanno stanno preparando le
barricate. Il presidente della Campania, Caldoro, annuncia una mozione
parlamentare per il Sud, in cui si sosterrà – invece – la necessità di un piano
per il Mezzogiorno. Parecchie altre richieste sono destinate ad accendere
scontri. Bossi vuole la difesa degli evasori, cioè tagliare le unghie a
Equitalia e difendere gli imbrogli degli allevatori che hanno fatto i furbi con
le quote latte. Piuttosto irricevibile.
I leghisti sul prato come hanno
reagito?
Erano stati scelti con cura, hanno avuto il permesso
di fischiare solo quando Bossi ha messo in dubbio l’opportunità di far cadere
Berlusconi. Per il resto esaltazione del Capo e fiducia cieca in Lui. Un tizio
che s’è presentato con uno striscione in cui si chiedeva l’abolizione delle
province è stato allontanato con decisione. Gli incazzati che telefonano a
Radio Padania sono stati tenuti a distanza. La cifra di 80 mila presenze,
fornita da Calderoli per superare i 50 mila del 2009, non sta né in cielo né in
terra
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 20 giugno 2011]
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